“Churchill, il vizio della democrazia”. I due Churchill di Battiston

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Al Teatro Ambra Jovinelli di Roma, fino al 24 febbraio 2019

Fa sempre bene rivedere a mente fredda eventi e personaggi storici per darne un giudizio più oggettivo, freddo e sereno, come indica il sommo Alessandro Manzoni nell’ode il 5 maggio dedicata all’imperatore del Sacro Romano Impero Napoleone, morto a Sant’Elena nel 1821. Perciò Gabardini ha composto il misto monografico: “Churchill, il vizio della democrazia” in cui ripensa alle idee sociali e politiche del grande statista che ebbe la forza di guidare il popolo alla resistenza contro i nazisti con l’unico scopo di raggiungere la vittoria e mantenere libero il Paese grazie alla raf. Ormai il condottiero albionico, cui presta la sua prestanza e corpulenza fisica G. Battiston, è invecchiato ed ottantenne è seduto in poltrona, mentre la segretaria-cameriera, una diligente e fiera Maria Roveran, l’ascolta e gli serve fedelmente wisky e champagne che, insieme ai sigari, costituiscono le sue medicine per vincere la depressione dovuta alla precoce scomparsa della figlia ed al progressivo insorgere dell’alzheimer per la dimenticanza del nome dell’amata nipotina Nelly. la pièce si svolge su due piani: quello della rassegnata senilità, in cui riserva le parole conclusive al gatto Jock amaramente sparito dopo essere stato pure in parlamento; viene delineato il suo aspetto di leader, civile e spirituale in piedi sul proscenio mentre sarcasticamente s’esprime con salaci battute alla camera dei comuni, rivolgendo poi un caldo appello per la guerra difensiva delle proprie prerogative. Curiosa è la telefonata con Franklin (Roosewolt) e Stalin per rafforzare l’amicizia e stabilire una strategia alleata contro le mire egemoniche ed espansionistiche del fuhrer. Battiston con sagacia evidenzia la visione politica a largo raggio di Churchill, il suo animo ardente di libertà e la competenza culturale, logica nelle singole situazioni. Per rendere questi due Churchill, quello pubblico e quello segregato in casa, Battiston non si trasforma, mimetizza, ma trasmette il vigore del temperamento e la caparbietà vincente tipica dello schieramento alleato. Lo stesso contegno libertino da buon fumatore e decisionista che non cede mai il passo lo tiene con la cameriera a cui urla i suoi ordini – pur se le dà retta ed apprezza il suo essere risoluto ed in grado di decidere per il meglio senza sottomettersi alla volontà altrui. Alla fine deciderà di partire per Londra, dove ci sono molte opportunità di impiego meglio remunerato. Gentile, fedele e disciplinata, ricca di consigli ed osservazioni salutari è Maria Roversan, che fronteggia con fierezza “il cane nero” da cui è afflitto il suo padrone, che si regge sul bastone. W. Churchill è l’ennesima figura che Battiston sapientemente incarna dopo Falstaff, Danton e i borghesi contadini nella filmografia del vino e grappa della sua terra, con uno studio variegato e malizioso, ironico, condotto sulla natura umana. Si replica al teatro ambra

Susanna Donatelli e Giancarlo Lungarini

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