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Debora Caprioglio, una dichiarazione d’amore al cinema in pellicola

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Aveva diciotto anni ed era appena uscita dal liceo classico “Franchetti” di Mestre quando Tinto Brass la vide in foto sul giornale. Icona sexy del grande schermo a metà degli Ottanta e un amore scandaloso con Klaus Kinski per la chilometrica distanza anagrafica. Oggi Debora Caprioglio è una splendida attrice che di anni ne ha cinquantacinque. Al cinema ha preferito il teatro, alle fughe d’amore ha scelto la stabilità.

Ospite della prima edizione del “Festival del cinema in pellicola”, a Piacenza nei giorni 12,13 e 14 ottobre, per raccontarsi e raccontare la più grande passione della sua vita.

Una rassegna che è una vera e propria ‘dichiarazione d’amore’ di Giorgio Leopardi alla sua città e al cinema in pellicola, proposto attraverso un proiettore 35mm nello storico Palazzo Galli, ora PalabancaEventi, nel cuore della città.

«Ho iniziato molto giovane col cinema. Erano gli anni in cui c’era ancora la moviola con la classica pellicola che si tagliava e incollava con lo scotch. Ricordo che talvolta bisognava ripetere una scena, non tanto perché non fosse venuta bene, quanto piuttosto perché la pellicola “faceva il pelo” (come si diceva in gergo) creando dei problemi tecnici di visione. Tuttavia su di me esercitava un grande fascino, con quell’allure che rendeva lo schermo ammaliante.»

Potersi rivedere sul grande schermo resta comunque un’emozione unica.

«Andare al cinema è un’esperienza di socialità e condivisione che, purtroppo, oggi si riesce a provare sempre meno, perché il pubblico preferisce guardare un film comodamente seduto sul divano di casa, invece di vederlo nelle sale. Sta via via scomparendo la magia di un’arte che ci ha fatto sognare, emozionare, piangere, gioire.»

L’immagine della ragazza prosperosa e sensuale degli esordi resta indelebile nell’immaginario collettivo del nostro Belpaese.

«È un’immagine legata ai miei inizi. Per capire come sarebbe andata diversamente bisognerebbe entrare e uscire dalle sliding doors e stare a vedere. Credo poi che ogni regista, quando prepara un film o un’opera teatrale, abbia in mente un personaggio con delle caratteristiche precise. E la fortuna per un attore è di incarnare proprio quel modello. Sicuramente, quando sono stata scelta per interpretare i miei primi film, i registi cercavano un tipo di donna con una fisicità più mediterranea, invece che androgina. Era un periodo in cui le donne italiane venivano messe in risalto per la loro femminilità e per quella grande diversità, tra le une e le altre, che le rendeva uniche e riconoscibili.»

Bella, sensuale, scandalosa. Oggi una splendida cinquantacinquenne davanti allo specchio.

«Interiormente mi sento una ragazzina che conserva lo stesso entusiasmo e quella voglia di vivere dei vent’anni. Ma davanti allo specchio vedo una donna che di anni ne ha cinquantacinque. Una persona certamente più matura e consapevole che si gode i risultati ottenuti e che ha ancora tanto da fare e da dire.»

Da comparsa non accreditata al fianco di Klaus Kinski in “Nosferatu a Venezia” ai film d’autore di Francesca Archibugi e Ugo Chiti nel ruolo di Ginecriste in “Albergo Roma”.

«Ero reduce dal successo di “Con gli occhi chiusi” di Francesca Archibugi, quando recitai in “Albergo Roma” di Ugo Chiti accanto a compagni di viaggio meravigliosi come Alessandro Benvenuti, Claudio Bisio, Giorgio Panariello, Lucia Poli. È stato un film che mi ha dato grandi soddisfazioni ricevendo riconoscimenti prestigiosi come il Premio Kodak al Festival di Venezia, il Nastro d’argento come Migliore attrice non protagonista a Lucia Poli, il Ciak d’oro per i Migliori costumi a Gabriella Pescucci e io stessa ho avuto una nomination come Migliore attrice non protagonista al Festival di Saint Vincent. Ricordo che Ugo Chiti aveva grande maestria nel dirigere gli attori ed era una persona meravigliosa. Così come meraviglioso è stato il nostro produttore Giorgio Leopardi, con cui siamo tutt’oggi in ottimi rapporti.»

Il teatro è arrivato qualche anno dopo con Mario Monicelli.

«Stava curando la regia di “Una bomba in ambasciata”, da un testo di Woody Allen, con Carlo Croccolo e Isa Barzizza. Da lì è nato il mio amore per quest’arte che non ho più lasciato.»

Dal 19 ottobre in tournée.

«Debutterò al teatro Arcobaleno di Roma con un monologo da me prodotto dal titolo “Non fui gentile, fui Gentileschi”. Porterò in scena la vita di Artemisia Gentileschi raccontata da lei stessa nella sua bottega di pittura. Una pittrice del Seicento violentata da un amico del padre, che visse sulla propria pelle una condizione di donna molto dura, com’era all’epoca: messa sotto processo come se fosse stata lei il carnefice e non la vittima. Fu la prima donna in assoluto ad essere ammessa all’Accademia del Disegno nel 1616 e dové lottare a lungo per affermare i propri diritti venendo ripetutamente bistrattata, non solo sul piano umano ma anche su quello lavorativo. Attraverso il suo personaggio lancio un messaggio – ahimè – molto attuale, a cui tengo particolarmente.»

E non è finita.

«A novembre, invece, partirà la tournée dello spettacolo “Plaza suite” di Neil Simon. Una commedia, per la regia di Ennio Coltorti, che mi vedrà al fianco di Corrado Tedeschi. Si riderà di gusto.»

Gino Morabito

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