TENSIONI PSICOLOGICHE E VIOLENTI SCONTRI DIALETTICI IN ISTITUTO SCOLASTICO AL PARIOLI. LA DIFFICILE ARTE DELLA PEDAGOGIA FORMATIVA CON I “TEENAGERS” IN “AGNELLO DI DIO”

Data:

Dall’11 al 15 gennaio 2023 al Teatro Parioli di Roma

Fa piacere talora  riflettere sul nostro passato dedicato laboriosamente con la nostra costante e diuturna attività giornaliera ad un settore che c’ha riservato più gioie che tristezze sul piano umano e che per una sera, grazie al teatro, ci siamo ritrovati di fronte per meditare su di esso a mente fredda, come poetava liricamente il genio di A. Manzoni riguardo all’abile condottiero Napoleone nella sublime Ode “5 Maggio”, riconsiderandone le singole sfaccettature e com’è mutato rispetto a prima in questi ultimi anni. Intendiamo riferirci naturalmente alla scuola di grado Superiore ed alla sua , in particolare , formazione umanistico – filosofica in cui siamo specializzati e che trasmettevamo con passione ai nostri giovani, anche se non tutti seguivano con diligenza e puntuale studio, mentre altri erano contenti della semplice sufficienza ed alcuni infine si distinguevano negativamente per le loro assenze, scarsa applicazione ed uso dei cellulari in classe che non solo disturbavano noi, ma pure i compagni più volenterosi che portavano i libri e volevano seguire. Di tutto ciò s’è accorto finalmente il ministro e collega Valditara che ha proibito i cellulari in aula, pena il sequestro e gravi sanzioni, con l’Associazione dei Presidi, che dovranno tornare a ruotare ogni 6 o 9 anni come proposto dal Provveditore Regionale del Lazio, pronti a condividere la decisione anche per i danni e la confusione mentale che provocano. A tal riguardo capita a proposito, come testimonianza confermativa di quanto stiamo dicendo, il caso della docente che andata in pensione come noi, dopo 40 anni di lodevole insegnamento, ha ritrovato i “ messaggini” che si scambiavano cartaceamente i suoi allievi che scrivevano con maggior correttezza orto – sintattica. Dunque in codesto mondo e siffatte considerazioni c’ha fatto ripiombare il pregevole testo “Agnello di Dio” che lo scrittore sociologico Daniele Mencarelli classe ’74 ha composto su questa problematica etica ed educativa e che è prodotto dal Centro Teatrale Bresciano per la duttile e profonda introspezione psicologica dei personaggi del regista Piero Maccarinelli, che l’ha fatto debuttare la scorsa stagione nella città detta la “Leonessa d’Italia” per la resistenza contro gli Austriaci nel 1849 durata 10 giornate nel corso della prima guerra del Risorgimento contro l’esercito del maresciallo Radezky, la cui marcia normalmente conclude il concerto di Capodanno della Filarmonica Viennese nella Sala d’Oro. L’autore dimostrò già la sua preparazione culturale e competenza nelle rilevazioni socio – statistiche quando nel 2020 vinse il Premio Strega per i giovani con  il suo romanzo “Tutto chiede salvezza”. Nel testo presentato lo scorso anno appunto al teatro S. Afra dell’Urbe della Loggia famosa per la consumata strage terroristica di matrice nera ed ora al Parioli s’affrontano diverse questioni : dal rapporto generazionale tra padri e figli, dirigenti scolastici ed allievi discenti al bullismo a scapito dei più deboli, fragili e meno abbienti con insulti ed angherie varie. Qui siamo spazialmente nell’Ufficio della Preside che è suor Lucia, incarnata dalla disinvolta e credibile Viola Graziosi capace d’alternare una pluralità d’espressioni facciali, atteggiamenti posturali e toni fonetici, a seconda dei casi, mentre più impettito e verbalmente sempre con loquacità secca e vibrante, altera ed arrogante fino alle minacce finali rivolte alla religiosa, è Fausto Cabra che impersona l’arrivato imprenditore borghese arricchitosi Marco, padre dello studente dell’ultimo anno di Liceo Classico dal nome biblico del profeta Samuele, che Alessandro Bandini ben rappresenta in scena con tutti i suoi tormenti interiori, le turbe psichiatriche , le nevrosi mentali e l’angosce che l’hanno spinto a redigere un elaborato d’italiano, il famigerato tema, di cui adesso agli Esami finali di Stato vi sono 4 tipologie, in cui ha esternato il suo progetto violento e ribelle di un clamoroso atto di rivolta giovanile, come quello avvenuto nel carcere minorile di Casal del Marmo, dando fuoco all’attrezzature ed arredi scolastici per esternare tutto il suo forte disagio , che né la famiglia e nemmeno la prestigiosa istituzione cattolica parificata che si dedica alla formazione della futura classe dirigente sanno comprendere. Il ragazzo ”teenager” si sente stretto tra le rigide regole della scuola e l’imperativo categorico del padre che desidera unicamente una sua forte e valente istruzione per farsi un nome e prendere un giorno il suo posto, non interessando a nessuno ciò che avverte interiormente, il suo malumore ed il sentirsi stritolato tra due morse ferree che sono sorde ai suoi pianti, lamenti disperati e svenimenti. Egli è appunto , come dice il titolo della pièce, l’ovino destinato al macello ed a cui gli altri due animatori del serrato confronto dialettico vorrebbero imputare come cause della sua crisi l’omosessualità con un mancato “coming out”, l’uso delle sostanze stupefacenti e la lotta politica non riuscita nella sua attuazione, mentre egli rivela costernato e sempre più frastornato che le sue preoccupazioni sono più esasperanti, toccanti e lancinanti, derivando da tematiche irrisolte:  da dove veniamo, qual è la nostra relazione con Dio e come affrontare e vivere un postulato assurdo ed annichilente come la morte per chi non ha fede. Questi sono gli spettri che l’agitano e che vengono fuori nel diverbio aspro e tragicamente rancoroso tra suor Lucia e Marco quando il giovane, per respirare un po’ e rallentare la tensione che gli sta togliendo il respiro, esce dalla stanza. I due erano compagni di classe ai loro tempi, tuttavia provenivano da ambienti sociali differenti: Marco era l’aristocratico figlio di una famiglia benestante e di pregiata referenza, rinomata deferenza e rispetto, che si divertiva a prendere in giro Lucia la figlia del portiere dell’Istituto frequentato in quanto il padre aveva la barba incolta e le scarpe rotte, venendo dunque definito spregiativamente il “caprone”. Lucia,  che a 14 anni aveva già deciso i suoi obiettivi posteriori ovvero la monacazione e l’insegnamento, che avremmo voluto coronare anche noi con il sacerdozio se ci fosse stato permesso in gioventù ed ora che siamo rimasti amaramente soli, s’era riproposta di vendicare l’onore familiare con grinta e determinazione per scalare la piramide e casta sociale, affermarsi nel consorzio civile e dimostrare che la volontà è fonte di potere anche senza le pari opportunità. Pertanto accenna a ritorsioni regolamentari contro l’indomato Samuele ed il genitore le formula il duro altolà, mentre la religiosa vegliarda e custode della scuola suor Cristiana, protettiva maternamente verso gli studenti, le ricorda il buon nome del plesso scolastico e che gli alunni vanno sempre stimolati ed incoraggiati, non selezionati a priori, aggiungendo che un sacerdote ed una suora come figure di Dio hanno in più il ruolo di trasformare il mondo e piegarsi sui derelitti, i poveri ed i feriti dalla malvagità altrui, come il Buon Samaritano ed il Padre del Figliol Prodigo pentito, per cambiare la terra con l’Amore fraterno ed unitario della razza umana, “ primis” quella monoteista con le tre religioni cristiane, integrata dall’effusione sentimentale verso tutti i lontani per l’unica salvezza nel segno della giustizia sociale che tolga progressivamente la fame e disuguaglianza a tutti con nuove convinzioni e senso di responsabilità, come ha palesato il presidente Mattarella richiamando il nuovo ambasciatore iraniano ai diritti dell’uomo e del cittadino  fissati nella Carta dell’ONU del 1948.In simile prospettiva   Olga Cavagna che incarna la timorata e pia consorella  dichiara che difenderà sempre i ragazzi e Lucia, come la pentita sorella Virginia responsabile del duplice misfatto omicida con il drudo ortolano amante Egidio  della novizia e del fantolino nel capolavoro manzoniano nell’analisi di questa peccatrice monacata a forza e poi pentita che al secolo era Gertrude de Leyra, che poi Verga avrebbe ripreso nel terzo romanzo incompiuto del ciclo dei “Vinti”, piange amaramente su stessa per la perversa idea venutale e quasi supplicando il perdono divino. Lo spettacolo sarà in scena al Parioli fino a domenica prossima e dovrebbero osservarlo, per rifletterci sopra, specialmente le scuole di secondo grado.

Giancarlo Lungarini  

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