Massimo Wertmüller, ironia e partecipazione

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Di Gino Morabito

Da bambino, sui set dei film diretti dalla zia Lina a respirare cinema. Gli esordi nel teatro cabaret anni Settanta e una brillante carriera declinata nei tanti spettacoli, numerosi ruoli in tivù e sul grande schermo. Cognome importante e indiscutibile bravura, in Massimo Wertmüller convivono stabilmente il talento istrionico e quell’impegno sincero e leale verso le cause animaliste.

Al “Vascello” di Roma, dal 22 al 24 aprile, in scena “Kabarett Weimar”. Una trilogia di spettacoli ispirata alla storica “Repubblica” che fu punto di riferimento per il pensiero artistico e politico prima dell’avvento del nazismo. Artefici del progetto Antonella Ottai e Bruno Maccallini che ne cura anche la regia. Un’iniziativa prodotta dalla “Società per Attori” in collaborazione col “Goethe Institut Rom”.

«Attraverso figure come quella dell’ebreo, che fa ridere i suoi carnefici dentro il lager, Bruno Maccallini compie un’operazione efficacissima, tesa ad accentuare maggiormente l’orrore e la follia del nazismo. E la risata mossa da una simile tragedia può e deve essere educativa.»

Una masterclass dal titolo “Barzellette”.

«Si tratta di un linguaggio che padroneggiano i grandi della risata, una parentesi all’interno della quale prende vita un breve racconto comico. Non esiste una letteratura in materia. Quando si parla di barzelletta sottintendiamo piuttosto una sorta di meccanismo, nel tentativo di comprendere quelle norme precise ed inviolabili che lo regolano.»

Una lezione che ha imparato frequentando il “Laboratorio di esercitazioni sceniche” di Gigi Proietti.

«È stato il miglior maestro che mi potesse capitare. Il suo laboratorio era fatto di musica, di rapporto col proprio corpo, di lettura del personaggio. Da lui ho imparato come entrare dentro un’altra psicologia; nell’abito di una persona che parla, pensa, si muove in modo diverso da te. Ma, sopra ogni cosa, mi ha trasmesso la gioia di stare in scena.»

Professionalità e generosità, due grandi talenti per l’attore Massimo Wertmüller.

«“Sei generoso” è un complimento meraviglioso per un attore perché vuol dire che, sulla scena, si dona. Ed è questo il nostro mestiere, o almeno dovrebbe essere. Quanto alla professionalità, significa di fatto avere coscienza della responsabilità che implica il proprio lavoro, nel profondo rispetto delle persone che sono venute a vederlo. Quando la nostra sfida col personaggio è condivisa da tanta gente a cui piace, quello è il successo.»

A contraddistinguerlo l’impegno sociale profuso nel sostenere “Medici senza frontiere” e diverse cause animaliste dalle quali ha imparato la sacralità della vita.

«Non ho più “Rocco” con me. Era un gigante di amore. Come spesso lo sono i cani come lui e, più in generale, tutti gli animali. Conservano negli occhi quella scintilla, la stessa purezza che hanno i bambini. Con la differenza che loro la mantengono per sempre.»

Vittime innocenti di talune scelte scriteriate dell’uomo.

«È necessario generare maggiori opportunità per una sana e consapevole cultura del rispetto verso i più deboli. Io faccio tutto quello che posso: dai social alla piazza, mi sento in dovere di partecipare per loro.»

Per non parlare di pace, clima, ambiente… Tutti temi che ci toccano sul vivo.

«Dovremmo entrare nell’ottica che siamo tutti soci del “club della vita” e a ognuno di noi, sia che siamo animali a due gambe o a quattro zampe, è richiesto di fare la propria parte.»

Apprezzare ciò che ci circonda, il rispetto per le piccole cose, ritrovare il giusto rapporto con i valori.

«Bertrand Russell sosteneva che la nostra società sia mossa da due impulsi, possessivo e creativo. Il primo è quello che ha portato ad azioni predatorie, alla smania di possesso, alle guerre. Il secondo, invece, è l’impulso dei grandi valori spirituali. Se riuscissimo a spostare l’asse del pensiero politico, sociale, economico verso questi ultimi, il mondo sarebbe un posto migliore. È faticoso – certo – ma non impossibile e io spero, nel mio piccolo, di aver contribuito.»

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