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Norma in Congo

Data:

Venezia, Teatro La Fenice, in scena fino al 18 settembre 2016

Il Teatro La Fenice ripropone, quasi a chiusura di stagione, il Progetto speciale Biennale Arte 2015, ossia l’allestimento di Norma affidato per intero a Kara Walker. Ora come allora rimango sconcertato innanzi allo stupro perpetrato dall’artista afroamericana che ha provveduto a svilire il libretto in un irrispettoso stravolgimento drammaturgico. La coerenza testuale soccombe sotto il peso delle velleità di chi non sa fare, ma entra tronfio nei templi della lirica. A convincermene ci pensano le note di regia, invero celanti sotto la composta sicumera l’incomprensione totale dell’opera, e il palcoscenico. Non la Gallia, ma il Congo sotto il governatorato di Pietro Savorgnan di Brazzà, con Norma e Oroveso sciamani e i Galli clan equatoriale. La regia è inesistente, coro e personaggi rimangono congelati in un’inappropriata staticità dall’inizio alla fine, persino durante i momenti più focosi come Guerra, guerra! e la morte della druida. Adagiata al centro della scena, una maschera tribale funge da tempio, abitazione e rogo, mentre i fondali a silhouette, linguaggio espressivo adottato da Walker con ossessiva ripetitività nel corso della sua carriera, ricreano vegetazioni sconosciute alle orde barbariche. Brutti senza riserve i costumi.

Diligente, ma nulla più, la direzione di Daniele Callegari, alla guida di un’Orchestra sottotono, quanto il coro che si ritrova in evidente asincronia durante tutto il primo atto. Umano d’altronde, con recite quasi giornaliere di Elisir, Norma e Traviata, accusarne il colpo.

Nel ruolo eponimo Mariella Devia. Il soprano ligure, vicino alle settanta primavere, dopo anni di gloriosa carriera mondiale, nel 2013 decide d’inserire in repertorio Norma, mandando in fibrillazione le “sacre vestali del belcanto”, preoccupate a ragione per i danni che le trappole della partitura avrebbero arrecato alla loro dea. Di tallone d’Achille ce n’è infatti più d’uno, a dimostrare che Norma non fa per lei. Nella zona grave la voce risente di un’incompleta pienezza, colmata dall’uso sporadico del registro di petto, mentre il registro acuto manca di quella penetrante incisività richiesta dal ruolo. Le impervie insidie della coloratura veloce vengono risolte non da soprano drammatico d’agilità, ma da leggero. Ecco quindi che nei momenti più spinti, quelli in cui lo sdegno verso il fedifrago prende piede, la voce non tuona irata e agile come dovrebbe, ma si spende in mero esercizio tecnico fine a se stesso, mentre più consona appare nei frangenti patetici. A Devia va attribuito invece il grande merito di sapersi creare da sola la regia lì dove Walker non la fornisce, cioè da Sediziose voci a In mia man, incarnando una sacerdotessa poetica, perfettamente vissuta nella duplice natura, sacrale e carnale. Roxana Constantinescu la affianca nel ruolo di un’Adalgisa dal timbro poco convincente. Dimenticabile il Pollione di Roberto Aronica, dal canto superficiale, stentoreo, poco curato negli accenti – s’ascolti bene Meco all’altar di Venere e Va crudele. Non arriva alla sufficienza l’Oroveso di Simon Lim. Corretta la Clotilde di Anna Bordignon e querulo il Flavio di Antonello Ceron.

Applausi calorosi da parte del pubblico accorso numeroso, con standing ovation e osannanti “Brava!” per Devia alla recita del 4 settembre.

Luca Benvenuti

 

Norma
Tragedia lirica in due atti
Libretto di Felice Romani dalla tragedia omonima di Alexandre Soumet
Musica di Vincenzo Bellini
Personaggi e interpreti:
Pollione: Roberto Aronica
Oroveso: Simon Lim
Norma: Mariella Devia
Adalgisa: Roxana Constantinescu
Clotilde: Anna Bordignon
Flavio: Antonello Ceron
Maestro concertatore e direttore: Daniele Callegari
Regia, scene e costumi: Kara Walker
Regista collaboratore: Charles Fabius
Light designer: Vilmo Furian
Orchestra e Coro del Teatro la Fenice
Maestro del Coro: Claudio Marino Moretti
Allestimento Fondazione Teatro La Fenice
Foto Michele Crosera

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