Hiroshige: fotografie del mondo fluttuante

Data:

Scuderie del Quirinale, Roma. Fino al 29 luglio 2018

Dopo la mostra su Hokusai (di cui anche noi del “Corriere” ci siamo occupati: https://www.corrieredellospettacolo.net/2017/12/15/visioni-dal-mondo-fluttuante-hokusai-sulle-orme-del-maestro/) al Museo dell’Ara Pacis, conclusasi nel gennaio scorso, Roma ospita l’arte di un altro grande Maestro dell’ ukiyo-e (“immagini del mondo fluttuante”): Utagawa Hiroshige (1797-1858), meglio conosciuto, più semplicemente, come Hiroshige. L’evento chiude degnamente le celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Italia e Giappone.

Allestita nella prestigiosa cornice delle Scuderie del Quirinale, la mostra “Hiroshige – Visioni dal Giappone”, curata da Rossella Menegazzo – che ha firmato anche l’allestimento su Hokusai – con Sarah E. Thomphson, propone una selezione di circa 230 opere, tra silografie policrome, disegni preparatori originali su carta e dipinti su rotolo e seta, che abbracciano tutta la carriera del Maestro, prendendo in considerazione sia i soggetti prediletti da Hiroshige – la Natura, i paesaggi – che lavori ispirati alla letteratura, alla storia e alla bellezza femminile.

Suddiviso in sette sezioni tematiche, il percorso espositivo comincia con alcune opere giovanili dell’artista (come Carte di poesie in scatole laccate e Pioggia notturna sullo steccato) dedicate a soggetti vari, per poi introdurre i visitatori all’Hiroshige più tipico, cioè al fine paesaggista delle celebri 53 stazioni di posta del Tokaido: si tratta di una serie di stampe “dal vero” (cioè realistiche) dedicate ai luoghi (sia naturali, come isole, passi montani e cascate, che umani, come case da tè e stazioni di posta) attraversati lungo il Tokaido, la trafficata “Via del mare orientale” che collegava Edo (l’antica Tokyo) e Kyoto, le due principali città del Giappone dell’epoca; un itinerario che Hiroshige conosceva molto bene, avendolo percorso più volte per doveri istituzionali, e sul quale aveva via via preso appunti sotto forma di schizzi e disegni preparatori, dai quali poi partire per la creazione delle stampe (di cui la mostra propone una selezione, tra cui le notevoli Yui. Lo spaventoso passo di SattaNissaka, oltre a Il passo del monte Sayo e Kanbara. Neve di sera). Al Tokaido Hiroshige dedicherà varie serie, affrontando in alcuni casi gli stessi soggetti ma adottando prospettive e soluzioni artistiche differenti (come, ad esempio, l’inserimento in primo piano di bellezze femminili, col paesaggio che rimane sullo sfondo). Non rare, sia nelle 53 stazioni che nelle altre serie paesaggistiche, le raffigurazioni di luoghi e persone sottoposti all’azione degli eventi climatici (pioggia, neve, nebbia), quasi a ribadire la superiorità della natura sull’uomo (come in Ishibe. Viaggiatori che soggiornano durante una nevicata).

Proseguendo, dai paesaggi si passa proprio alla raffigurazione – sempre di stampo realistico – della Natura (quella con la “N” maiuscola), con la serie dedicata ai Grandi pesci (tra i quali non poteva mancare la Carpa, uno dei pesci più cari alla cultura giapponese, oltre ai tipici Ayu), in cui l’artista abbina spesso specie ittiche nipponiche con esemplari di erbe e piante locali (come, ad esempio, in Mezzo becco, orecchie di mare e fiori di pesco, o in Amadai, scorfano e wasabi), creando composizioni volte a omaggiare in un modo originale e poetico la flora e la fauna del proprio Paese. Stessa sensibilità artistica, anche se si passa dall’orizzontalità alla verticalità delle raffigurazioni, nelle opere dedicate a uccelli e piante giapponesi, come Pappagallo su un ramo di pino, Fagiano dorato su un ramo di susino e Anatre mandarine e bambù. In mezzo ad animali e piante reali, trova posto anche un notevole Drago tra le nuvole.

Chiusa la parentesi dedicata a flora e fauna, si torna ai paesaggi, cioè l’ambito artistico prediletto da Hiroshige, con le selezioni tratte da serie come Luoghi celebri di Kyoto (splendido Il santuario di Gion con la neve), Otto vedute di Ōmi (tra le quali cito Pioggia notturna a Karasaki), Luoghi celebri del nostro Paese (come La cascata di Nunobiki nella provincia di Settsu) e la meravigliosa, evocativa serie dei “tre bianchi” Neve, luna, fiori (nella quale spicca Monti e fiumi lungo la strada Kiso).

Spazio poi per l’Hiroshige umorista, con le curiose Ombre cinesi (tra cui Il monte Fuji e Pino con nuove radici) e le parodie, come Cronaca della grande pace. La battaglia di riso e sake, rievocazione dissacrante di un celebre evento storico giapponese, in cui i due eserciti contrapposti sono costituiti da soldati con le teste a forma di bottiglie e di mochi (i tradizionali dolcetti di riso giapponesi). Non mancano opere dai riferimenti letterari, come la serie composta da tre splendidi trittici Genji alla moda, ispirata al romanzo La storia di Genji (1008), tra i più importanti e noti della letteratura nipponica, e realizzata con la collaborazione del collega Kunisawa, altro esponente della scuola Utagawa, la stessa di Hiroshige.

Tra le altre serie di notevole interesse (come Luoghi celebri di neve, luna e fiori e Luoghi celebri della Capitale Orientale) spicca senz’altro Cento vedute di luoghi celebri di Edo. Suddivisa per stagioni, costituisce il capolavoro/testamento di Hiroshige, che vi si è dedicato  fino alla morte. Una serie di importanza capitale nella storia dell’arte giapponese (e non solo) perché caratterizzata da uno stile innovativo e mai visto prima, definito “fotografico” – da qui il titolo dell’articolo – per via dei primissimi piani – quasi dei close-up fotografici – che Hiroshige riserva, in modo inusuale, ad alcuni elementi (oggetti, animali, particolari di un ponte…), ingigantiti a discapito del paesaggio sullo sfondo, notevolmente più piccolo e limitato. Una novità compositiva assoluta che, oltre a ispirare il lavoro dei primi fotografi giapponesi, ha esercitato una notevole influenza anche sui pittori impressionisti e post-impressionisti europei (come Monet e Van Gogh). Qualche esempio: Naitō Shinjuku a Yotsuya (dove possiamo osservare gambe e zoccoli di cavalli in primo piano),  Fiori di iris a Horikiri, Fuochi d’artificio a Ryōgoku e Fukagawa. Il ponte Mannen (dove spicca in primo piano un’enigmatica tartaruga appesa a un filo).

L’ultima sezione della ricca mostra è dedicata ai dipinti su rotolo, in cui l’artista esprime al  meglio tutto il proprio amore e la propria ammirazione per la natura; una natura eterea, incontaminata e avvolta di sacralità che irradia serenità e calma, e dove l’uomo, quando presente, è relegato al ruolo di semplice e infinitesimale comprimario. In opere come i quattro rotoli che compongono il set  Meguro nelle quattro stagioni si rimane affascinati dalla delicatezza e sensibilità con cui Hiroshige tratta la natura, utilizzando colori tenui e quasi sfuggenti, stesi con mano leggera e controllata, la stessa mano che aggiunge (o, per meglio dire, calligrafa) testi poetici che amplificano la forza suggestiva delle immagini. Oltre ad altri rotoli da appendere, troviamo anche un bellissimo taffetà dipinto a mano dal Maestro.

Completato il percorso della mostra, quando ormai si crede di aver visto tutto, c’è un sorprendente “extra” per i visitatori, che le Scuderie del Quirinale sono in grado di offrire in virtù della particolare posizione altimetrica (il colle del Quirinale) in cui si trovano: uno scorcio panoramico di Roma da togliere il fiato, osservabile da un terrazzo dotato di ampie vetrate che ci presenta un’altra grandissima opera d’arte, stavolta a cielo aperto, talmente bella da sembrare un quadro.

Francesco Vignaroli

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