La cupa al Piccolo Teatro di Milano

Data:

Al Piccolo Teatro Studio Melato dal 10 al 14 maggio 2023

“quando fai il male, il male non dimentica”
Nel momento in cui tu, che non sei napoletano, tu, che anche se lo sei magari non lo hai mai parlato il tuo dialetto, per le ragioni più diverse, smetti di sforzarti di comprendere, allora, solo allora, ti puoi lasciare andare… felicemente, a quello che avviene intorno a te, dentro di te.
E nel momento in cui ti lasci andare, senza opporre resistenza, senza che il piacere si trasformi in una condanna, allora potrai immergerti nello spettacolo “La cupa. Fabbula di un uomo che divenne albero” scritto, diretto e musicato da Mimmo Borrelli e apprezzarlo per quello che è. E capire diventerà allora un immaginare, un elaborare con la tua fantasia quello che succede sul palco.
Come bambini che guardano le figure, ascoltano la musica, si spaventano o si rallegrano mentre gli viene raccontato un mistero, di cui non comprendono il linguaggio.
La domanda sorge legittima. E’ giusto che il teatro, come in questo caso, usi un linguaggio relegato a pochi, anzi pochissimi? Non c’è giusto e non c’è sbagliato nell’Arte, nella drammatizzazione in sé. La drammatizzazione è un linguaggio primitivo, collettivo e universale, in cui ognuno di noi può riconoscersi o non riconoscersi, immergersi o allontanarsi. Di fronte all’ignoto ci è data la facoltà di sviluppare le nostre capacità di immaginare, fantasticare, vedere la realtà in tanti modi. Diventiamo anche noi, in un certo senso, i protagonisti della storia. La bellezza, il coinvolgimento e il pathos sono quello che un’opera deve saper trasmettere, prima di tutto. Innanzi tutto. Se mancano questi tre elementi, tutto crolla.
C’è solo una cosa che non andrebbe mai accettata: quando l’artista ha come direttiva d’azione il successo e i soldi. No, questo proprio non è etico.
Per il resto l’artista deve essere il più libero possibile di raccontare le sue storie.

Mimmo Borrelli ha fatto un lavoro immane, in cui ha messo cuore e talento, un cuore e un talento tutto napoletano. E’ una drammaturgia in versi che racconta la “cupa”, la ferita del mondo, quel mondo che la stupenda scenografia di Luigi Ferrigno, con l’aiuto dei costumi di Enzo Pirozzi, ha ricreato con una gigantesca palla che rotola fin quasi a schiacciare quegli uomini che cercano a sua volta di schiacciarlo. “quando fai il male, il male non dimentica”.
Intuiamo, attraverso la straordinaria capacità d’interpretazione di un gruppo di attori, a volte saltimbanchi, guitti, cantanti, ballerini, che c’è in corso una faida tra due famiglie, una faida che va avanti da tanto tempo, seminando morte, terrore, violenza. La natura ne è la testimone, fa parlare gli animali, come se fosse la loro coscienza a farlo, la parte non violata dal peccato originario.
La paperella (la meravigliosa Veronica D’Elia) e il maiale (altrettanto tale Stefano Miglio) due simboli, due anime, ci conducono nella storia, loro così legati alla terra, a quella terra ancora intatta e senza alcuna ferita. E assistono alle vicende degli umani, comprendendo, oppure no, la loro sete di vendetta, di possesso, i loro tradimenti. La ferita si allarga e ingloba tutto, e rotolando trasporta gli uomini in un universo parallelo, buio, pauroso e ombroso.
Intuiamo che ognuno vuol avere ragione e porta le sue ragioni, il male non è tutto da una parte. Ogni ombra ha la sua luce, ogni luce ha la sua ombra.
Mimmo Borrelli sembra quasi posseduto, tutti lo sembrano, il loro coinvolgimento va al di là della semplice interpretazione. Vivono, vivono… e noi, cui sfuggono le parole, ma non il senso, cerchiamo di vivere con loro, una favola, un mito, un dramma antico e sempre attuale. Un dramma che non sarebbe compiuto se non fosse scandito dalle armonie, a volte trasparenti e leggere, altre cupe e ossessive dell’eclettico maestro Antonio Della Ragione che suona dal vivo una miriade di strumenti, i più lontani dalla nostra tradizione occidentale, trasportandoci in un’altra dimensione, fatta di sogno e di incubo.
Alla fine delle tre ore, siamo stremati anche noi, sopraffatti da tutte quelle parole che non abbiamo capito e ci chiediamo “sarebbe stato meglio in italiano, invece che in napoletano?”. La risposta è “no”. Forse avremmo fatto meno fatica. Invece abbiamo “faticato” e vissuto con loro. Almeno questo, ci fa onore.

Daria D. Morelli Calasso

 

Mimmo Borrelli
La cupa
Fabbula di un omo che divinne un albero
versi, canti, drammaturgia e regia Mimmo Borrelli
con Maurizio Azzurro, Dario Barbato, Mimmo Borrelli, Gaetano Colella, Veronica D’Elia, Rossella De Martino, Renato De Simone, Gennaro Di Colandrea, Paolo Fabozzo, Enzo Gaito, Geremia Longobardo, Stefano Miglio, Roberta Misticone
scene Luigi Ferrigno
costumi Enzo Pirozzi
disegno luci Cesare Accetta
musiche, ambientazioni sonore composte ed eseguite dal vivo da Antonio Della Ragione
produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
Lo spettacolo ha debuttato al Teatro San Ferdinando di Napoli il 10 aprile 2018, prodotto dal Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
Foto Flavia Tartaglia

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