A tu per tu col coreografo Antonio Colandrea

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“DONNE DI FORZA E RESILIENZA – Omaggio a Eleonora Duse” è il titolo del progetto teatrale realizzato presso il Museo Archeologico Nazionale della Basilicata di Potenza. Le ideatrici Monica Ratti e Angela Testa, per conto dell’Associazione Avvertenze Generali, hanno deciso di omaggiare le donne scegliendone una per tutte, Eleonora Duse, diva per antonomasia ma soprattutto simbolo di emancipazione femminile, in modo originale: ricordandola non nella consueta veste di icona del teatro, ma attraverso la danza. Per raccontare la “divina” attraverso questo linguaggio universale e trasversale sono stati scelti 4 illustri coreografi: Francesco Annarumma, Antonio Colandrea, Alex Atzewi e Mvula Sungani, e 6 eccellenti danzatori: Emanuela Bianchini (étoile internazionale); Damiano Grifoni (Primo ballerino degli MSPD); Claudia D’Antonio (étoile Teatro San Carlo di Napoli); Antonella Albano (prima ballerina Teatro alla Scala); Michele Satriano (Primo ballerino Teatro dell’Opera di Roma); Giorgia Calenda (solista Teatro dell’Opera di Roma).

Per l’occasione intervistiamo uno dei coreografi, il Maestro Antonio Colandrea, che ha diretto l’unica napoletana in scena: la splendida étoile Claudia D’Antonio.

D: Maestro, come nasce la sua collaborazione al progetto Donne di forza e resilienza?

R: Le ideatrici del progetto lo hanno concepito rappresentativo della grande danza italiana, per cui hanno voluto ballerini dei più importanti enti lirici: Scala di Milano, Opera di Roma e San Carlo di Napoli. Avendo lavorato in altre occasioni con la curatrice Monica Ratti, che era a conoscenza del mio sodalizio artistico con l’étoile del San Carlo Claudia D’Antonio, sono stato scelto in rappresentanza del massimo partenopeo.

D: Perché Claudia D’Antonio?

R: Lavoriamo insieme da tanti anni, da molto prima che diventasse étoile, tra noi c’è un rapporto speciale umano oltre che professionale, si è creata una tale intesa da capirci al volo anche senza parlare e questa è la cosa più bella tra un coreografo e una ballerina; è la danzatrice che più rientra nelle mie corde e interpreta a perfezione la mia cifra coreografica.

D: Come ha ideato questa coreografia?

Come ogni volta che creo un pezzo nuovo, studio e mi documento il più possibile sul tema che dovrò realizzare. Ho letto molto sulla vita e la carriera della Duse, cercando di tracciare un quadro completo sia del personaggio pubblico che privato.

D: la “divina” è sicuramente un personaggio complesso; donna trasgressiva, femminista ante-litteram, attrice che ha rivoluzionato il modo di recitare dell’epoca, regista già a 20 anni, sceneggiatrice impegnata, ma anche innamorata dedita e appassionata, a volte quasi succube del suo uomo. Quale dei tanti aspetti ha voluto metterne in risalto?

R: Nel mio lavoro preferisco cimentarmi sugli aspetti inediti di una storia o un personaggio, piuttosto che su quelli già conosciuti; pertanto, ho deciso di esplorare la parte più intima della grande attrice, raccontare la donna, anziché la diva, con le sue debolezze, fragilità, emozioni. Mi è stata di grande ispirazione la poesia dedicatale da D’Annunzio, il suo più grande amore, e il loro carteggio, da cui prende il titolo la mia coreografia “Ghisola”, nomignolo con cui il poeta chiamava la Duse nell’intimità. Ho posto attenzione all’aspetto intimo anche nella scelta della musica, un estratto dall’opera 62 di Mendelssohn, e nel costume, realizzato per l’occasione dall’alta sartoria Bencivenga. Il costume, ad esempio, sebbene di eleganza indiscussa data la preziosità dei tessuti, ha una linea morbida e semplice, niente a che vedere coi sontuosi costumi di scena o gli abiti importanti delle occasioni mondane della diva.

D: Quale parte di questa coreografia ritiene più simbolica?

R: Il movimento delle braccia. Diversamente da quanto i luoghi comuni possano far pensare, le braccia sono importanti quanto le gambe per un danzatore, sia dal punto di vista tecnico che interpretativo. La maggior parte della pantomima è affidata alle braccia, quindi, essendo un’interpretazione di grande intensità drammatica, le braccia sono fondamentali.

D: Quale genere di danza ha scelto per Ghisola?

R: Da ex ballerino di un ente lirico e avendo l’opportunità di lavorare con una magnifica étoile, non potevo che prediligere la danza classica. Modernizzata, resa più snella e veloce per una fruizione immediata anche da parte di neofiti, ma sempre di matrice classica, anche perché ritengo che la danza classica debba essere valorizzata affinchè non perda terreno rispetto ai tanti generi diversi che si vanno affermando negli ultimi tempi.

Serena Cirillo

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