LA NUOVA SPLENDIDA MOSTRA DELLA FONDAZIONE TERZO PILASTRO A PALAZZO CIPOLLA. IL VITALISMODEI RITRATTI E LA BELLEZZA DELLA PROVENZA NELLA PITTURA DEL FRANCESE R. DUFY

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Solo dopo pochi giorni dall’inaugurazione della grandiosa esposizione delle opere di Vincent Van Gogh a Palazzo Bonaparte, l’intraprendente società manageriale d’Arte Arthemisia su commissione della Fondazione Terzo Pilastro, presieduta dall’operativo ed instancabile avvocato professor E. Emmanuele, c’ha riservato un’altra “chicca” artistica con l’allestimento di un’antologica dedicata al transalpino Raoul Dufy che visse dal 1877 al 1953 attraversando diverse fasi pittoriche. Di lui provengono dal Museo d’Arte Moderna di Parigi circa 160 creazioni tra disegni, dipinti, ceramiche e tessuti esposti in una bacheca di vetro nel salone centrale con un astrattismo geometrico di vivacissimo e suggestivo, incantevole, policromatismo. Non è la prima volta che questo disegnatore viene presentato a Roma in quanto lo fu già circa quarant’anni fa, precisamente nel 1984, nell’Accademia della sua patria a Roma, ovvero nelle sale e nei verdeggianti giardini di Villa Medici a Trinità dei Monti. Egli trasse inizialmente ispirazione dall’idealismo del celebre Cezanne, ma poi man mano che si perfezionava professionalmente andò in maniera inversamente proporzionale dissociando il colore dal disegno e la forma dal contenuto, acquistando la semplice composizione e l’astrattismo dell’oggetto con toni del pennarello sempre più accesi e violenti, accostandosi al fauvismo ed usando come spazi funzionali quelli dettati dal Cubismo di Picasso. La maggior collezione patrimoniale delle tele era di proprietà della moglie, che prima di morire anche lei ne fece munifico dono al capitale pubblico al fine d’onorare e magnificare il nome del marito, divulgandone conoscenza e fama. Procedendo nel tempo del Novecento egli si trasferì nella meravigliosa Provenza con i cavalli allo stato brado e la fluorescente Natura ricca di un lussureggiante verde di giardini e campi di grano dove risplende la luce del giorno che trasfonde nella luminosità dei suoi quadri e così ne scaturisce la sensibile passionalità dei suoi capolavori, che approdano ad uno straordinario Realismo illustrato da dettagliati pannelli didascalici in Italiano ed Inglese. I dipinti più mirabili derivano dalla Camargue e dal rituale viaggio nel Sud Italia, proprio del Gran Tour iniziato dai pellegrini che venivano a Roma lungo la via Francigena per il Giubileo risalente al 1350 con l’indizione da parte di Bonifacio VIII e proseguito poi nel’800 da Goethe,con le varie scintillanti tematiche a tutto tondo dei boscosi paesaggi, dei bagnanti di Le Havre e della Costa Azzurra con i turisti a passeggio sui lungomare con costosi vestiti mondani di gran lusso ed ombrellino per proteggersi dalla canicola estiva, i fari dei numerosi porti delle sue nitide e rilucenti tele, le regate francesi simili a quelle tra le Università albioniche ,i sauri da monta ed i puledri in primo piano, le corse dei cavalli e gli ippodromi d’oltre Manica festosi ritrovi mondani quali Ascott ed Epton, passandovi le domeniche ed il tempo libero nel ludico sguardo della gustosa osservazione dettata dalla libidine e nel civettuolo pettegolezzo. A tal fine sono dipinte pure le sale da concerto ed i numerosi “atelier” dove ci recava a farsi creare degli abiti di gran classe ed intanto dalle finestre aperte si spiava il fluire della gente lungo le strade metropolitane. Infine esercitò anche la funzione di scenografo per la pubblicità e le opere liriche nei teatri : infatti il pezzo migliore e più seducente è la tela di 110 metri quadrati, presentata in scala 1:10 con sopra il sorgere del Sole che abbacina con il suo fulgore il firmamento, Giove e la Torre Eiffel al centro con la raffinata laboriosa attività degli artigiani e dei professionisti per lo sviluppo economico, mentre sotto vi sono moralisti, filosofi, scrittori, intellettuali, politici e civili, perché la Cultura va congiunta alla Finanza in uno Stato e su tali punti infatti è stato realizzato il PNRR, che vedremo in che modo sarà impiegato dai nuovi governanti del nostro Paese. Codesta superlativa opera chiamata “La Fata dell’Elettricità” gli fu ordinata nel 1937 dal Padiglione francese per l’Esposizione Universale a Parigi ed uscendo dall’allestimento monografico si sente nell’animo una sublime percezione sinestetica che c’eleva lo spirito a vertici etici ideali e rigeneranti nella nostra olistica uni della mente e della psiche. Per gustare la dolcezza razionale della Mostra ed il suo apprezzabile continuo impegno ci sarà tempo fino al 26 febbraio 2023 e non perdetela : ne vale la pena per la crescita personale.

Giancarlo Lungarini

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