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“Le serve” di Jean Genet

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“Le serve “di Jean Genet è una drammaturgia, tragica, feroce. Un testo paradossale, assurdo, ma dolorosamente attuale. Un architettonico progetto di violenza cieca attuato da donne psicologicamente instabili che svela l’impotenza della ragione di fronte a progetti che mettono a nudo la brutalità che alberga in ogni essere umano e mina la fragilità della nostra esistenza. Ogni battuta è una continua celebrazione d’odio, dipendenza, invidia e continuo scambio di ruoli. Il testo ha una sorgente di verità. Un fatto accaduto negli anni ’30 in Francia. Due sorelle a servizio presso una ricca famiglia ferocemente massacrano la padrona di casa e la figlia. Malgrado passino gli anni, la pièce del drammaturgo transalpino mantiene inalterato il suo morboso charme. Il testo frutto di numerosi adattamenti è stato portato in scena da attrici che lo hanno sublimato rendendolo indimenticabile. Ricordiamo Anna Maria Guarnieri. Ed ora il testimonio è stato preso da tre eccellenze del palcoscenico: Vanessa Gravina (Madame), Anna Bonaiuto (Solange) e Manuela Mandracchia (Claire) sotto la capace direzione di Giovanni Anfuso che con la sua comprovata bravura ha reso il testo ancora più avvincente.
Il Regista Giovanni Anfuso dice:
“Le serve “è una favola a cui bisogna crederci e rifiutarsi di crederci, ma poiché ci si possa credere occorre che le attrici recitino non secondo un modulo realistico”
Vanessa Gravina parla così delle pièce.
“Le tre donne all’interno della drammaturgia sognano di essere altro. Le due domestiche, amano indossare, gli abiti e i gioielli della loro padrona che disprezzano, odiano sino a desiderare la sua morte”.
”Teatro nel teatro, per svelare e mettere a nudo la menzogna della scena, anche quelle dell’esistenza di cui il palcoscenico è, in parte, lo specchio. E il crescendo di violenza cieca della pièce di Genet – ha proseguito Vanessa Gravina- ci riporta a quanto sta accadendo ai nostri giorni. È come se negli ultimi anni ci fosse stata una sorta di tregua apparente. Ci si sente insicuri, insoddisfatti, sfruttati e umiliati. Una situazione che genera malcontento e reazioni insospettate. Nella Francia di ieri, come nell’Europa di oggi”.
La drammaturgia tradotta da Gioia Costa è un continuo instabile ribaltamento tra il vero e il non vero. In ogni battuta la realtà si trasforma in paranoica immaginazione. Vanezza Gravina, Anna Bonaiuto e Manuela Mandracchia con la loro chiara dote recitativa danno prestigio alla non facile drammaturgia. Il testo sapientemente diretto da Giovanni Anfuso riesce a calamitare l’attenzione del pubblico rapito dall’eccellente prestazione attoriale.

Giuliano Angeletti

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