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NELL’ITALIA DEL ‘68 LA PRIMA E UNICA CONDANNA PER UN CASO DI PLAGIO

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Dopo il bellissimo documentario di Carmen Giardina, Il caso Braibanti,  Gianni Amelio in concorso a Venezia e con Il signore delle formiche, riporta in luce una storia dimenticata o addirittura sconosciuta ai più, il processo contro Aldo Braibanti, poeta, artista, scultore, professore, accusato di omosessualità e plagio e giudicato dal tribunale di Roma nel ’68, mentre fuori il mondo cambiava e si ribellava. Rispetto al documentario Amelio ricostruisce la pena e l’umiliazione tranquilla di quest’uomo con studio a Castell’Arquato nel piacentino costretto a rifugiarsi a Roma in una pensioncina con il suo giovane compagno ventitrenne Giovanni Sanfratello. Li venne arrestato, l’accusa chiese 14 anni di reclusione, Braibanti fu difeso da Radicali, da Pasolini, da Moravia, e tuttavia condannato a nove anni poi ridotti a due. Nella finzione Braibanti è Luigi Lo Cascio, panni dimessi e accento emiliano, Elio Germano è Ennio, un cronista dell’unità che segue il caso, il giovane amante ha il volto sfilato di Leonardo Maltese. Gianni Amelio, appena arrivato a Roma per i suoi primi passi nel cinema, assistette ad una seduta del processo e, come ha raccontato a Natalia Aspesi “pensai che al posto di Braibanti avrei potuto esserci io” Certo il dolore e la rabbia dei suoi ricordi adolescenziali nel chiuso della Calabria saranno tutti nella trama del film, che si intitola Il signore delle
formiche con riferimento alla passione di Braibanti per questi insetti che conservava in teche di vetro, affascinato dalla loro organizzazione, dai minuziosi, allineati movimenti. Ordine e rigore in lui infranti dall’irruzione della Legge con quella L maiuscola della virilità e del patriarcato. Era giusto sapere che tutto questo è potuto accadere, nel rivoluzionario ’68, nel nostro Paese, anche per capire quanta libertà abbiamo acquisito e quanta ne possiamo perdere. Intanto, il pubblico scoprirà il film in tutte le sale italiane, I’S settembre.
Antonio M. Castaldo

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