La sana malattia inguaribile del non prendersi troppo sul serio

Data:

Al Teatro San Babila di Milano dal 14 febbraio al 1 marzo 2020

E’ un piacere grande quando antichi pregiudizi negativi vengono felicemente contraddetti.
Il ricordo della lettura, in verità molto giovanile, della Coscienza di Zeno non aveva lasciato un sapore particolarmente positivo. La vicenda di un uomo “inetto”, alla vana ricerca della guarigione da una malattia esistenziale, cui peraltro è tenacemente affezionato, non presentava sulla carta grandi motivi di attrazione.
Invece si è rivelata una piacevolissima sorpresa positiva assistere alla messa in scena, in prima nazionale, al Teatro San Babila di Milano (dal 14 febbraio al 1 marzo 2020) del grande classico psicologico di Italo Svevo, pubblicato quasi cent’anni fa.

Lo spettacolo è infatti vivace e molto piacevole. La chaise longue al centro della scena è molto raramente occupata, ponendoci così in salvo da lunghi monologhi lamentosi. Dialogando con lo psicanalista Dottor S. (Claudio Moneta), Zeno Cosini rievoca e rivive con grande vivacità e consapevolezza i momenti principali della sua esistenza, in una sorta di seduta psicoterapeutica aperta al pubblico, con le musiche dal vivo di Gianluca Sambataro, che pure impersona varie figure fella piece.

Va dunque dato merito alla freschezza della regia di Marco Rampoldi, ma una grossa impronta allo spettacolo è regalata dalla verve di Corrado Tedeschi, abile nel surfare sulle onde della dolorosa consapevolezza, dello humour pungente e di dosi sapientemente calibrate di auto-ironia. Sempre sul filo della magia del non prendersi troppo sul serio.

Siamo così accompagnati nel racconto, nella rappresentazione della inettitudine e del costante senso di inadeguatezza che accompagna la vita del protagonista (“la malattia come convinzione”). Ne sono affetti i suoi rapporti, problematici e fortemente desiderati, con le donne, la sua relazione dolorosa con il padre, la apparente inadeguatezza negli affari. E poi, autentico tormentone che regala momenti di auto-ironica comicità, il persistente e vano tentativo di smettere di fumare, costellato da infinite US, Ultime Sigarette, una più voluttuosa dell’altra. Oltre al senso di profonda ironia, innerva tutto lo spettacolo la convinzione, più volte ribadita dal protagonista, che la vita è originale (“molto originale”!). Un mistero inafferrabile che continua a stupirci e che vale la pena di essere vissuto con curiosità e costante senso di ricerca. L’insistenza, la voluttà dell’essere “malato”, anche quando lo psicanalista proclama la guarigione, è dunque in realtà un atteggiamento virtuoso di costante ricerca di una verità che la maggior parte delle persone non pratica. Forse per questo gli apparenti insuccessi nel lavoro e nell’amore si trasformano poi in note positive, in successi insperati e inconsapevoli, sui cui Zeno non indugia e non si sofferma.

La giovane e determinata Camilla Tedeschi è la prima delle quattro sorelle, Ada, invano corteggiata da Zeno, mentre Roberta Petrozzi è Augusta, la sorella infine sposata come ripiego, ma che si rivelerà poi nel tempo moglie attenta e affidabile. A vivacizzare lo spettacolo, la scelta tra il pubblico di due donne, chiamate a impersonare e vestire (letteralmente!) gli abiti delle altre due sorelle, con tutte le immaginabili ironie e le improvvisazioni.

Lo spettacolo si chiude con una visione, impressionante per l’aver in qualche modo prevista la bomba atomica con più di venti anni di anticipo. Una chiusura visionaria, una fuga in avanti rispetto al resto dello spettacolo di non facile lettura.
“Forse attraverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile… Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto sarà massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e malattie”.

Resta comunque, nella sua leggerezza e profonda verità, il messaggio sotto traccia dello spettacolo. La malattia apparente del non riconoscersi nel mondo come è e nel non corrispondere alle sue aspettative è in realtà uno strumento potente verso la consapevolezza, sebbene mai pienamente raggiungibile.

Guido Buttarelli

La coscienza di Zeno di Italo Svevo. Regia di Marco Rampoldi
Al Teatro san Babila di Milano dal 14 febbraio al 1 marzo 2020
con Claudio Moneta, Roberta Petrozzi, Camilla Tedeschi e Corrado Tedeschi.
Drammaturgia di Paola Ornati, Marco Rampoldi e Corrado Tedeschi
Scenografia di Mattia Bordoni
Costumi di Francesca Faini
musiche dal vivo Gianluca Sambataro
RARA produzione srl

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