La leggenda delle Teste di Moro nelle mani di Besnik Harizaj

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L’emblema dell’artigianalità siciliana è il fiore all’occhiello di Caltagirone: tra miti e nuovi maestri, spiccano le meravigliose sculture con le teste siciliane che portano la firma di Besnik. Sicilia, bellezza infinita, mare nostrum, artigianato e leggende. Un’isola meravigliosa resa unica dal suo tessuto culturale, sovrapposizione millenaria di sapori e tradizioni, popoli e leggende. E le teste sicule, meraviglia dell’artigianato locale soprattutto in quel di Caltagirone, ne sono un esempio calzante. Secondo la leggenda, la tradizione nacque durante la dominazione dei Mori: una bellissima ragazza viveva a Palermo, nel quartiere arabo Al Hàlisah (oggi Kalsa). Mentre, com’era solita, si prendeva cura delle piante del suo balcone, venne notata da un Moro che, subito, se ne innamorò non facendogliene mistero. Ricambiato, tra i due scoppiò la passione fino a quando l’uomo non rivelò la verità alla ragazza: figli e moglie lo attendevano in Oriente, dove sarebbe dovuto tornare. La giovane, scossa da rabbia e gelosia, aspettò che il Moro si addormentasse per togliergli la vita, così da averlo sempre con sé. Vendicativa e addolorata, gli tagliò la testa creando, con questa, qualcosa di simile a un vaso in cui mise un germoglio di basilico, esponendolo sul suo balcone. I passanti, vedendo come la piantina cresceva rigogliosa in quel particolare contenitore a forma di testa di moro, si fecero realizzare dei vasi in terracotta dalle stesse fattezze. Una storia e antica e affascinante che, nel tempo, ha saputo nutrire la mente creativa degli artigiani, soprattutto quelli di Caltagirone, Patrimonio dell’umanità Unesco per le sue ricchezze storiche, culturali e artistiche: tra questi il maestro albanese Besnik. Nella sua area, le teste di moro sono particolarmente rinomate e la cittadina è il cuore della produzione di ceramiche siciliane, figlia delle antiche influenze greche e arabe. Qui la concentrazione di maestri artigiani della ceramica è davvero fiorente. Tra tutti, Besnik Harizaj, una leggenda vivente, non passa inosservato. Le sue le mani sapienti sono preziose: amano e conoscono la terra che lo ha accolto e gli hanno permesso di dar vita all’emblema della sua straordinaria artigianalità. Realizza ceramiche interamente a mano, dove un’opera non è mai uguale all’altra, e che le dita plasmano senza mai ripetersi. Il suo lavoro è caratterizzato dalla riflessione costante sulla storia di questa terra meravigliosa, reinterpretandone miti e leggende e scaturendone vere e proprie opere d’arte. Le teste di moro siciliane sono splendide e colorate, oggetti decorativi, per interni ed esterni e i maestri artigiani le foggiano completamente a mano, per poi maiolicarle e dipingerle secondo le tradizioni locali.

Due sono le cose che immediatamente colpiscono chi guardi i lavori di Besnik Harizaj: la prima è l’ineguagliabile, unica perizia tecnica con la quale riesce a riprodurre in maniera incredibile i più diversi e straordinari capolavori della pittura universale, oltre a essere capace di inventare, immaginare, concepire e creare metodi, procedure e magiche alchimie che imprimono a questa antichissima forma d’arte originalità e novità.

La seconda cosa che colpisce l’osservatore, questa volta addentrandosi nella malia della sua versione di quella che potremmo definire la “pittura su tela” se avessimo davanti un maestro del colore, è quella certa innocenza, purezza, illibatezza d’animo che quelle opere scaturiscono: in buona sostanza, il fatto che Besnik Harizaj conserva intatto e tutto intero il suo “fanciullino” di pascoliana memoria.

C’è, infatti, in questi lavori dell’artista albanese una sorta di rassicurante atmosfera, che la delicatezza e, quasi, discrezione dei suoi colori e quel suo particolare e del tutto personale modo di collocare nello spazio elementi, oggetti, motivi, cose, sanno efficacemente creare e sostanziare, facendoci entrare nella peculiarità della sua creatività, della fantasia e genuina freschezza dell’animo di uomo e artista, tormentato e travagliato eppure sereno e coinvolgente.

In questo senso, il maestro non dà suggerimenti, non offre riferimenti sicuri e così, si trasforma in pieno artefice, perché l’alfabeto ed i segni che usa rappresentano la sua personale raffigurazione del mondo, la incessante ed instancabile scomposizione e ricomposizione del proprio universo in una sorta di virtualità di combinazioni dagli sviluppi inaspettati.

Da sempre – ma in questi ultimi lavori in maniera più puntuale – Besnik Harizaj costruisce nella sue “tele” fatte di ceramica una propria “mitologia” tratta, non solo e non tanto dalla letteratura classica, quanto dalla sua interiorità, dal suo universo, dalle passioni, saldando in tal modo la realtà umana a quella cosmica. Refrattario a ogni preconcetto, si pone sempre con rispetto di fronte al diverso e rende così omaggio alla vera cultura, che non sta nel tanto sapere, ma nel confrontarsi con la capacità di riconoscere il valore oggettivo di un pensiero, di un comportamento frutto di una meravigliosa o drammatica ma mai insignificante altra storia umana.
Questi particolari vasi dalle forme antropomorfe sono creati attraverso una complessa fase di realizzazione. La prima consiste nella lavorazione dell’argilla, creando forme diverse attraverso la tecnica della tornitura e della modellazione. La seconda è l’essiccazione che avviene lasciando che i pezzi espellano l’acqua contenuta, così da poter poi procedere alla cottura che ha una durata di circa 13 ore. Terminata la prima passata nel forno, tutti gli oggetti vengono smaltati, acquisendo una colorazione bianca. A questo punto del processo, sono i decoratori ad occupare il palcoscenico. La decorazione è una fase molto importante: immaginazione e tradizione si uniscono dando vita a oggetti meravigliosi. Infine, si passa alla seconda parte della cottura nel corso della quale il vaso acquisisce lucentezza e luminosità esaltando colori e forme. E l’opera è finalmente completa.

Ilaria Solazzo

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