“Circus Don Chisciotte”. Un capolavoro al CTF

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Come si fa a parlare di un capolavoro? naturalmente questa è una visione soggettiva ma attraverso l’osservazione di altre persone in sala e lo stupore si può garantire questa affermazione. partirei con una piccola premessa che mi duole inserire poiché dovrebbe essere buona norma e c’è quella di spegnere gli apparecchi come smartphone o tablet all’interno di un teatro, ho fatto questa premessa perché l’attore è riuscito ad improvvisare questa battuta a causa della scostumatezza di molte persone, ma tralasciando questo particolare io direi di parlare dello spettacolo. Iniziamo con il definire questo spettacolo uno spettacolo senza tempo definiamo questo Don Chisciotte un Don Chisciotte che affrontato l’epoca della belle epoque, improvvisamente si avvicina alla fine del XIX secolo con l’avvento dei fratelli Lumière, cavalca di puledri più audaci del far west diciamo che questo nuovo Don Chisciotte accompagnato dal suo sancho Panza attraversa il mito del tempo dell’oblio, perché proprio quest’ultimo il fulcro fondamentale dello spettacolo ma non solo attenzione poiché l’illuminotecnica riesce nel lavoro di illuminare perfettamente degli individui, ma quegli individui siamo noi gli individui senza tempo, individuo sempre attaccati ad uno schermo ad una televisione ed è per questo che spesso il tempo scorre, nello spettacolo si dimostra attraverso un pannello che cambia sempre, mentre questi individui osservano questi televisori televisori che rappresentano l’ audiovisivo, Non a caso ci sarà un effetto stroboscopico, un decrescente e un crescendo di RGB rosso giallo e blu, un’ansia totale uno sconforto ed un fumo che rappresenta l’essere inglobati nella società moderna, quella contemporanea una società che però in verità non esiste ma una società che ci creiamo noi la lingua non esiste il parlata e non esiste Ed è appunto per questo che c’è un discorso molto importante all’interno di questo spettacolo, la lingua. Don Chisciotte ad opera naturalmente un linguaggio molto più forbito ma che in verità serve solo a nascondere il suo essere folle ed il suo essere populano e popolare quasi quanto sancho Panza, sancho Panza naturalmente invece rappresenta un modo di parlare di dialogare atto di qualche paese di montagna o nel suo essere campestre nel suo essere un po’ pullano di non saper dialogare eppure in quel suo modo di parlare in quel suo essere illogico c’è molta più logica rispetto a Don Chisciotte. Riesci ad essere furbo e scaltro impersonare più personaggi a fargli comprendere che quel che sta facendo in realtà lo sta facendo grazie a lui o meglio perché sta facendo Don Chisciotte lo sta facendo bene grazie a lui sancho Panza ma sancho Panza allo stesso tempo sta facendo le cose perché sa fare le cose, lo so il tutto vi può sembrare strano ma naturalmente dobbiamo ricordarci che questa è una visione molto contemporanea dello spettacolo e non che riempita di riferimenti circense ed anche di un gioco allegorico all’interno si può ritrovare non solo il Don Chisciotte sancho Panza che rivediamo con una forma molto più razionale nostra italiana quindi rivediamo un sancho Panza che si può rappresentare come un abitante della Calabria ma che poi vuole andare tipo nella capitale che in questo caso potrebbe essere la Spagna, dico potrebbe perché non esiste un luogo abbiamo detto come non esiste un tempo, così come ad esempio il Don Chisciotte potrebbe essere semplicemente un nobile uomo che si è stanziato in Spagna e ci verrebbe da dire che vive ed ha vissuto per tanto tempo e magari è nato in Spagna ma non è così perché in verità le sue credenze hanno nonché di divertente del senso campestre pugliese. La cosa divertente è che queste armate immaginarie che possiedono così come anche gli indumenti immaginari che hanno così come il non aver nulla ma avere tutto, ti portano anche un po’ la mente l’armata Brancaleone ma in questo caso l’Armata è composta da due personaggi due che però possono valere per 20 possono interpretarne 20, ed alla fine infatti nella morte del Don Chisciotte che regala tutti i suoi averi al sancho Panza ma ripeto i suoi veri che in verità sono la povertà stessa e nonna l’isola che aveva promesso sin dall’inizio Al povero sancho Panza, fanno comprendere che forse tutto questo è solo un’illusione, anche perché il sancho Panza svanisce nel nulla come un’ombra assente, il Don Chisciotte invece sembra apparire ma in verità stramazza e si lamenta e nel frattempo in maniera molto stravagante si sente dalle casse del teatro la canzone bandiera bianca, che questa possa essere la resa del nostro sancho Panza e del nostro Don Chisciotte, o che possa essere la resa dei nostri attori o forse la resa del regista stesso o addirittura la resa nostra di noi pubblico chi lo sa, forse effettivamente tra fumi luci stroboscopiche giochi di ombre citazioni ad altri film come Ghostbusters o giochi giullareschi e divertenti, che ci fanno avanzare da uno Shakespeare un Eraclito al teatro greco al teatro post contemporaneo al senso onorevole del fascismo al valore incompreso del comunismo alla lotta di classe populista alla distruzione in sé………. Forse invece lo spettacolo ci ha fatto capire proprio questo, che forse tutte queste convenzioni sociali questi luoghi e questi tempi non hanno senso se non il senso stesso di esistere nel momento in cui noi vogliamo che questi ultimi esistono davvero.

Emmanuele Paudice

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