La crisi del sistema capitalistico di mercato e la corruzione, l’infedeltà degli impiegati in AMERICANI di D.MAMET con S.RUBINI e G.TOGNAZZI

Data:

“Americani”, al Teatro Eliseo di Roma fino al 30 ottobre 2016

Il valente e grintoso regista e “patron” del teatro Eliseo Luca Barbareschi, che l’anno scorso iniziò la stagione con il lavoro “La tigre di Baghdad”sul terrorismo, ha pensato d’aprire sia il grande che il piccolo “salotto” di via Nazionale, con due anteprime,il cui incasso è stato dedicato ai recenti terremotati, dello stesso autore statunitense legato alle tematiche dell’economia e del lavoro. In questo testo, allestito in prima nazionale come l’altro, l’adattamento è stato curato dall’attore e regista barese Sergio Rubini che ha trasposto l’azione nella cintura romana snob ed aristocratica di Axa e Casal Palocco nonché sulla litoranea che va da Ostia a Bracciano e Civitavecchia, pur mantenendo lo slang americano aggressivo, cinico, violento e triviale degli spregiudicati impiegati dell’agenzia immobiliare diretta da Blake, che per spronare la sfida alle vendite tra loro mette in palio una Cadillac per il primo neo contratto ed un servizio di coltelli da cucina per il secondo. II testo di circa due ore è diviso in due parti ben precise; nella prima disegnata da Paolo Polli siamo al bar dell’impresa commerciale con tre siparietti a due voci dal ritmo tagliente per uscire dalla crisi con ricatti e minacce,suppliche come quelle del dipendente Rubino al capoufficio Blake (Tognazzi), implacabile e senza riguardo per l’amicizia di vecchia data, per avere un cliente buono, mentre altri due confidano in una rapina e gli ultimi colletti bianchi del terzo quadro dissentono sulle proprie tendenze e gusti personali. Nella seconda parte invece l’ufficio è stato messo a soqquadro, i contratti sono spariti ed in questa lotta all’ultimo colpo per la sopravvivenza, per non finire in mezzo ad una strada, ci s’accusa violentemente e con orgogliosa grinta a vicenda. Intanto giungono prima Rubini che vanta la sua abilità nell’aver venduto otto lotti per cento milioni; poi un lamentoso e povero compratore che, sotto la pressione della moglie, vuole ritirare la propria firma sull’assegno per non finire in mano agli strozzini. Intanto dall’oculata indagine e velenosi contraddittori verrà fuori un’altra verità, la paura d’essere licenziato ha reso l’agente lestofante e traditore della ditta, oltre ad aver subito un raggiro. Insomma un pragmatismo senza scrupolo morale come nel “Principe di Macchiavelli”, che c’ha ricordato pure la concezione legale del dramma “China Doll” sempre di D. Mamet con Eros Pagni, dato lo scorso anno all’Eliseo. Nell’ottima recitazione di gruppo in un interno, spiccano pure per i giusti toni: Roberto Ciufoli, Gianluca Gobbi, Giuseppe Manfridi e Francesco Montanari, espressivi psicologicamente sia vocalmente, che con gli sguardi ed i silenzi. La base strutturale della società non è l’economia, come asseriva Marx nel “IL Capitale”, ma l’individuo con i suoi valori e diritti inalienabili. Si replica all’Eliseo fino al 30 ottobre.

Susanna Donatelli

di:
David Mamet
traduzione:
Luca Barbareschi
regia:
Sergio Rubini
con:
Sergio Rubini
Gianmarco Tognazzi
Francesco Montanari
Roberto Ciufoli
Gianluca Gobbi
Giuseppe Manfridi
Federico Perrotta
scene:
Paolo Polli
costumi:
Silvia Bisconti
luci:
Iuraj Saleri
musiche originali:
GIUSEPPE VADALà
produzione:
ELISEO – Teatro Nazionale dal 1918

 

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