Ad agosto, al 53° Festival di Borgio Verezzi una prima nazionale sarà: “I due gemelli… veneziani”, libero adattamento del testo goldoniano di Natalino Balasso,  con Jurij Ferrini

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Il cartellone del mese di agosto del 53° Festival teatrale di Verezzi si apre con la prima nazionale “I due gemelli… veneziani”, libero adattamento di Natalino Balasso (nella foto di Anna Cerrato) dal celebre testo di Carlo Goldoni. Da sabato 3 a lunedì 5 agosto, il protagonista sarà Jurij Ferrini che firmerà anche la regia. Al suo fianco: Francesco Gargiulo, Maria Rita Lo Destro, Federico Palumeri, Stefano Paradisi, Andrea Peron e Marta Zito.

Balasso, attore, comico e autore che si caratterizza per stile pungente e sarcastico, non è nuovo a queste esperienze, già reduce dalle “Baruffe chiozzotte”, sempre un testo goldoniano e sempre con Ferrini. La trama è nota e molto rappresentata in teatro: due fratelli identici che non si vedono da tanto tempo e per caso si ritrovano a Verona prima del matrimonio.

 Signor Balasso, il suo libero adattamento da ‘I due gemelli veneziani’ di Goldoni è un testo che le è stato commissionato appositamente dal regista Ferrini, con un’ambientazione che farà scalpore. Come mai ha scelto gli anni ’70?

“Mi sembra uno spunto in grado di superare l’impasse di rendere nell’attualità quelli che, nel testo di Goldoni, sono duelli più o meno “ufficiali”. Un ambiente rissoso, come quello politico dei ’70, coi rossi e i neri che giravano per le strade cercando la rissa, è adiacente alla rissosità dei personaggi goldoniani. Anche lo sconfinamento nella tragedia si può ritrovare negli anni delle appartenenze nette”.

Sarà uno spunto per riflettere sui temi dell’apparenza, della menzogna, del virtuale…

“L’apparenza e la menzogna, certo, ma nel ’70 il virtuale è in nuce; il personaggio di Zanetto, ad esempio, ha partecipato a un concorso canoro per l’estate, ha fatto un 45 giri che ha vendicchiato un po’ di copie e si appresta a varcare la soglia della notorietà. Parliamo di serate dal vivo, non di contest televisivi, parliamo di concerti e non di social. Anche se Zanetto di concerti, al momento, ne ha fatti pochi, una semplice apparizione in tv gli ha fatto già trovare dei fan”.

Lei ci sarà a Verezzi?

“Farò di tutto per esserci, anche se non ne sono certo. Non sono mai stato a questo festival, ma lo conosco perché se ne parla molto in giro”.

Lei ha dichiarato di non aver avuto maestri, ma di aver sempre cercato la sua strada: a che anni e in che modo è iniziata la sua avventura?

“Negli anni ’80, senza nemmeno sapere come si sale su un palco, giravo con un amico per le osterie bolognesi e in cambio di un piatto di pasta imitavo Lucio Dalla. Non avevo idea di cosa significasse recitare. L’ho imparato piano piano e, a 40 anni, già nel 2000 ho voluto impararlo seriamente, ero già in tv, ma quell’ambiente mi stava stretto. E’ stato ai primi del 2000 che mi sono avvicinato al teatro, grazie a Marco Paolini, a Gabriele Vacis. Ora, dopo 40 anni che frequento palcoscenici di ogni genere e taglia, devo dire che sto cominciando a diventar bravino”.

Domanda provocatoria: ma a che serve il teatro? Quali i compiti di un artista sulla scena?

“Il teatro è una necessità del pubblico, probabilmente serve a sentirsi vivi, è l’unica forma d’arte che prevede contemporaneità di viventi e, anche quando racconta del passato, è al presente che si rivolge. Un artista sulla scena s’impone compiti diversi a seconda della propria sensibilità, io credo che la cosa a cui deve mirare un attore sia che il pubblico deve crederci, deve vedere la storia che si sta raccontando e non un attore che recita sul palco. Quando mi soffermo sulla bravura degli attori, probabilmente la storia non è raccontata bene. L’attore più bravo, a mio avviso, è quello che non ti fa vedere il suo mestiere, ma rende vivo il racconto e in questo Jurij Ferrini è un maestro”.

Uno sguardo al nostro Paese: il suo leitmotiv è sempre stato che occorra investire di più sull’istruzione!

“Sì, ma bisogna vedere come investiamo! Sono d’accordo sul fatto che ci vogliano più insegnanti e che la scuola non debba diventare una routine, ma debba interessare, incuriosire, attrarre. Ma ci sono altre questioni. La qualità degli insegnanti ad esempio, come la valutiamo oggi? Facendo darei i voti agli insegnanti, facendo giudicare il loro lavoro dagli studenti stessi, perdonatemi ma è una gran cazzata: io come studente, tenderò a valutare meglio un professore che mi sta più simpatico e che magari mi dà buoni voti. E poi, come studente, quali strumenti ho per valutare il potenziale di un insegnante? Questa non è scuola, è trip advisor, come si sente dire nell’ultimo video che ho fatto su Telebalasso, che parla proprio di questo e che è intitolato ‘Il ragazzo non si app’”.

Il suo “Discorso di Capodanno 2019” apre con uno sketch che spiega perché la tv non trasmetterà mai uno spot che inviti a pensare… Qual è la prima cosa che farebbe lei, se fosse nominato, per un giorno, direttore di una rete?

“Per essere direttori di rete non è necessario essere stupidi, però aiuta. Il direttore di una rete televisiva risponde a un editore, nel caso della rai l’editore è politico (anche nel caso di Mediaset, ma questo fa parte dell’aberrazione italiana) e quindi chiede che sia rispettata una linea. La linea è: “Lo spettatore non deve pensare, non deve disturbare il manovratore ma essere portato a consumare merci”. Questo è il compito della tv, che è un box per visionare cataloghi di merci. Quindi il luccichìo e la futilità sono il pane quotidiano della tv. Lo sapete benissimo anche voi dei giornali, che parlate per almeno un mese delle vallette di San Remo. Ma vi rendete conto? Le vallette di San Remo: esiste un argomento più stupido col quale distrarre gli spettatori? E’ per questo che ormai, come sappiamo, la tv la guardano solo gli anziani”.

Laura Sergi

Info: www.festivalverezzi.it, 019.610167, biglietteria@comuneborgioverezzi.it

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