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L’OMBRA DELLA CRIMINALE USURA SULLO SFONDO DELLA CHIUSURA DE “I SOLISTI DEL TEATRO”. IL FALLIMENTO DI DUE ASPIRANTI ATTRICI NEL DRAMMATICO “SORELLE “ DI  A. BASSETTI

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Con una bella ed interessante trama dialettica, ricavata dall’aspirazioni interiori psichiche e sentimentali, di due donne legate dal vincolo di consanguineità e dedotte dal romanzo esistenziale neorealista dello scrittore contemporaneo Alberto Bassetti s’è conclusa la, variegata artisticamente, rassegna “I Solisti del Teatro”, per il quale bisogna complimentarsi con la manager Carmen Pignataro per la poliedrica organizzazione di generi intellettuali con cui l’ha saputa creare. Su un palcoscenico vuoto con due soli leggii per Francesca e Susanna, interpretate con squillante fonetica, dai sensibili toni corrispondenti ai loro stati d’animo, da Sarah Biacchi e Laura Lattuada, si stanno facendo le prove recitative del capolavoro “Il Gabbiano” di Cechov che le due vorrebbero realizzare drammaturgicamente, dopoché la loro compagnia teatrale è fallita. Ogni tanto s’interrompono ed intercalano riflessioni emotive sui loro genitori deceduti, specialmente evocata è la memoria affettiva verso il padre, volendo tuttavia sottolineare la precarietà dei loro progetti artistici e dell’aspirazioni cui uniscono la loro felicità, che in quel frangente manca per non avere una relazione di coppia. Un altro problema delle disfunzioni urbane è quello dei trasporti pubblici in quanto loro sono per strada ed aspettano un autobus di cui non c’è l’indicazione della fermata e dell’orario di passaggio ,  mentre a Roma per lo più le tabelle orientative in giallo si stanno sempre più impiantando. Si deve aggiungere che Susanna, abituata a simulare in continuazione con strategiche invenzioni bugiarde, sentendo fortemente questo vuoto del suo cuore, non riempito dal calore per l’ “anima gemella”, ha voluto sedurre con il regalo d’un Rolex d’oro un suo amico e questo l’ha costretta ad indebitarsi con il più vile reato di malaffare e criminale che conosciamo : il prestito ad estorsione o ricatto, per cui le somme si decuplicano debitoriamente in poco tempo fino a perdere la proprietà dei tuoi beni. In questo caso si tratta della casa avita ed appunto  Francesca, incarnata in codesta situazione con spirito investigativo dalla Biacchi, desidera scoprire se questa è la triste ed angosciante verità per cui non saprebbero dove andare o se è l’ennesimo gioco della più smaliziata sorella; tuttavia Susanna si mostra antiteticamente costernata e si propone di pagare la vergogna della sua ingenuità e disonore  con  il suicidio, gettando ancor più la sorella nella costernazione. Avendo la fama di menzognera Susanna, non si sa a quale sua versione credere anche se la questione della spietata e distruttiva usura, che arriva nei casi estremi pure ad uccidere per vendicarsi di mancati pagamenti, regolare esemplarmente i conti per preservare la paura nei “clienti” e negli affiliati,è di pregnante attualità similmente al discorso degli Ateniesi ai Melii ed al “Principe” di Machiavelli. Alla fine Susanna invita Francesca ad andare a casa, ma questa è ancora nella loro disponibilità od è solo un espediente per allontanarla dal luogo dove lei sconterà volontariamente, commettendo un’altra stupidaggine peccaminosa, il fio della sua stoltezza? Nessuno è proprietario della sua vita ed il togliersela è laicamente un altro atto di debolezza o religiosamente un peccato mortale per cui non c’è perdono ed infatti Dante colloca i suicidi all’Inferno. L’opzione di  A. Cechov come “Canovaccio base” dell’intreccio è stata dovuta al fatto che egli affronta con sobria discrezione “Il Male di vivere”, che il genovese Montale illustra esotericamente nell’antologia poetica “Ossi  di seppia” ; il letterato russo si sofferma invece sui problemi vitali con un tocco agrodolce quasi a voler smorzare le tinte fosche e depressive. La regia psicologica dello spettacolo virtualmente è stata di Pino Strabioli , che non ha potuto essere presente giacché era impegnato co Patty Pravo nella chiusura del Festival di Todi. Dunque il Festival iniziato nel nome della satira comica di Francesca Reggiani è terminato con tale incertezza esistenziale riguardo alle nostre aspettative, che poi possono divenire causa di desolanti frustrazioni avvilenti e senza via di scampo, come adesso pare che debba accadere per tanti imprenditori che l’esosa crescita delle bollette di luce e gas può indurre a chiudere le fabbriche e gli esercizi commerciali, dato che in perdita progressiva si può resistere per poco tempo, mentre l’inflazione è salita al 9%.Lo scostamento del bilancio statale, richiesto dai quattro poli che si stanno combattendo gli elettori in vista del 25, non porterebbe che altro debito per le casse dell’erario, che poi ricadrebbe sui giovani di oggi nel domani prossimo. Tempi bui  s’annunciano e non si vedono lusinghiere prospettive di speranza!

Giancarlo Lungarini

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