La locandiera di Latella: Quando attualizzare a tutti i costi distrugge ogni magia, e non serve proprio a nulla. (ma gli infradito ci sono e la zuppa che cuoce pure…)

Data:

Teatro Strehler, dal 20 febbraio al 3 marzo 2024

Uno spettacolo che sta in bilico tra passato e presente, che non ha il coraggio di rompere veramente con la tradizione e si colloca in un quotidiano banale, realistico, al limite dello squallore.

Come ha scritto il grande Tennessee Williams “non voglio il realismo, voglio la magia”. Che è anche il motivo per cui la gente va a teatro, per cui crede ancora nel teatro.

Ma mettere al passo con i tempi un testo non sempre si risolve facendo usare agli attori gli infradito, o un maglione da sci, baci saffici o orfici che siano, far sentire l’odore di passato di verdura che cuoce sul fuoco, e francamente dopo un po’ dà la nausea, o una chitarra che strimpella qualcosa e poi sparisce nel nulla, quando invece avremmo voluto sentire più spesso accordi di rock, tanto per avere l’impressione di essere nell’oggi e rompere la noia. Invece musica del settecento, bellissima, senza dubbio, ma fuori luogo.

La Locandiera di Goldoni era già a quei tempi “moderna” e parliamo del 1752, una commedia che rompeva gli schemi, che si allontanava dall’Illuminismo, dai temi filosofici e portava in scena una donna che ora definiremmo imprenditrice, che si trova a duellare con diversi ruoli maschili e quello che rappresentano, forte ma astuta, seducente ma difficile da intenerire, che però subdolamente, o inconsciamente, mette in pratica quell’ars amandi fatta di stratagemmi e tattiche, che Ovidio suggerisce con un rigore quasi scientifico.

Mirandolina è bella, intelligente, sa conversare, allietare gli ospiti, portare avanti una sua attività, e perciò diventa l’oggetto del desiderio di molti uomini che vorrebbero “comprala” con “zecchini d’oro”, regali costosi, anche di quelli più duri a cedere, quelli che si sentono “superiori” o che poca fiducia hanno nelle donne. Insomma, Mirandolina è ochetta al punto giusto, cerebrale al punto giusto, disponibile fino a un certo punto, calcolatrice, amante della sua libertà ma è pur sempre una donna. E anche lei, sebbene Latella ce la voglia presentare come una femminista ante litteram, non può non accettare che “al cuor non si comanda”, nonostante tutto…

Allora, francamente, a una scenografia che ricrea un ambiente abbastanza squallido, dove Mirandolina, interpretata da una Sonia Bergamasco non troppo convincente ma non è colpa sua, passa quasi tutto il tempo a stirare, rimestare la zuppa, servire e sorridere, a volte pensiamo che più che una proprietaria sia una semplice sguattera, e gli attori a mettere i piedi sulle sedie di plastica, a salire e scendere da un pedana che non si sa che funzione abbia, a fissare una parete vuota e incomprensibile su cui avremmo visto un bel quadro astratto dai colori violenti, o un affaccio su qualcosa di “vero” che allargasse l’asfittica prospettiva, rimpiangiamo crinoline, sottogonne, pizzi, lacci e fiori ricamati.

Uno spettacolo che manca di collocazione, di specificità, e che dovrebbe essere, secondo Goldoni ambientato a Firenze, ma sembra più una baita di montagna dove però nessuno ne ha il minimo sentore, oppure cosa? Non lo abbiamo capito. Dove l’esterno rimane un fantasma e non aiuta gli attori a districarsi tra “illustrissimo”, “mi faccia la gentilezza”, “zecchini e danari”, recitando senza avere una minima idea delle “circostanze date” di stanislavskiano insegnamento. E l’interno è talmente piccolo borghese! Dove sei magia del teatro?

E alla fine, tra tutti i pretendenti di classi vecchie e nuove, ricchi e più ricchi, rimbambiti e beoni, Mirandolina esaudisce il volere del padre, e sceglie il cameriere, quello vestito da architetto, per intenderci. Quindi, alla fine, nemmeno lei è così libera di scegliere…

Chissà perché rispolverare Goldoni per poi affossarlo con questo adattamento così deludente e inutile.

Daria D. Morelli Calasso

 

La locandiera
di Carlo Goldoni
regia Antonio Latella
con Sonia Bergamasco, Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Giovanni Franzoni, Francesco Manetti, Gabriele Pestilli, Marta Pizzigallo, Valentino Villa
drammaturgia Linda Dalisi
scene Annelisa Zaccheria
costumi Graziella Pepe
musiche e suono Franco Visioli
luci Simone De Angelis
assistente alla regia Marco Corsucci
assistente alla regia volontario Giammarco Pignatiello
foto di scena di Gianluca Pantaleo
produzione Teatro Stabile dell’Umbria

Seguici

11,409FansMi Piace

Condividi post:

spot_imgspot_img

I più letti

Potrebbero piacerti
Correlati

Esce venerdì 28 ottobre 2022 il nuovo singolo di Henry Beckett “Wires”

Esce venerdì 28 ottobre 2022 il nuovo singolo di Henry Beckett. “Wires”, fili,...

Franco Battiato apre il Napoli Teatro Festival

Ad aprire l’edizione del Napoli Teatro Festival, la prima...

Poker d’assi contemporanei in Scala

Fino a fine maggio al Teatro alla Scala di...