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PARANOIE E CONFIDENZE TRA OMOSESSUALI IN “UOMINI DA MARCIAPIEDE” A “LO SPAZIO”

Data:

Dal 2 al 12 dicembre 2021 al Teatro Lo Spazio di Roma

La bellezza  e la cura estetica con cui viene gestita un’amministrazione urbana si giudicano dal suo aspetto visivo e specialmente dalla condizione della sua cintura sul piano della sicurezza e del decoro, del piano di vivibilità socio – economica  e delle proposte ed offerte culturali per  elevare il tenore di vita delle classi più disagiate. Proprio su tali tematiche ruota la tranquillità dei cittadini che spesso nei quartieri più degradati si trovano a contatto con la criminalità, subendo aggressioni, scippi e minacce, oppure vengono adescati per vendere sostanze stupefacenti  specie ai ragazzi , come testimonia l’abile pedalatore Brumotti in una famosa trasmissione, per finire con coloro che sono costretti a vedere casi di poco edificante promiscuità od appariscenti “lucciole” che esercitano il mestiere più vecchio del mondo. Questa drammatica, triste ed angosciante realtà è stata denunciata nell’atto unico neorealista di Pino Ammendola intitolato “ Tre uomini da marciapiede” che fotografa impietosamente tre omosessuali, che conducono una brutale esistenza ai margini della periferia metropolitana, la stessa che secondo il celebre architetto e senatore a vita Renzo Piano dovrebbe essere oggetto d’una seria progettazione per rimuovere codeste piaghe per non far sentire gli abitanti oltre le mura aureliane od il GRA cittadini meno assistiti e trascurati, lasciati ad un livello brutale come sosteneva il sommo Dante. Non vanno solo chiusi i campi dei Rom che danno fuoco ai rifiuti , non mandano sovente i bambini a scuola e li abituano ai furti ed alle rapine sui mezzi urbani e le metropolitane, ma bisogna promuovere appunto l’emancipazione sociale delle fasce  cittadine più basse e dare loro uno stimolo incentivante per  interessarsi  di se stessi e dei loro simili con una valida motivazione senza vivere da emarginati o “borderlines”. Dunque nel testo di Ammendola, che s’è messo in proprio per l’occasione mentre frequentemente  prima lavorava con Nicola Pistoia, ci troviamo davanti tre uomini disperati che sono alla deriva nella periferia della capitale e si tengono compagnia tra di loro rivelandosi le proprie ossessioni e manie di gay, scherzando pesantemente e litigando con sarcastiche accuse. Pino è una transessuale bizzarra ed estroversa c on una parrucca ed una borsetta a tracolla sulle spalle con il medesimo autore nei panni di tale gentile ed onesta signora che è stato operata da qualche tempo e rammenta allorché il metallaro partenopeo e trasgressivo Pietro gli portava il giornale ed il supplì del giorno prima, desiderando circuire il giovane medico. Poi s’è aggiunto il dolore per la morte del cane Pallino ed a lei è toccato continuare a vivere con la madre, caratterialmente avvertendo la frustrazione ed Ammendola  è bravo nel trasmettercene l’immagine a tutto tondo. C’è Ciccio che vorrebbe fare l’attore come volontà d’autorealizzazione, tuttavia la sua psicologia è debole e la timidezza non gli consente di vincere l’impatto con il palcoscenico difettando della dovuta personalità, che invece non manca a Pietro che da 4 anni insegue con veemenza un Marcello che sfreccia sull’autostrada senza tuttavia fermarsi. Ciccio nei  cui panni è un rassegnato Giorgio Gobbi sostiene che quelle di Pietro siano solo delle fissazioni schizofreniche, puramente fantastiche, per cui lo prende in giro e lo fustiga, smontandone l’arroganza. Tutti e tre hanno degli alti e bassi fonetici, corrono e camminano per la sala in preda alle loro nevrosi e si elargiscono delle confessioni che dovrebbero cementare la loro forza per fronteggiare insieme l’avversità terrene, però nessuno bada alla loro tragica situazione perché si sa che l’indifferenza regna sovrana nei nostri tempi e basta pensare al fatto che se qualcuno viene investito o derubato, si sente male per strada, i cittadini preferiscono girarsi dall’altra parte per non perdere tempo o crearsi dei problemi di risulta. Tale frustrante presa di coscienza induce Pino e Ciccio a decidere di troncare il legame con l’esistenza avendo il dolore senza un filo d’altrui empatia toccato il vertice irresistibile della sofferenza, per cui si distruggono  nichilisticamente con un comune trapasso simultaneo, lasciando nell’inconsolabile amarezza lancinante Pietro quando torna indietro dall’ennesimo tentativo  v ano di  conquistare l’invisibile ed impercettibile Marcello. La solitudine e la frustrazione rabbiosa di Pietro, che resta  un abbandonato cane randagio, è espressa da Pietro Bontempo, mentre l’inetto Ciccio senza qualità ed introverso è incarnato da Giorgio Gobbi; i due assecondano bene nella messa a fuoco dei loro personaggi il regista ed autore Ammendola. Lo spettacolo sarà in cartellone pure in questo fine settimana da giovedì a domenica.

Giancarlo Lungarini

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