Ci siamo quasi, Luigi Tabita a breve salirà sul palcoscenico per iniziare una nuova avventura, quello che lo vedrà vestire i panni di Algernon, personaggio centrale nella celebre pièce “L’importanza di chiamarsi Ernesto”.
Ciao Luigi, dal 16 ottobre al 21 dicembre sarai in tournée con la commedia irriverente “L’importanza di chiamarsi Ernesto”. Come è nato questo progetto?
Il progetto nasce dal desiderio del regista Gleijeses di riportare in scena un classico senza tempo con uno sguardo rinovato. “L’importanza di chiamarsi Ernesto” è un testo che, pur essendo stato scritto oltre un secolo fa, conserva una lucidità sorprendente nel raccontare i meccanismi dell’ipocrisia sociale, dell’identità e delle convenzioni. Quando mi ha chiamato per propormelo ho sentito subito che c’era spazio per dire qualcosa di attuale attraverso un grande classico.
Quali sono i temi principali che volete raccontare con questo spettacolo?
Il testo di Wilde è una satira elegante ma tagliente della società vittoriana, e allo stesso tempo un gioco raffinato sull’identità e sulla finzione. Ci interessa sottolineare quanto certi meccanismi siano ancora attuali: il bisogno di apparire in un certo modo, la costruzione di maschere sociali, il compromesso tra ciò che si è e ciò che si mostra. E tutto questo lo facciamo rispettando il tono brillante del testo, ma con una sensibilità che parla anche al pubblico di oggi.
Il tuo personaggio è Algernon. Di che tipo di figura si tratta e come la interpreterai?
Algernon è un personaggio ironico, intelligente, provocatorio. Si muove con disinvoltura tra le regole della società, giocando con esse, ribaltandole quando può. Il lavoro su di lui è stato interessante proprio per questa sua ambiguità: è un uomo che sembra non prendere nulla sul serio, eppure tra le righe rivela molto della fragilità e del disincanto che si nascondono dietro l’ironia. Sto cercando di dargli tridimensionalità, evitando la caricatura. In fondo lui è l’altergo di Oscar Wilde!
Reciti con attori che già conoscevi o ti sei ritrovato in un gruppo tutto nuovo?
Conoscevo già sia Maria Alberta Navello, raffinata interprete con cui ho condiviso diversi spettacoli di successo, sia Giorgio Lupano, con cui avevamo fatto un film girato in Africa — un’esperienza bellissima. Giorgio è straordinario, ha una recitazione quasi British e credo davvero che solo lui, in Italia, possa dare corpo a un personaggio come Ernest.
Poi ho l’onore di dividere la scena con Lucia Poli, “senatrice” del teatro italiano, che interpreta mia zia, la pungente Lady Bracknell, con raffinata ironia e una maestria che è una lezione continua.
La compagnia è numerosa, cosa rara di questi tempi in cui il teatro gira spesso intorno a monologhi o cast ridotti. Qui invece c’è un gruppo ampio, affiatato, generoso, con cui è un piacere lavorare ogni giorno.
In quante città sarete in tournée?
Saremo in tournée in diverse città italiane, con un calendario abbastanza fitto. Toccheremo grandi città come Roma, Milano, Bologna, ma anche centri più piccoli, e questo è sempre stimolante, perché ogni luogo ha il suo tipo di pubblico, e ogni sera lo spettacolo respira in modo diverso.
Dove sarà la prima?
La prima sarà proprio in provincia, a Casalpusterlengo vicino Lodi, per poi arrivare nella capitale. Ed è sempre un momento speciale. Dopo le prove, il debutto è il vero banco di prova: finalmente si ha il riscontro con il pubblico, e lo spettacolo comincia a vivere davvero.
Infine, cosa vuoi aggiungere che ancora non mi hai detto?
Solo che sono felice di poter portare in scena un testo così ricco, intelligente e ancora sorprendentemente attuale. E spero che il pubblico possa coglierne sia la leggerezza sia la profondità, e uscire dal teatro con qualche risata in più, ma anche con uno sguardo più attento su certe dinamiche che, a ben vedere, non sono poi così lontane da noi.
Stefano Duranti Poccetti

