Toni Servillo in “Tre modi per non morire. Baudelaire, Dante, i Greci”

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Toni Servillo, con la sua vasta e sapiente gamma di espressioni e modi attoriali, ci conduce in un viaggio nel glorioso passato della poesia, Baudelaire, Dante, i lirici Greci.

Si comincia con “I Fiori del Male”, da quella

“sera, amabile sera, desiderata da colui

Le cui braccia, senza mentire, possono dire: Oggi

Abbiamo faticato! – È la sera che dà sollievo

Agli spiriti divorati da un dolore selvaggio…

 

Baudelaire, con le sue parole “maledette” e simboliche è così moderno, così silenziosamente rivoluzionario. E perciò più potente, più efficace.

Il suo “spleen”, quel malessere misto di malinconica, di stanchezza, di noia, di disperazione, è la condizione (essenziale?) dell’artista che sa vedere oltre, o almeno dovrebbe. È uno stato in cui si può creare e poi, anche morire, delle stesse creazioni.

Quando il cielo basso e oppressivo pesa come un coperchio
sull’anima che geme in preda a lunghi affanni,
e versa, abbracciando l’intero giro dell’orizzonte,
una luce nera più triste di quella delle notti;
quando la terra si è trasformata in un’umida prigione,
dove la Speranza, come un pipistrello,
va sbattendo contro i muri la sua ala timida…

Quando finirà la notte?

Poi è la volta di Dante, del suo Ulisse, e Beatrice, e gli Ignavi, a cui è negato il Paradiso come anche l’Inferno, perché in vita non hanno mai avuto una loro idea, non hanno mai preso una posizione, si sono debolmente limitati a seguire ciecamente la massa; privi di discernimento e di scelta, si sono lasciati trasportare da slogan confezionati e irragionevoli azioni. Non avendo mai vissuto, non possono neppure morire. Ma attendere…

E per finire, la Grecia classica, che tuttavia, è l’inizio di tutto, della nostra civiltà, del nostro pensiero filosofico, dell’Arte, del Teatro e di tutto quello che da sempre rappresenta: il bisogno dell’uomo di ascoltare storie, di vederle rappresentate, di sognare, di sperare, di vedere altre realtà, altri mondi. Di uscire dalla sala un po’ più ricchi, un po’ migliori.

La grandezza dei Greci che ancora oggi pervade tutto quello che tocchiamo, pensiamo, facciamo, coscientemente oppure no. Non c’è stato nulla di nuovo sotto al sole, è il caso di dire. O forse sì…un degrado, una povertà di idee, una mancanza di ideali etici, la bellezza è soffocata dalla volgarità, i sentimenti sono superficiali e volatili, siamo tornati schiavi, schiavi senza catene.

Lo spettacolo, tra letture e spiegazioni, è un veloce excursus sulla grandezza della Poesia e di quei Poeti immortali di cui abbiamo ascoltato le parole, un invito a rileggerli, a trovare un momento di quiete, di distacco dalla frenesia e dalla bagarre quotidiana.

E quando Servillo, alla fine di un lungo monologo, si sveste della maschera teatrale, a volte un po’ forzata, e si rivolge simpaticamente a noi spettatori con la sua cadenza napoletana, allora lo spettacolo si scioglie, si rilassa, e lo sentiamo più vicino. In quel momento realizziamo che il Teatro è una finzione. Una magnifica finzione cui non possiamo rinunciare.

E per non morire…aggrappiamoci a quest’ancora di salvezza:

“L’amor che move il sole e l’altre stelle” (canto XXXIII del Paradiso).

E non lasciamola andare.

Daria D. Morelli Calasso

 

Piccolo Teatro Strehler (largo Greppi – M2 Lanza), dall’1 al 5 ottobre 2025
Tre modi per non morire. Baudelaire, Dante, i Greci
di Giuseppe Montesano
con Toni Servillo
luci Claudio De Pace
foto di scena di Masiar Pasquali
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
si ringrazia Agenzia Teatri

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