Il quinto concerto della Stagione Sinfonica al Teatro Verdi di Trieste si è distinto per l’ottimo equilibrio fra la scelta del programma e degli interpreti che lo hanno eseguito. Energia vitale e virtuosismo, necessari per rendere al meglio tutte le opere proposte, sono risultati ben presenti in Francesca Dego, la giovane violinista che ha dominato con la sua invidiabile sicurezza tutta la prima parte del concerto e in Christopher Franklin, che ha condotto con enfasi l’Orchestra della Fondazione Lirica, a sua volta ben capace di rispondere di conseguenza passando con elasticità dalle citazioni chiare, ma ancora un po’ sfumate, di melodie iberiche nella Symphonie Espagnole per violino e orchestra op.21 di Édouard Lalo, dedicata a Pablo de Sarasate ed eseguita per la prima volta poche settimane prima rispetto alla Carmen di Georges Bizet, alle acrobazie tipiche delle improvvisazioni magiare della Rapsodia da concerto per violino e orchestra “Tzigane” di Maurice Ravel, per arrivare alla totale mescolanza di generi nelle Danze sinfoniche da “West Side Story” e al brio leggero dell’Ouverture dal “Candide”, entrambe di Leonard Bernstein, opere da lui scritte quasi in contemporanea. Il senso della danza è presente ovunque, in modo esplicito, sotteso o solo impercettibilmente accennato.
Quel che domina sopra tutto è la contaminazione , proprio a partire dalla Sinfonia di Lalo, tra i primi esempi proposti da autori francesi, in cui la ricca orchestrazione sostiene con efficacia la parte del violino solista; il cardine di quest’opera sembra essere l’Intermezzo centrale, passaggio tra i vivaci Allegro non troppo e Scherzando da una parte e l’Andante dall’altra. È qui che il canto del violino si fa lirico ed il suo scambio con l’orchestra più esplicito, preparando a colori cupi e nostalgici, momento di riflessione sentito come necessario prima di irrompere nel finale Rondò, dai colori vividi e brillanti.
A partire dalla lunga parte solistica iniziale della Rapsodia, scritta originariamente da Ravel per violino e piano-luthéal e solo in seguito trascritta per violino ed orchestra, vengono esplorate le molteplici sonorità di questo strumento, quasi approfittando dell’occasione data dall’argomento suggerito dal titolo dell’opera ed imponendo così all’interprete che vi si cimenti notevoli doti per riuscire a trarre tutto quel che si possa immaginare ascoltando un’ipotetica cartolina sonora di musica tzigana. Francesca Dego ha raccolto con successo questa difficile sfida, riuscendovi con grande maestria.
Pur restando nello stesso filone, tutto cambia con le due opere di Bernstein, nelle quali Christopher Franklin ha condotto l’orchestra con forza e leggerezza assieme, assecondando con abilità la partitura. Nella prima composizione si respira un’aria in cui la materia ritmica dei balli latini, unita allo swing jazzistico, si unisce ad elementi operistici dando vita alla meravigliosa magia di West Side Story, un po’ lirica, un po’ musical, grazie anche all’importante presenza della danza. L’Ouverture da “Candide”, ricolma di vitalità ironica e giocosa, chiude in modo appropriato il concerto, salutato dal pubblico con lunghissimi applausi in entrambe le esecuzioni.
Paola Pini