Iris Babilonia: dai libri ai video giornali. Un successo fuori dagli schemi

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di Max Cavallo

 

Dietro il fenomeno digitale di Iris Babilonia c’è Irene Usbergo, palermitana classe 1994. Con una formazione in Lettere, Musica e Spettacolo, ha saputo trasformare il suo canale YouTube in un punto di riferimento per chi cerca un’analisi attenta e approfondita dei fenomeni contemporanei.

In un panorama comunicativo che privilegia la “rapidità”, Iris ha scelto consapevolmente di andare controcorrente. La sua proposta è unica: video lunghi, meticolosi e ricchi di dettagli, in cui l’analisi prende il posto della superficialità. Affronta tematiche che spaziano dall’ attualità a cronaca e politica, toccando anche cultura pop, libri, cinema e serie TV. Il risultato è una narrazione che non solo informa e intrattiene ma invita il pubblico alla riflessione.

Un approccio coraggioso che ha trasformato le sue ore di racconto in un appuntamento atteso da migliaia di spettatori. Lei stessa definisce questi lavori, che spesso superano abbondantemente le due ora di durata, veri e propri “video giornali”: una scelta che premia la profondità sull’immediatezza, dimostrando che esiste un pubblico affamato di chiarezza e contesto.

Ogni suo video è un concentrato di spunti e riflessioni: grazie alla vitalità e alla verve comunicativa, anche i temi più complessi diventano interessanti e coinvolgenti. Nonostante la durata, i suoi contenuti non restano affatto di nicchia. I “capitoli” dedicati ai casi più discussi del momento hanno raccolto più di 200.000 visualizzazioni.

La community di Iris non la segue solo per i fatti, ma per il modo in cui li racconta: una voce familiare ed empatica, lucida e mai banale. Il rapporto diretto con i fan, fatto di simpatia e interazione costante, ha creato una platea fedele e reattiva. I numeri parlano chiaro: oltre 124.000 iscritti su YouTube, più di 32.000 follower su TikTok e 26 milioni di visualizzazioni totali dei suoi contenuti.

Forte del successo e della profondità delle sue analisi, Iris Babilonia ha portato il suo sguardo critico anche nel mondo editoriale. Ha pubblicato il suo primo libro, “Infanzie rubate. Dalle baby star di Hollywood ai family channel: quando i genitori vendono i figli”, un saggio che affronta un tema delicatissimo: la celebrità infantile. Un’indagine sul lato oscuro dell’era digitale, dove la sete di fama dei genitori può ricadere drammaticamente sui figli. Con il suo stile schietto e personale, Irene Usbergo ha saputo creare uno spazio digitale autorevole e coinvolgente, conquistandosi un posto di rilievo tra i creator più originali e influenti del panorama mediatico italiano.

Intervista a Iris Babilonia: “Avevo bisogno di un canale cosi”.

Irene, come è nato il progetto “Iris Babilonia” e cosa ti ha spinto a trasformarlo in una vera e propria voce digitale?

“Il progetto è nato perché avevo bisogno di un canale così, ma non lo trovavo. Inizialmente facevo dei video senza un vero filo conduttore. Ogni tanto commentavo fatti di attualità, e presto mi sono resa conto che erano proprio quelli a coinvolgermi di più. Quando ho iniziato a concentrarmi su quel tipo di contenuti, mi serviva informarmi a fondo su ogni caso per poter formulare la mia opinione… ma ho scoperto che proprio “informarmi” era la parte più lunga e complicata di tutto il processo. Avrei voluto trovare una fonte unica che riassumesse tutto — dall’inizio alla fine — mettendo insieme le varie notizie in un’unica storia, senza escludere i dettagli. Ma non trovavo niente del genere. Così ho deciso di farlo io. Se non ricordo male, il primo “riassuntone” è stato quello di Carola Rackete e la Sea Watch. Da lì, ho imparato a fare ricerche sempre più approfondite, e così è nata Iris Babilonia”.

Quando hai iniziato a creare contenuti, immaginavi che un giorno saresti arrivata a un pubblico così ampio?

“Onestamente, no. Nei primi anni del canale ogni mio video lo vedevano circa cento persone, duecento quando andava bene. Ero costante, ma la crescita era lentissima. Quindi diciamo che le mie speranze di “sfondare” erano veramente poche”.

C’è stato un momento preciso in cui hai capito che il mondo dei social sarebbe diventato il tuo spazio creativo principale?

“Sì! Quando avevo credo circa 1000 iscritti, oltre all’università, cercavo una strada lavorativa più “concreta”, e a un certo punto mi sono iscritta a un corso per imparare a fare le unghie. Avevo iniziato a farle ad amici e parenti con risultati di cui mi vergogno. Intanto su YouTube guadagnavo poche decine di euro al mese, ma il canale cominciava a prendermi sempre più tempo. A un certo punto ho capito che non potevo fare tutto: l’università l’avrei portata avanti per forza, quindi dovevo scegliere tra continuare con le unghie o con il canale. Per fortuna ho scelto il canale, perché con quelle unghie non sarei andata lontano”.

Da dodici anni sei presente su YouTube: qual è stata la sfida più grande nel mantenere costanza e qualità?

“In realtà sono semplicemente iscritta a YouTube da dodici anni, ma ho caricato il primo video solo nel 2018. La sfida più grande, senza dubbio, è stata la maternità. Ero incinta quando il canale ha iniziato improvvisamente a crescere. Paradossalmente, prima, quando mi guardavano cento persone, riuscivo a essere costante e pubblicare ogni lunedì. Poi, quando molta gente ha iniziato ad aspettare i miei video, ho partorito e mi sono ritrovata schiacciata dal caos. Trovare un equilibrio tra lavoro e genitorialità è decisamente la sfida più grande (che continuo a perdere miseramente)”.

I tuoi video sono molto lunghi rispetto agli standard della piattaforma: perché hai scelto questa formula e cosa pensi attragga così tanto il pubblico?

“Semplicemente non sono capace di sintetizzare. Distinguere le cose importanti da quelle meno importanti è sempre stato un problema per me. Così, più prendevo confidenza con la videocamera, più i miei video diventavano lunghi: prima 15 minuti, poi 20, poi 25… fino a mezz’ora. Tutto questo mentre la media degli altri youtuber di successo era di 5 o 10 minuti. I miei amici e parenti mi dicevano tutti la stessa cosa: “Falli più brevi, è per questo che non ti guarda nessuno!”. Alcuni mi suggerivano pure strategie — tipo “fai un trailer di 5 minuti per attirare il pubblico” — ma non ci riuscivo. A un certo punto ho capito che era una causa persa e ho smesso di combatterla: se il mio difetto era la prolissità, tanto valeva sperare che diventasse il mio marchio di fabbrica”.

Come nasce solitamente un tuo video?

“Scelgo il tema di cui voglio parlare e poi assegno le ricerche a una delle mie “cercatrici”, che raccoglie le fonti e mette insieme i materiali principali mentre io di solito sto ancora lavorando al video precedente. Dopo di che inizio a scrivere lo script, continuando ad approfondire man mano — perché inevitabilmente finisco per scavare ancora di più. Poi registro, monto il video e lo pubblico”.

Qual è stato il contenuto più difficile che hai realizzato e perché?

Ogni contenuto è difficile a modo suo. Quelli che mi mettono più in crisi sono i casi con troppe informazioni e persone che si contraddicono tra loro: servono molto tempo e molta pazienza per riuscire a ricostruire tutto in modo coerente. Probabilmente il progetto più impegnativo in assoluto è stato la Mark Caltagirone Saga: tutte le versioni dei protagonisti si contraddicevano, gli articoli e le interviste erano lontani nel tempo e difficili da recuperare, e a un certo punto niente sembrava avere senso. Mi ha fatto impazzire”.

E qual è quello che, invece, ti ha regalato le maggiori soddisfazioni?

La Mark Caltagirone Saga!!!

Come decidi quali argomenti affrontare e quali, invece, lasciare da parte?

“Dipende da un insieme di fattori. In genere parto dagli argomenti che mi vengono richiesti di più per scegliere quello che, tra quelli, mi stimola. Se un tema non mi sembra offrire spunti di riflessione interessanti, preferisco lasciarlo da parte”.

Sei laureata in Lettere, Musica e Spettacolo: quanto ha influito la tua formazione sul tuo modo di creare contenuti?

Gli studi umanistici mi hanno insegnato a incrociare sempre i periodi storici con i fatti: la cultura in cui una vicenda avviene la influenza sempre, e soprattutto ne influenza la percezione. Ho anche migliorato la dialettica, che poi era il “superpotere” che volevo assolutamente sbloccare — e in effetti torna utile quando devi spiegare cose complicate senza addormentare nessuno. La cosa che però mi è servita di più, e che ha fatto la vera differenza sul canale, è stata la tesi: ho imparato come si fanno seriamente le ricerche, e soprattutto quali errori evitare. So che avrei ancora tanto da imparare. Uno dei miei desideri più grandi sarebbe riprendere a studiare un giorno — anche se non so se avrò mai il tempo. Per ora mi sento solo molto fortunata ad averlo potuto fare”.

Nei tuoi contenuti affronti temi complessi come ti prepari e come gestisci la ricerca delle fonti?

“Di solito si parte sempre dall’informazione più semplice: capire chi sono i personaggi e in che contesto ci troviamo. Da lì iniziamo a cercare tutti gli articoli usciti su di loro e sul caso, poi passiamo a setacciare i social. Quando abbiamo raccolto abbastanza materiale, procedo a mettere tutto in ordine cronologico”.

C’è stato un video che hai realizzato che ti ha colpita particolarmente dal punto di vista emotivo e personale?

“In realtà tutti. Penso che questi argomenti ci piacciano proprio perché, in un modo o nell’altro, ci troviamo sempre qualcosa di personale dentro”.

C’è un tema che, col senno di poi, avresti voluto raccontare in maniera diversa?

“Non mi ricordo tutti i video che ho fatto, ma è probabile che, su alcuni argomenti, oggi abbia opinioni anche solo leggermente diverse rispetto a qualche anno fa. Col tempo si cambia, si cresce, cambia la prospettiva con cui si giudicano i fatti, a volte si diventa più saggi, a volte si diventa più scemi. Però sul momento ho sempre fatto del mio meglio”.

Alcuni mesi fa hai annunciato una pausa dal canale perché stai lavorando a un progetto importante. Senza svelare troppo, puoi darci qualche anticipazione?

“Sì, mi riferivo al libro “Infanzie Rubate”, che è uscito il 26 settembre”.

È stupendo il rapporto che hai costruito con i tuoi fan: quanto conta per te la loro fiducia e il dialogo costante che mantieni con loro?

“Per me conta moltissimo il fatto che, chi mi segue, si senta libero di condividere la propria opinione, la propria esperienza personale e, a volte, di mettersi anche a dibattere con altri utenti. Anche se non rispondo sempre ai commenti — anche perché magari ho già parlato per tre ore e ho esaurito le cose utili da dire — leggo la maggior parte dei commenti e imparo tantissimo da essi. Mi reputo molto fortunata, perché si è formata una community davvero bella: educata, pulita e molto arguta. I commenti cattivi sono pochissimi, le critiche arrivano

quasi sempre in modo costruttivo. Spero che chi mi segue veda il canale come uno spazio di confronto, dove allenare il pensiero critico. Il tema della “fiducia” non so bene come interpretarlo: i follower non mi conoscono davvero, quindi spero che credano a ciò che racconto non perché lo dico io, ma perché è verificabile. Nonostante tutta la cura che ci mettiamo, può capitarmi di sbagliare, ma penso che la community sia abbastanza adulta da saperlo”.

Come hanno reagito la tua famiglia e i tuoi genitori di fronte alla tua scelta di intraprendere questo percorso? Ti hanno sempre sostenuta?

Ho una mamma e dei nonni che mi hanno sempre sostenuta in tutto quello che ho fatto, anche quando erano scettici sulla reale utilità di ciò che stavo facendo. Mio marito (che allora era il mio compagno) era gasatissimo: quando ho raccolto i primi cento iscritti, lui mi vedeva già in copertina su Forbes”.

Come ti poni rispetto all’etichetta di “creator logorroica” che tanti fan usano in senso affettuoso?

“Mi sembra una diagnosi accurata”.

Quali sono, secondo te, i pro e i contro del raccontare scandali e attualità sui social?

“Un pro è che raccontare scandali e attualità attira più visualizzazioni di default: sono temi che interessano, coinvolgono e generano dibattito.

Un contro è che il rischio di generare odio è altissimo. Bisogna stare sempre attenti alle parole, mettere avvisi, spiegare il contesto e aggiungere complessità, perché basta una frase

semplificata male per creare un incendio”.

In un panorama in cui molti puntano alla brevità e alla viralità, tu scegli la profondità: pensi che il tuo successo dimostri un bisogno diverso da parte del pubblico?

“Ogni creator attira un tipo di pubblico diverso, perché risponde a un bisogno specifico delle persone che lo seguono. Chi mi segue, tra le altre cose, ha bisogno di contenuti lunghi: qualcosa da ascoltare mentre lavora, fa le faccende o semplicemente per passare la serata. Il bisogno di contenuti lunghi è sempre esistito — basti pensare a documentari, film o programmi televisivi — solo che sui social non era facile trovarli. Questo perché sui social si cercava un tipo di intrattenimento diverso rispetto alla televisione: quello breve. Ma da quando è nato TikTok, gli Youtuber stanno puntando su contenuti più lunghi e approfonditi, perché ormai chi cerca qualcosa di veloce apre, appunto, TikTok”.

Nel tuo libro, Infanzie rubate, qual è la cosa peggiore che accomuna le baby star di ieri con i bambini dei family channel di oggi?

“Considerare i bambini non come individui, con desideri, limiti e una personalità che si sta formando, ma come strumenti. Un mezzo per ottenere qualcosa”.

Qual è stata, finora, la tua gioia più grande?

“Svegliarmi, stamattina. E scoprire che anche le persone a cui voglio bene si sono svegliate. I traguardi sul lavoro, invece, li vivo più come risultati che come gioie”.

Anche se sei molto giovane, ti faccio una domanda che propongo a tutti: se potessi incontrare Irene bambina, quella che sognava in silenzio nella sua stanza, cosa le diresti oggi?

“Le direi che crescendo starà meglio, ma eviterei comunque di farle spoiler”.

Grazie Irene per la bella chiacchierata, è stato un grande piacere!!

“Grazie a te Max mi ha fatto tanto piacere rispondere alle tue domande, un saluto a te e ai lettori del Corriere Dello Spettacolo.

“La famiglia non è una cosa importante. È tutto.”

Riascoltando le parole di Irene al termine della nostra chiacchierata, diventa subito chiaro da dove scaturiscano la passione e la determinazione che la definiscono. Quella che lei stessa chiama “prolissità” è diventata la sua firma, un modo personale di dare voce alla complessità, di raccontare senza paura la profondità delle cose. Questa scelta, che richiede coraggio, pazienza e un impegno costante, Irene l’ha saputa trasformare in successo.

Come moglie, madre e creatrice di contenuti, Irene affronta le giornate con grande determinazione che si percepisce oltre lo schermo. Nonostante i numerosi impegni e le tante responsabilità, la sua unica vera bussola è la famiglia. È questo legame indissolubile a fornirle radici, un senso chiaro e quella riserva di energia autentica per non fermarsi mai.

E mentre salgo in macchina capisco chiaramente che quello che conta è la presenza reale di chi ti sta accanto. Sono loro che dobbiamo tenerci stretti, perché in questo “affetto” risiede la vera fonte della nostra motivazione e della nostra forza. La storia di Irene, oltre a essere un racconto di successo professionale, è la dimostrazione tangibile di cosa significhi credere nei veri valori e avere l’autentico coraggio di metterli al centro di tutto.

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