“A-LIVE”, INTERVISTA A THE POZZOLIS FAMILY

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Perché sopravvivere ai figli è una cosa da ridere! Così titolo e sottotitolo dello spettacolo teatrale che The Pozzolis Family sta portando in giro per l’Italia: solo a dicembre hanno calcato i palcoscenici di Firenze, Mestre, Genova, Bologna, Schio e Bergamo. La famiglia più seguita del web arriva in teatro con un dissacrante spettacolo sulla genitorialità e non solo: come sempre, raccontano la quotidianità con toni veritieri, ironici e divertenti. Abbiamo incontrato Gianmarco Pozzoli ed Alice Mangione, con i loro piccoli Giosuè ed Olivia, proprio a casa loro, a Milano, dove hanno girato gran parte dei video che li hanno resi la famiglia più social e simpatica della rete.

Raccontateci di questa esperienza teatrale, sicuramente deve essere molto diverso passare dallo sketch o dal video di pochi minuti al tenere uno spettacolo da soli per due ore.

GIANMARCO – Noi arriviamo comunque dal palco, il web è stato un bell’incidente di percorso, quindi la difficoltà di stare in scena due ore è che ne vorresti stare tre. L’unica difficoltà, se così si può chiamare, ma è più l’imbarazzo della scelta, è stata come scegliere di portare e se scegliere di fare il mondo che abbiamo fatto conoscere tramite il web o se proporre invece un prodotto completamente nuovo, e penso che abbiamo trovato la giusta via di mezzo tra i video che vengono visti online e degli sketch e monologhi completamente nuovi.

L’idea di chi è stata?

ALICE – Diciamo che non c’è stato un momento in cui c’è stata un’idea, abbiamo il desiderio di stare sul palco sempre, per noi è fondamentale. Quando i tempi sono stati maturi per poter proporre un prodotto così al grande pubblico abbiamo fatto un esperimento per capire, perché avremmo portato a teatro un pubblico che a teatro non ci va: tutti i teatri che stiamo facendo stiamo portando diecimila persone a teatro ma sono diecimila persone che non sono abituate a stare sedute due ore in poltrona a guardare uno spettacolo live. Convertire un pubblico che sta generalmente su Internet in pubblico pagante era una grande scommessa, al di là della nostra performance artistica…
GIANMARCO – Anche se a noi piace pensare per il bene dell’Italia che non fosse un popolo di diecimila completamente vergini del teatro, perché se no siamo messi male! Più che altro mi piace più pensare che mille di loro fossero abituati ad un altro tipo di teatro e ne sono andati via molto, molto soddisfatti.

Cosa vedremo di quello che siamo abituati a vedere di voi?

ALICE – Nulla. Siamo riusciti a stupire le persone perché chiaramente siamo live, non usiamo il linguaggio che usiamo nei video. Molto spesso gli argomenti sono simili, ovviamente, ma il trattamento è quello di un grande varietà: perciò cantiamo, balliamo, faremo dei pezzi di stand-up, degli sketches vintage alla vecchia maniera. Questo spettacolo è difficile da abbandonare, nel senso che abbiamo veramente credo raccolto tutti i nostri talenti e li abbiamo condensati in due ore di live show, che cambia da tappa a tappa. Pensa che c’è gente che ci ha visto a Mestre e poi è tornata a Schio la settimana dopo perché hanno detto che è stata un’esperienza così intensa e divertente, che sapendo che poi per un anno non se ne rifarà un’altra di tournée, allora sono tornati a vederci; e loro stessi ci hanno detto che sembrava quasi di vedere due spettacoli diversi, anche se magari le parole erano le stesse, ma è inevitabile, è uno spettacolo che vive tanto di energia del pubblico. Oltretutto non c’è stata una replica in cui non ci siano stati inconvenienti tecnici, e a volte questi inconvenienti diventano la parte più divertente dello spettacolo.
GIANMARCO – A volte. Per loro… E’ bello che ce sia uno a spettacolo, è un occasione anche per noi, appena ci fosse l’indizio della noia… Invece così serve a riprendere il ritmo!

Quindi siete solo voi due in scena?

GIANMARCO – Noi due e un altro attore che è Enrico Ballardini, un attore più “classico” che fa anche teatro classico brillante, è un cantautore, un poeta, abbiamo preso veramente un tuttofare come si faceva nella commedia dell’arte e, pure se non bastasse, è pure bello, quindi un uomo da battere! Ci assiste durante i monologhi, ci fa da spalla; la sua caratteristica più grande è che sa essere invisibile ma invece quando gli diamo spazio è assolutamente un attore di prima fascia, infatti in due punti diversi dello show sta in scena da solo per diversi minuti. Abbiamo tipo otto cambi costume: vogliamo passare da un ingresso tipo circo alla Fellini e concludiamo invece con gli indumenti del teatro essenziale, quindi siamo tutti e tre vestiti di nero; quindi passiamo da kilt, canotta a righe e cappello azzurro ad essere tutti vestiti di nero, come se ci spogliassimo dei costumi ed arriviamo ad essere papà e mamma che parlano al pubblico in sala.
I testi sono stati scritti da voi.
ALICE – Sì, i testi nascono da noi ed abbiamo due firme lussuose, Alessio Tagliente e Diego Caielli, che hanno scritto insieme a noi lo spettacolo. Ci sono pezzi scritti un giorno prima di salire in scena e pezzi ovviamente inediti al pubblico che abbiamo scritto negli anni, anche prima di essere la Pozzolis Family.

I vostri figli quanto vi hanno ispirato?

ALICE – Loro nello specifico non sono degli ispiratori ma dei coaches di questo spettacolo, perché è stata bella la fase creativa: loro conoscono a memoria tutte le canzoni che cantiamo nello spettacolo, i balletti, vogliono sapere di che cosa parliamo, e nonostante siano due bimbi allenati all’ironia, ed infatti sono loro stessi ironici, nonostante sia una cosa che generalmente arriva dopo i sei anni, Gio (Giosuè, il primogenito, NDR) che è un pochino più grande, ha visto pezzo di prova in cui facevamo una battuta riferendoci al fatto che chi ce li ha fatti fare ‘sti figli, ed è stato malissimo per tutta la sera. Ironia va bene ma per questo abbiamo scelto, oltre al fatto che abbiamo dei modi di trattare certi temi che non sono comprensibili ai bambini, uno per l’ironia e due proprio per dei contenuti, a meno che i genitori non vogliano far fare una lezione di anatomia anticipata, consigliamo di portare in sala i ragazzi dopo i 14 anni.
GIANMARCO – Poi loro una grande spinta diciamo incosciente ce l’hanno data nel darci la sensazione continua di accorciare i tempi dal punto di vista professionale, nel senso che andiamo a raccogliere ora le cose appunto visto che dopo saranno talmente invasivi, in senso ovviamente bello, quindi di sparare tutte le cartucce che abbiamo ora ed allo stesso tempo appunto di inserire nei testi il grande amore per loro. C’è da una parte una sorta di grinta e di voglia di emergere prima che sia troppo tardi, prima di rimanere inghiottiti dalla fatica; facciamolo ora e facciamolo bene perché se lo facciamo ora in questo modo forse non finirà.

I bambini vi seguono quando andate in tournée?

GIANMARCO – No, abbiamo scelto di no perché se no sarebbe troppo difficile scindere i ruoli.
ALICE – Anche perché per loro sarebbe troppo faticoso farsi tante ore di viaggio per poi arrivare in un teatro, neanche stare in teatro, dover andare in un albergo con magari una baby-sitter, stare in una stanza di due metri per due… Perché? Abbiamo il supporto delle famiglie che ci danno un po’ una mano, una baby-sitter che ci aiuta e loro stanno qua.
GIANMARCO – Poi io quando lavoro sono Dr Jekill e Mr Hyde, quindi per me quando salgo sul palco i bambini non esistono, a differenza sua (indica Alice, NDR) che invece riesce sempre a tenere un orecchio aperto verso la quinta… Invece io è come se dessi per scontato che se ne devono occupare altri, se sono in scena sono in scena. Ovvio che se accade una cosa grave, ovvio che rimango il padre!

I bambini sono abituati che a volte voi non ci siate.

ALICE – Abbiamo fatto un lungo training per perché la parte più difficile ormai è passata, è stato il debutto, siamo stati via cinque giorni, adesso si tratta sempre di stare via massimo due giorni e mezzo…

Tutte le tappe sono massimo di una replica per città: fate sempre una sola serata.

ALICE – Considera che è la nostra prima tournée, abbiamo scelto noi di non fare cartellone, era prematuro per noi, anche perché adesso abbiamo bisogno di consolidare il nostro pubblico per poi magari allargarci a quello degli abbonati o al pubblico dei teatri stessi. E’ anche più divertente per noi fare la data secca nella città e poi ripartire!
GIANMARCO – E’ un rischio anche quello, affrontare delle sale a volte apparentemente fuori misura per noi invece poi abbiamo la sorpresa e vengono ottocento persone a trenta euro a biglietto, che insomma di questo periodo… La conversione likes su Facebook e trenta euro in teatro non è per niente vera: abbiamo circa un milione e duecentomila followers tra Instagram e Facebook ma siamo a novemila biglietti venduti… Quei numeri sono veri ma non reali: il vero fan è quello che ti segue da Caltanissetta e viene a Firenze apposta per vederci, è quella percentuale che viene fuori.

A Milano sarete in maggio, al Teatro Nazionale.

ALICE – Siamo andati spesso ultimamente a vedere delle grandi produzioni al Nazionale, per cui sapere che porteremo la nostra vagina di quattro metri su quel palco è una bella emozione!

Parlateci un attimo della parte danza del vostro spettacolo.

ALICE – Abbiamo due colleghi coreografi, Roberto Carrozzino e Martina Nadalini, con cui abbiamo lavorato per una produzione teatrale che poi abbiamo portato al Fringe Festival di Edimburgo. Io sono un cane a ballare, ma proprio farmi muovere è un’impresa titanica, Giamma è più portato, anche se balla allo stile di Pinocchio…
GIANMARCO – Beh, siamo due clowns che balliamo!
ALICE  – Appunto! E quindi loro ci hanno aiutato, hanno coreografato alcune parti di spettacolo.
GIANMARCO – Lo spettacolo che abbiamo portato al Fringe invece era una specie di karaoke della danza, con dei ballerini professionisti e con me che facevo il quarto ballerino clown, che era un po’ il conduttore di questo spettacolo muto, e salivano persone del pubblico a ballare con noi, quindi era tutto orchestrato dalle basi, con un lavoro complicatissimo fatto da noi di montaggio musiche. Abbiamo avuto anche un 5 stelle come spettacolo. La danza ma soprattutto la musica nei nostri shows ha un’importanza primaria.

Quindi magari la prossima volta facciamo un balletto!

ALICE – Può essere, siamo pronti a tutto, purché faccia ridere!

Da qui a maggio, quando verrete, cosa lasciamo ai milanesi?

ALICE – I figli!
GIANMARCO – I pannolini in giro!
ALICE – Con i milanesi ci vediamo direttamente al Nazionale. Avremo Legnano a febbraio poi abbiamo sedici date…
GIANMARCO – Abbiamo anche Brescia che è in zona. Una cosa importante: che la gente non pensi che sia uno spettacolo che può comprendere solo chi ha figli, anzi, abbiamo in sala tantissime persone che non ne hanno, tantissimi ragazzi giovani che ridono come matti, abbiamo nonne che ci seguono; è uno spettacolo scritto per quasi la metà da tre penne maschili, io e i due autori, quindi è pensato anche per far ridere in maniera grassa gli ometti appunto. Che non si sentano esclusi da un discorso donna-donna.
ALICE – Molte recensioni parlano di mariti trascinati con la forza dalle mogli a venirci a vedere e che poi sono quelli più felici alla fine dello spettacolo, perché temono di entrare e rompersi per due ore e invece non è così!

Com’è invece lavorare insieme per voi che siete una coppia? Vivete insieme, lavorate insieme…

ALICE – La maggior parte della gente, abbiamo scoperto, non potrebbe lavorare con il proprio partner!
GIANMARCO – Per delle persone normali è impossibile. Anche per me con una partner che non sia Alice. Stiamo bene, stiamo proprio bene: ridiamo sempre, infatti gliel’ho detto un mesetto fa, abbiamo una serata libera al mese, lei esce con le amiche, io con gli amici, tutti abbiamo dei figli, tutti siamo stanchi per mille cose. E’ da un mese e mezzo che salto questo appuntamento, è incredibile ma io mi diverto più con mia moglie che con altri: c’è un’affinità, un gioco…
ALICE – Anche perché considera che siamo insieme tutto il giorno, la sera… La cosa bella sul palco è che a volte passa anche al pubblico questa cosa, cioè uno ci valorizziamo, siamo entrambi due primedonne però c’è grande amore, grande stima, quindi valorizziamo sempre l’altro e valorizziamo anche Ballardini. Secondo noi non ha senso portare qualcuno sul palco secondo chi ha scritto lo spettacolo e non valga la pena valorizzarlo, e in più molto spesso ci guardiamo e, mentre lo spettacolo sta andando avanti, guardandoci ci stiamo dicendo dell’altro, tipo “Sì, lo so, mi sono accorta che mi è caduto il jack”; c’è una comunicazione non verbale fatta di sguardi durante lo spettacolo che è molto bella.
GIANMARCO – Lanciamo anche un messaggio: se non sapete cosa fare nell’anno nuovo, fate teatro! A volte anche con il rapporto mio con Enrico, abbiamo dei momenti di intimità molto più intensa e di connessione che nella vita normale non abbiamo e quindi il palco è veramente una sorta di piede di porco che ti fa aprire saracinesche che nella vita non ce la faresti, anche perché con le parole non si riesce ad entrare invece con lo sguardo, con quel buio in sala, con quel faccia a faccia forzato poi ti trovi a stare in intimità con quella persona con cui nella vita non hai poi infondo molto a che fare.

Chiara Pedretti

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