Underground

Data:

COMUNITA’ EUROPEA  1995  163′  COLORE
REGIA: EMIR KUSTURICA
INTERPRETI: MIKI MANOJLOVIC, LAZAR RISTOVSKI, MIRJANA JOKOVIC, SLAVKO STIMAC
VERSIONE DVD: SI’, edizione CECCHI GORI HOME VIDEO

“C’ERA UNA VOLTA UN PAESE…” (dal film)

Prima parte: 1941-1944. In seguito al bombardamento di Belgrado durante la seconda guerra mondiale, Marko e Petar detto “il Nero”, amici per la pelle e compagni di lotta nel Partito Comunista, oltre che “soci in affari” con la borsa nera, portano in salvo parenti e amici (tra cui Ivan, il fratello un po’ tardo di Marko, e Vera, moglie del Nero, che muore dopo aver partorito il figlio Jovan) in un rifugio sotterraneo, che diventerà una fabbrica d’armi clandestina al servizio dell’esercito jugoslavo. Catturato durante il matrimonio con l’attrice Natalija (amata anche da Marko) e torturato dai tedeschi, Nero viene salvato dall’amico e condotto al rifugio insieme agli altri, dove coordinerà l’attività di produzione delle armi, mentre Marko continuerà la lotta partigiana (e le attività losche) in superficie.

Seconda parte: 1961. Marko, considerato un patriota e un eroe di guerra (insieme a Nero, dato per scomparso), è ormai diventato il braccio destro del maresciallo Tito, nonché il poeta ufficiale del regime. Oltre a questo, però, è anche un ricco trafficante d’armi: a garantirgli una produzione costante sono proprio Nero e gli altri “abitanti del sottosuolo”, cui Marko ha nascosto la verità sulla fine della guerra, continuando a tenerli chiusi nello scantinato a fabbricare armi in nome della Patria per vent’anni (!); complice di questo atroce inganno è Natalija, ora moglie di Marko. Durante il matrimonio del figlio Jovan però, approfittando della confusione generale, Nero decide di uscire dal bunker per andare finalmente a combattere gli invasori tedeschi sul campo di battaglia; una volta fuori, si imbatte (senza rendersene conto) nel set cinematografico di un film che celebra proprio le sue imprese durante la guerra…

Terza parte: 1992. In seguito alla morte di Tito (1892-1980) la Jugoslavia è precipitata in una sanguinosa guerra civile che l’ha portata al dissolvimento. Ivan, internato in un ospedale psichiatrico in Germania, riesce a tornare in Jugoslavia, scoprendo sia la verità su Marko che sul proprio Paese; Marko, ormai vecchio e ridotto in sedia a rotelle, ha ancora al suo fianco Natalija e, da irriducibile borsanerista, continua a trafficare armi; Nero è sempre in prima linea, impegnato in una nuova guerra di cui forse non è ben consapevole, ancora prigioniero di un passato difficile da superare…

IL capolavoro di Emir Kusturica, meritatissima Palma d’Oro (la seconda, dopo quella del 1985 per Papà… è in viaggio d’affari) al Festival di Cannes 1995, è un allucinato e fluviale sogno che si trasforma in incubo attraverso cui il regista ripercorre cinquant’anni di storia di un Paese – il suo – che “C’ERA UNA VOLTA”, ma ora non c’è più. In Underground Kusturica raggiunge l’apice,  tuttora ineguagliato, della sua prestigiosa carriera cinematografica, portando a compimento il suo particolarissimo stile grottesco, ironico, onirico e visionario (che gli è valso paragoni, tutt’altro che campati in aria, con Fellini), ma unito a una notevole capacità drammatica, di cui aveva già dato prova nelle sue opere precedenti. Se nelle prime due parti del film – ma in particolare nella prima – a prevalere nettamente è il Kusturica “dionisiaco” e ridanciano, con le sue caratteristiche feste rumorose e caotiche (che ritroveremo poi nel successivo Gatto nero, gatto bianco, 1998), qui perfettamente assecondate e, anzi, quasi “fomentate” dalle trascinanti musiche di Goran Bregovic (che, oltre a comporre, ha rielaborato temi popolari dell’Europa orientale), nella terza e ultima parte, dopo aver già assistito a un calo di ritmo e ad alcuni momenti più cupi nella parte centrale, la storia compie una brusca virata verso il dramma, con una rappresentazione apocalittica e disperata della Jugoslavia dilaniata dalla guerra civile che costituisce una delle più riuscite raffigurazioni cinematografiche dell’inferno sulla terra (spari, esplosioni, fiamme dappertutto, maiali che frugano fra i cadaveri, le campane di una chiesa che “annunciano” un suicidio…). Del resto, come altrimenti esprimere lo strazio nel vedere il proprio Paese autodistruggersi, proprio come un essere vivente che comincia a divorarsi gli organi interni da solo?

Quello di Underground è anche un Kusturica che, più esplicitamente che altrove, lascia filtrare la Storia, e cioè la realtà, nella finzione scenica del suo racconto, inserendo frammenti di filmati di repertorio (i bombardamenti a Belgrado, l’arrivo dei tedeschi in Jugoslavia, i funerali di Tito…) che fanno da contraltare alle sue visioni più sfrenate (come la fuga iniziale degli animali dallo zoo bombardato, con l’elefante che, a zonzo per Belgrado, arriva fino a casa di Nero) e alle sue burle (cito almeno la scena in cui la scimmia di Ivan si impadronisce del carro armato, seminando il panico nel rifugio). La Storia, dunque, nel cinema di Kusturica ha un peso rilevante, e irrompe inesorabile nelle storie dei suoi personaggi condizionandone il corso e aprendo squarci di realtà in un mondo immaginario che appare – ma non lo è! – spensierato e, a suo modo, innocente.

Ma l’ultima parola, in Underground, spetta tuttavia alla fantasia: l’invenzione più ardita, lo scatto surreale più audace, la quintessenza della visionarietà kusturicana arriva infatti nel finale, che ha diviso e divide tuttora sia il pubblico che la critica. Personalmente, trovo che una tale fuga nell’irrazionale fosse probabilmente l’unica risposta, l’unica reazione possibile di fronte a un evento – quello della guerra civile jugoslava – impossibile da comprendere e accettare facendo appello alla ragione. E’ l’ultimo sogno, l’ultima “festa” prima della fine, in attesa di un nuovo inizio, di un ricominciare da zero senza più alcun punto di riferimento: dove approderà l’isolotto/Jugoslavia alla deriva sul Danubio? Le risposte, come al solito, le ha date la Storia, ma in quel 1995 la ferita era ancora troppo recente per far sì che ci si potesse riflettere sopra con la dovuta lucidità.

Già detto del fondamentale apporto della colonna sonora firmata da Goran Bregovic, è giusto sottolineare anche la grande prova degli attori, in particolare dei due protagonisti Miki Manojlovic (già in Papà… è in viaggio d’affari e poi anche in Gatto nero, gatto bianco) e Lazar Ristovski,   entrambi in totale simbiosi con lo spirito tragicomico del regista. Slavko Stimac, che qui interpreta Ivan, tornerà a recitare per Kusturica nell’ambizioso ma non del tutto riuscito La vita è un miracolo (2004).

Per chiudere, tre curiosità sul film: di Underground esiste una versione televisiva più estesa (una miniserie di cinque ore) intitolata C’era una volta un paese; il regista si concede un inatteso cameo verso la fine: è il militare che contratta il prezzo delle armi con Marko; il film è stato presentato al Festival di Cannes sotto la bandiera della Comunità Europea, indicata come “paese di produzione” per volere dello stesso Kusturica.

Francesco Vignaroli

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