PERCUSSIONI QUOTIDIANE. Intervista a Luke Cresswell

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Luke Cresswell è uno dei creatori, con Steve McNicholas, del gruppo di percussioni dance STOMP, famosi per l’utilizzo di oggetti quotidiani come strumenti. Di suo, è un percussionista autodidatta. Lo incontriamo a Milano, al Teatro Lirico Giorgio Gaber, al termine di uno spettacolo strepitoso, come sempre del resto, dei suoi artisti.

Vi abbiamo visto moltissime volte, ma ogni volta che tornate c’è qualcosa di nuovo, qualche numero mai visto prima. Dove prendi tutte queste idee?

Sì, cambio a seconda delle diverse persone che ho; quando abbiamo persone diverse, ci piace portare la loro energia sul palco e la loro “traduzione” dello spettacolo; è questo che cambia. E poi i pezzi nuovi ci vengono dalla quotidianità, come stavolta qui quello delle valigie: ci abbiamo pensato viaggiando, dato che tutti hanno una valigia quando viaggiano. Mi piace portare in scena collegamenti che tutti possono fare. Tutti possiedono una valigia, così tutti possono capire cosa si potrebbe fare con delle valigie; mi piacciono le cose comuni. Lo stesso per i carrelli del supermercato, ogni bambino vorrebbe volare sul carrello come avete visto qui.

Tutto è praticamente preso dalla vita comune.

La musica no, i ritmi sono diversi e mi piace giocarci, ma gli oggetti sì, è questo che crea il collegamento, è questo che unisce. Ognuno può prendere un carrello oppure una valigia, rende il tutto accessibile, ma alcune idee sono più particolari e ci vuole più tempo per apprendere.

Come ti è venuta l’idea la prima volta?

Ho sempre suonato fin da ragazzino, poi ho fatto parte di una band punk, quindi musica molto forte, venendo in contatto con molte tipologie differenti di musica. Sono stato anche un’artista di strada, e da qui ho imparato a catturare il pubblico, perché si fermasse ad ascoltare; ho suonato tanto, ma volevo davvero qualcosa di diverso, di nuovo.

Come scegli i tuoi artisti?

Innanzi tutto, non li scegliamo noi, ma sono loro a sceglierci. Quando facciamo le audizioni, il solo fatto di presentarsi vuol dire che vogliono diventare degli STOMP. Guardiamo molti aspetti in un performer, non deve essere una mia versione diversa, deve essere qualcuno che arriva e cambia lo spettacolo, che dia il proprio contributo. Non vorrei mai tutti uguali, sarebbe noioso, e non si connetterebbero con il pubblico. Chi è sul palco deve connettersi con chi è giù dal palco. Alcuni arrivano dalla danza, altri sono musicisti, alcuni dal teatro, ma tutti devono un po’ cambiare per poter entrare a pieno in questa idea, sono tutti molto bravi, ma non conoscono questo linguaggio: devi insegnargli il linguaggio, a giocarci, a giocare con il pubblico.

I ballerini sono abituati alla musica, ma non a fare musica.

Esattamente, qui devi fare musica e pure danzare; ci sono molti tipi di danza che sono molto ritmati, ma non tengono benissimo il tempo, sono fluidi, sono lirici; ma se chiedi loro di marcare il tempo, fanno fatica, è un’latro cosa.

E dopo Milano?

Losanna, poi Parigi per Natale. Sarà bellissimo! Nel frattempo abbiamo un gruppo che è in tour in America, e poi uno fisso a New York… Ormai da ventotto anni!

Chiara Pedretti

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