Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sala Assicurazioni Generali, dal 9 al 12 dicembre 2021
“Peachum”, l’attesa produzione del Teatro Stabile di Bolzano e del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, magistralmente scritta, diretta e interpretata da Fausto Paravidino a partire da “L’opera da tre soldi” di Bertolt Brecht, è un dono prezioso per il pubblico, ammirevole esempio di quanto il teatro sia imprescindibile per l’essere umano.
Esplicito nel linguaggio senza essere mai volgare, pone al centro l’antagonismo tra due personaggi, Mickey (Fausto Paravidino), giovane neonazista, e il commerciante Jonathan Geremia Peachum (Rocco Papaleo nella grande interpretazione di un personaggio particolarmente sfaccettato), con Polly al centro dell’attenzione di entrambi (Romina Colbasso, perfetta nel ruolo), la lucida e candida figlia di Peachum, innamorata di Mickey e da lui ricambiata.
Ad arricchire il quadro già di per sé intenso ecco gli altri personaggi, basilari per dar senso al tutto: Costanza, la disincantata moglie di Peachum (Barbara Ronchi, anche Due, secondo neonazista della banda di Mickey), Rosalba, il sindaco (Iris Fusetti, anche Tre, terzo neonazista), esemplare per “pragmatismo” politico, cui si aggiungono Daniele Natali (che impersona Gennaio Godbless, forza lavoro del commerciante e Uno, primo neonazista) e Federico Brugnone (Filch, figlio di re e Marzio, un caro amico di Mickey).
La potente denuncia politica, presente nel testo originale, si mantiene qui sullo sfondo assieme alla musica di Enrico Melozzi e ampio spazio è dato alla complessità interiore dei personaggi e dei loro comportamenti. Lo spettatore si ritrova a immedesimarsi e a osservare prima di tutto sé stesso, la propria reazione agli stereotipi e ai pregiudizi di cui la nostra cultura è portatrice.
La scenografia (di Laura Benzi) è efficace, essenziale e dai colori forti, eco della realtà senza nascondere l’artificio. In tale ambiente, per contrasto, è l’ambiguità insita nelle nostre vite a dominare su tutto: bianco e nero non possono essere più usati come espressione simbolica di posizioni opposte.
Ecco che l’amore è definito in modi diversi, nel potente tentativo di sostituire il suo valore assoluto con una miserevole mercificazione dei sentimenti. Peachum cerca in questo modo di nobilitare maldestramente l’impossibile possesso dei nostri simili, agito anche nei confronti delle persone che si vogliono considerare le più care, le più vicine.
Lo stesso vale per l’amicizia che cede, seppur apparentemente con difficoltà, alla convenienza, tradendola nel profondo.
Con queste premesse la menzogna appare come una naturale pratica quotidiana, consolidata e condivisa, da elargire forse inconsapevolmente senza alcun pudore.
Ma su tutto questo sovrasta la magia del teatro, data da una costante convivenza degli opposti e ciò pervade la struttura più profonda di questa meraviglia straniante e catartica.
Acuta, cinica, intelligente e poetica.
Arguta e serissima.
Profonda e assolutamente leggera, grazie a tempi scenici eccezionali e a battute fulminanti e imprevedibili, capaci di alleggerire una realtà dura e fin troppo credibile.
L’esecuzione collettiva, naturale e fluida, scorre inchiodando lo spettatore alla poltrona in un silenzio attento, tanto che l’intera sala sembra trattenere il fiato all’unisono mentre sul palcoscenico, in un botta e risposta preciso e netto, si susseguono battute rapide dotate di una logica consequenziale stringente, arricchite da pause intense, puntuali e necessarie.
Lo spettacolo si svolge con tempi scenici precisissimi e l’amore, vero e salvifico, fra Polly e Mickey conquista e coinvolge.
Privo di sbavature per tutta la durata dello spettacolo, “Peachum” emoziona, induce alla riflessione e al confronto con la propria esistenza senza mai cadere nel didascalico.
Non ci si può rilassare e la noia è bandita: il pubblico, colpito con dolcezza ma senza sconti, si diverte e pensa.
Risulta così possibile immaginare la presenza a teatro, magari defilata in un palco laterale, della pièce originale personificata, seduta lì a seguire incuriosita quel che avviene in scena.
La si può scorgere, sorridente e compiaciuta, mentre accoglie con benevolenza l’omaggio splendido a lei offerto.
Sembra di sentirla dire, fra sé e sé, “Ecco, questo è grande Teatro”.
Paola Pini