Negli anni sessanta mentre le donne portavano avanti la battaglia per la piena affermazione dei loro diritti e la pari dignità con l’uomo, trovarono un fiero e forte alleato nello scrittore lombardo Giovanni Testori nato nel 1923 e che nel 1959 iniziò a creare con la sua penna feconda una sequela di deliziose figure femminili, di cui tuttavia solo la prima rimane ancora scolpita nella mente dei suoi lettori e degli appassionati di teatro. Questa infatti fu l’unica ad imporsi per la sua indole personale indomita e decisa a ottenere tutto quello in cui credeva, a partire dalla felicità sentimentale a tutti i costi senza rispettare le regole del pudore, delle schematiche convenzioni od imposizioni borghesi. L’azione si svolge nella cintura periferica meneghina, nella zona di “ringhiera” e dello sviluppo industriale, come nei primi del Novecento erano sorti gli insediamenti di Crespi d’Adda e Sesto San Giovanni paragonabili a “ Le Comuni” del secondo Ottocento in Francia al tempo dell’Impero franco – prussiano con Federico Guglielmo II e il Cancelliere Otto Von Bismark; qui lavora come calzaturiera la ventisettenne Maria Brasca che perde la testa per il giovane delinquente Romeo Camisasca che vive d’espedienti ed è più piccolo di lei. Questo non le importa perché la passione è immensa ,il corpo palestrato del ragazzo le piace ardentemente e capisce che non può fare a meno di lui che si muove con una bicicletta e la possiede sessualmente più volte al giorno in mille modi diversi , facendola vibrare in un mare d’orgiastiche sensazioni emotive. Il lavoro ebbe subito molto successo quando l’anno dopo l’indimenticabile “signora Cecioni” alias Franca Valeri lo portò in scena al Piccolo Teatro di Milano per la regia di Missiroli, mentre negli anni novanta e precisamente nel 1992 fu ripreso da Andrée Ruth Shammah per un’altra straordinaria interprete del panorama femminile teatrale , ossia la brava e talentuosa Adriana Asti che volle come suo partner nei panni di Romeo il futuro marito Giorgio Ferrara. Il gradimento della pièce si ripeté al Franco Parenti della metropoli ambrosiana. Adesso in occasione del centenario della nascita dell’autore e del Parenti era necessario un terzo passaggio e dunque quale migliore ed affascinante opzione per il ruolo della protagonista della bionda ed ammaliante Marina Rocco, che con la stessa regista ha già lavorato ne “Gl’ Innamorati” di C. Goldoni , in “Ondine” di Giraudoux e in “Casa di bambola” di H. Ibsen, riscuotendo unanimi critiche favorevoli e di gradimento della sua personalità e caparbia recitazione sulla scena. Pertanto non c’ è da stupirsi se si lascia il pubblico incantare dall’esplosiva e dinamica, energica e palpitante sensitivamente , prova d’attrice della seducente Marina che nella caratterizzazione dell’amante Arpia s’impone autoritariamente a Romeo che, dopo le gioie e l’ebbrezza degli insaziabili rapporti sessuali, si diletta a fare il Don Giovanni con la sfiziosa Renata, ragazza alla buona, del “Fabbricone” dove Maria va come una iena ad inveire contro la rivale con una violenta scenata di gelosia che tutti ascoltano per poi spettegolarci sopra. Proprio ciò le rimprovera per l’effetto della sua sconveniente condotta la sorella Enrica, impersonata da una misurata e discreta Mariella Valentini nella parte della casalinga che stira i panni e custodisce il focolare domestico non lesinando qualche alterco con il marito Angelo reso da Luca Sandri stanco del disordine e delle turbolente discussioni tra le pareti domestiche, dato che Maria alloggia dalla congiunta non essendosi ancora potuta sistemare autonomamente, fine a cui vorrebbe giungere appunto con il suo desiderato Romeo incarnato dall’aerobico pigmalione Filippo Lai. Il momento clou dello spettacolo avviene allorché , tirando fuori le unghie, si scontra verbalmente con il suo oggetto della concupiscenza erotica e lo pone all’angolo, sbattendogli in faccia il tentato adulterio fedifrago senza successo in quanto la sua nuova fiamma non è riuscita ad arrivare al coito con lui, nonostante vi sia uscita diverse volte. L’accusa spietatamente di non avere coraggio e neppure dignità, non essendo convinto della serietà e pienezza psicologica e romantica della loro relazione, diversamente da lei che è sicura della bontà del loro rapporto e quindi gli pone un inderogabile “aut aut” : decidersi, senza perdere altro tempo, se vuole coronare il loro sogno d’amore o rompere l’intreccio sentimentale senza illudere le sue speranze di vita serena di coppia. Testori lusingato dall’ovazione conseguita dalla sua commedia andò al Parenti poco prima di morire a riscuotere i meritati applausi e tutto questo ricco campionario di frecce al suo arco ha indotto la Shammah a riproporlo agli spiriti culturali al Vascello per una serie di valide motivazioni :la determinazione in Maria di conquistare l’obiettivo prefissatosi con sicurezza senza andare troppo il sottile e risparmiare i colpi dialetticamente aggressivi a chi ha di fronte , essere orgogliosa della sua vita e non avere scrupoli nello scegliere un partner più piccolo di lei, sapendo che in amore per essere felici non conta l’età, ma la profondità del sentimento ed il coraggio di portarlo avanti contro tutto e tutti. Negli altri suoi testi il narratore non è stato in condizione di tornare a tale livello di autoritario stato d’animo perspicace ed intuitivo per cogliere quello per cui vale la pena di battersi strenuamente. Solo così si può concretizzare il volo onirico delle farfalle con i palpiti struggenti del nostro cuore ed il piacere diventa estasi esistenziale, tanto che la regista ha tolto pirandellianamente la “quarta parete” e fatto scendere la Maria Brasca in platea per esternare ad un’ipotetica Giuseppa , simbolo metaforico di tutti noi, l’invito festoso a darsi anima e corpo alle passioni con un “self control” intelligente e fiducioso che, se si crede con forza alle nostre idee e sensazioni , superando con infiniti sforzi e coriacea resistenza i numerosi ostacoli sul nostro cammino, si centrerà il progetto del cuore. Le scene del cortile nel contesto ambientale periferico e della casa di Enrica ed Angelo in cui Maria fa talvolta pure da paciera per non svegliare i propri nipoti per gli alterchi dei genitori sono state realizzate dallo scenografo Gianmaurizio Fercioni, fondatore ed allestitore del palcoscenico nel mezzo secolo appena trascorso del mitico “Salon Pier Lombardo”. Le musiche suggerite dalla trama amorosa sono di Fiorenzo Carpi ed all’apogeo in avvio della sua carriera di commediografo con la “Maria Brasca” fa da cerniera conclusiva la rivisitazione del famoso romanzo di Manzoni con “I Promessi sposi alla Prova”, testi che il Parenti ha riportato in auge per il Centenario dei natali del geniale compositore di valide opere, che sono contraddistinte dall’attenzione strategica per la parola con finalità specifiche e cangianti in base al valore particolare della singola produzione. Pertanto possiamo accostarlo al teatro dell’espressione verbale e gioco linguistico di Beckett e Pinter. Il lavoro sarà replicato fino a domenica prossima alle 17 al Vascello di via Carini, che con questo spettacolo si congeda per la presente stagione dai suoi affezionati abbonati e spettatori.
Giancarlo Lungarini