Gigi Simoni, l’allenatore gentiluomo

Data:

Per una coincidenza triste e un po’ beffarda, Gigi Simoni, ex calciatore e allenatore di serie A, ma soprattutto uomo perbene e signore d’altri tempi, è scomparso proprio nel giorno in cui l’Inter, sua ex squadra, ha festeggiato il decimo anniversario della conquista dello storico triplete (22 maggio 2010). L’Inter nel suo destino, dunque, nel bene e nel male. E proprio alla breve ma intensa esperienza sulla panchina nerazzurra di Simoni, la più importante della sua carriera, è dedicato questo articolo, omaggio a un uomo di sport che, pur avendo vinto poco, ha lasciato comunque un ricordo importante, soprattutto grazie alle qualità umane (educazione, correttezza e pacatezza) che lo hanno sempre contraddistinto.

Appese le scarpe al chiodo dopo una buona carriera da professionista (tra le sue squadre Mantova, Torino e Juventus), Simoni comincia ad allenare negli anni Settanta. Al Genoa, sua prima squadra, ottiene la promozione in Serie A vincendo il campionato cadetto 1975/1976; poi, una lunga altalena tra serie A, B e C, con altri tre campionati vinti in B (ancora Genoa e due volte Pisa). Negli anni Novanta è stabilmente nella massima serie con la Cremonese, dopo averla guidata al ritorno in A. Nel 1996 arriva il primo ingaggio di rilievo: il Napoli. Non è più la Società dei tempi di Maradona – ancora cronologicamente vicini, eppure lontanissimi – ma si tratta pur sempre di una piazza importante; l’esperienza non è felice, e si chiude con l’esonero ad aprile (Simoni paga per il pessimo girone di ritorno in campionato, anche se la squadra ha raggiunto la finale di Coppa Italia).

L’occasione della vita arriva però pochi mesi dopo: a chiamare il tecnico di Crevalcore è l’Inter del giovane e ambizioso presidente Moratti, deciso più che mai a scucire lo Scudetto dalle maglie della Juventus. Per questo, la Società ha messo in atto una campagna acquisti faraonica, culminata nel clamoroso arrivo del numero uno al mondo del momento – e uno dei più grandi di sempre -: il brasiliano Ronaldo, detto “Il fenomeno”, strappato al Barcellona per la folle cifra – per quei tempi – di 48 miliardi di lire! E così, non solo Simoni si ritrova per la prima volta alla guida di una “grande”, ma per giunta gli viene anche messo a disposizione il giocatore più forte del pianeta! C’è di che far girare la testa, ma non a un uomo misurato e concreto come il tecnico emiliano. Pur non essendo abituato a gestire campioni di tale calibro (oltre a Ronaldo, tra gli altri, ci sono Zanetti, Djorkaeff, Simeone, Zamorano, Ganz…), in breve tempo il mister prende le misure alla sua nuova dimensione professionale, instaurando all’interno del gruppo un clima sereno che si riflette positivamente nei risultati. A metà campionato l’Inter è in piena corsa per lo Scudetto, seconda dietro alla Juve, che ha però battuto per 1-0 (rete di Djorkaeff) nello scontro diretto disputato in casa il 4 gennaio 1998. A suon di epiche rimonte (ai sedicesimi contro il Lione e agli ottavi contro lo Strasburgo) i nerazzurri avanzano anche in Coppa UEFA.

Si arriva al “fattaccio”, cioè allo scontro diretto con la Juve a Torino del 26 aprile 1998, partita che, vista la classifica (Juve avanti di un solo punto), vale lo Scudetto, che proprio per questo famigerato incontro sarà ricordato come lo “Scudetto dei veleni”. Il verdetto del campo premia la Juventus (1-0, gol di Del Piero al 21’ del primo tempo), ma a gettare grandi ombre sul risultato c’è il famoso episodio Iuliano-Ronaldo: l’arbitro Ceccarini non vede un netto, anzi, solare fallo da rigore commesso dal difensore bianconero sul brasiliano dell’Inter verso la metà del secondo tempo. Il gioco prosegue e, nel capovolgimento di fronte, l’arbitro fischia un rigore in favore della Juventus per fallo di West su Del Piero, che poi dal dischetto sbaglia. Tanto basta per far uscire dai gangheri – per una volta – anche mister Simoni, prontamente cacciato fuori dall’arbitro, cui rivolge un ripetuto “SI VERGOGNI!” immortalato dalle telecamere: reazione umanamente più che comprensibile, visto quel che era successo in campo. La vittoria finale della Juventus spegne le residue speranze-Scudetto dell’Inter, che chiude il campionato seconda.

Il riscatto arriva dalla Coppa UEFA, che nella fase decisiva regala all’Inter grandi soddisfazioni. Si comincia dalla rivincita ai quarti di finale contro i tedeschi dello Schalke 04 (detentori del trofeo, vinto proprio contro l’Inter ai rigori), poi in semifinale Ronaldo scioglie il gelo di Mosca – l’avversario è lo Spartak – con due lampi accecanti dei suoi. La finale, contro una Lazio già forte e in procinto di diventare fortissima (l’anno dopo vincerà Coppa delle Coppe e Supercoppa Europea), è un trionfo: un perentorio 3-0 (Zamorano, Zanetti e Ronaldo), gara mai in discussione, dominio netto. Per Gigi Simoni e per i suoi ragazzi è il momento di massima felicità, che addolcisce solo in parte la delusione per uno Scudetto perso non soltanto a causa dei propri demeriti. La Coppa UEFA 1998 riveste un’importanza speciale sia per Simoni, essendo il suo unico trofeo vinto in carriera da allenatore in Serie A, che per il presidente Moratti, che con questo successo ottiene il primo titolo della sua presidenza; non bastasse ciò, la Coppa UEFA resterà l’unica gioia per Ronaldo nelle sue cinque stagioni all’Inter, anche se in quel momento nessuno avrebbe potuto immaginarlo.

La stagione successiva (1998/99), nonostante ci fossero tutte le premesse per pensare in grande (in primis l’arrivo di Roberto Baggio), si rivelerà un fallimento, e segnerà la fine dell’avventura all’Inter di Simoni, durata poco più di un anno. L’infortunio di Ronaldo, dopo appena due turni di campionato, è una vera e propria tegola che, sommandosi ad altre defezioni varie, influirà pesantemente sul rendimento della squadra. Oltre ai risultati, piuttosto altalenanti, manca anche il gioco, e le tre sconfitte consecutive rimediate contro Lazio, Juve e Bari tra ottobre e novembre mettono seriamente a rischio la panchina di Simoni. In Champions pesa come un macigno, più per il non-gioco espresso che per il punteggio (2-0), la sconfitta subita in Spagna contro il Real Madrid – campione in carica della competizione – nel girone eliminatorio. Al ritorno a Milano, però, con una gran prova d’orgoglio (e una doppietta di Baggio) i nerazzurri si riscattano vincendo 3-1. Ma né questo risultato, né la conseguente qualificazione ai quarti di finale in Coppa bastano a salvare Simoni, che viene esonerato quattro giorni dopo, in seguito alla sofferta vittoria casalinga contro la Salernitana (29 novembre 1998) conquistata all’ultimo minuto. Per il tecnico emiliano, qualificato in Champions e a soli 5 punti dalla vetta della classifica in campionato, è un vero e proprio fulmine a ciel sereno; per giunta, la squadra ha dato chiari segni di stare ancora dalla sua parte, e questo non fa che aumentare il suo rammarico. Ma Moratti ha deciso così, e quindi non c’è nulla da fare. I fatti daranno torto al presidente nerazzurro (la stagione naufragherà malamente su tutti i fronti), che molti anni dopo riconoscerà l’errore di quell’esonero (il tempo è galantuomo…).

Nonostante il brusco epilogo della storia, tra Simoni e l’Inter (intesa sia come Società che come tifosi) si è mantenuto negli anni un rapporto di stima e affetto reciproci; i tifosi, in particolare, lo hanno sempre ricordato con piacere per quell’emozionante stagione 1997/1998, l’unica in cui l’Inter ha potuto godersi un Ronaldo al 100%, prima dell’incredibile serie di gravi infortuni che gli hanno impedito di fare le grandi cose che tutti si aspettavano da lui. Simoni è rimasto nei cuori dei tifosi nerazzurri anche per il suo stile e i suoi modi garbati, mantenuti pure nelle situazioni più difficili (paragonate a ciò che si vede nel calcio attuale, le sue rimostranze in quella sciagurata Juve-Inter fanno quasi tenerezza). A unire il mister e i tifosi, poi, c’è anche il rimpianto per quello Scudetto mancato: certi treni passano una volta sola, e così è stato per Simoni, che in seguito non ha più avuto altre vere occasioni per vincere. Ma si può essere grandi anche nella sconfitta (o, meglio, nella “non-vittoria”), così come si può essere volgari e “bassi” nella vittoria: tutto sta nel modo…

Francesco Vignaroli

Seguici

11,409FansMi Piace

Condividi post:

spot_imgspot_img

I più letti

Potrebbero piacerti
Correlati