Trieste, Teatro Stabile Sloveno, Sala del Ridotto, fino al 4 dicembre 2016
La scenografia ideata da Petra Veber per Solstizio d’inverno è essenziale, ridotta al minimo. In essa si muovono sei personaggi e la vicenda, che si svolge in un elegante appartamento di Berlino ai giorni nostri poco prima di Natale, è scandita esplicitando ripetutamente il passare delle ore.
Il testo, ideato dal regista e drammaturgo tedesco Roland Schimmelpfennig (1967) e messo in scena per la prima volta appena un anno fa al Deutsches Theater di Berlino non è convenzionale, perché gli attori dialogano pochissimo tra loro: ciò che dicono sono, per la maggior parte della durata dello spettacolo, delle didascalie: un po’ descrittive, un po’ monologo interiore, un po’ ricordi; potrebbero essere dette indifferentemente da uno qualsiasi fra loro senza che nulla cambi nella sostanza. È un meccanismo singolare, che sollecita l’immaginazione e porta naturalmente chi vi assiste ad un livello d’astrazione più alto, favorendo così la riflessione sui temi esposti, per niente banali. Sembra quasi un racconto drammatizzato, specchio di questa nostra era postmoderna: anche le battute vere e proprie non vengono sempre interpretate dal personaggio cui le si attribuirebbe seguendo il senso logico, ma nonostante tutti questi elementi, funzionali al significato profondo della pièce, che interrompono il regolare fluire della trama, rendono confusa la differenza tra pensiero e azione e che ricordano certi romanzi di Roland Barthes, quel che avviene è ben chiaro, perché gli attori della Compagnia Stabile del Teatro Municipale di Ljubljana, assieme all’attrice ospite Maruša Majer e a Tadej Pišek della Compagnia del Teatro Stabile Sloveno di Trieste riescono ad interpretare tutto questo con grande maestria.
Bettina, regista cinematografica (Maruša Majer) ed il sociologo, storico e scrittore Albert (Jure Henigman), ricevono senza entusiasmo la visita di Corinna (Judita Zidar), la madre di Bettina e non è per loro evidente per quanto tempo la donna abbia deciso di fermarsi. La figlia Marie (Živa Selan), di otto anni è invece felice dell’arrivo della nonna. Poco dopo giunge un ospite a sorpresa: Rudolf (Boris Ostan), un medico vissuto in Paraguay, nato lì da genitori tedeschi, conosciuto da Corinna qualche ora prima in treno nel viaggio che l’avrebbe portata dalla figlia. Ad essi si unirà poi Konrad (Tadej Pišek), amico d’infanzia di Albert e amante di Bettina. Albert tradisce a sua volta la moglie con la giovanissima Naomi (Živa Selan) che potrebbe essere sua figlia. Rudolf si insinua nelle loro vite, conquista ed affascina i presenti parlando di musica (alcuni brani sono indicati direttamente dall’Autore, altri opportunamente scelti da Branko Rožman) e di umanità, sfiorando e risvegliando il punto fragile di ognuno: in Corinna la giovinezza perduta, in Bettina la presenza incombente della madre, in Marie la mancanza di un nonno, in Konrad il bisogno di verità ricercata senza successo nell’arte pittorica; poi però inizia a fare discorsi purtroppo già sentiti: la supremazia di alcuni uomini su altri, la possibilità o addirittura il dovere di uccidere chi non sia degno di essere considerato un essere umano. Il legame e la solidarietà fra gli individui e fra loro e il trascendente rischia di spezzarsi proprio la Notte di Natale. In un’improvvisa nevicata la famiglia rischia di essere distrutta. Solo Albert ne coglie la pericolosità perché ha studiato (la sua libreria piena di libri sul Terzo Reich lo testimonia; ha analizzato a fondo quel periodo e ne ha pure scritto), ma non ha la forza per affrontarlo. Non servono i libri custoditi nella propria libreria, non basta aver affrontato la questione del passato in ogni sua sfaccettatura, non è sufficiente nemmeno essere consapevoli che di quel che è avvenuto non ci si libera, ma è necessaria la forza morale, la capacità di sentire al di là della dottrina. per riuscire a dire di no, per non voltarsi dall’altra parte quando chi amiamo è in pericolo. È necessaria la libertà di pensiero per vedere, riconoscere ed agire, per difendere ciò che ci è caro. E infatti, nell’ottimistica lettura di Juš A. Zidar , giovanissimo regista sloveno di gran talento, soltanto uno di loro ci riuscirà, l’unico personaggio fra loro veramente libero (o forse sono in due?…).
Siamo costantemente a rischio; la difficile riflessione è iniziata in Germania già verso la fine della Seconda Guerra Mondiale ed ha accompagnato la storia di quel paese senza interrompersi mai, consigliando di generazione in generazione, dentro e fuori dai loro confini, di restare sempre all’erta, perché non siamo e non saremo mai veramente al sicuro. Noi, lo stiamo facendo?
Paola Pini
Trieste, Teatro Stabile Sloveno, Sala del Ridotto
con sovratitoli in italiano
Roland Schimmelpfennig
SOLSTIZIO D’INVERNO – ZIMSKI SONČEV OBRAT
(Wintersonnenwende)
In prima assoluta in lingua slovena
Produzione: Teatro Stabile Sloveno di Trieste e Teatro municipale di Ljubljana
REGIA: Juš A. Zidar
Traduzione: Urška Brodar
Dramaturg: Eva Mahkovic
Con:
Jure Henigman
Maruša Majer
Judita Zidar
Boris Ostan
Tadej Pišek
Živa Selan
Scene e light design
Petra Veber
Costumi
Mateja Fajt
Musiche e maestro concertatore
Branko Rožman
Assistente alla regia
Maša Pelko
Consulente linguistico
Martin Vrtačnik
Foto
Peter Giodani
Scene e costumi realizzati nei laboratori del Teatro municipale di Ljubljana
venerdì 25 novembre ore 20.30/ sabato 26 novembre ore 20.30/ domenica 27 novembre ore 16.00
giovedì 1 dicembre ore 20.30/ venerdì 2 dicembre ore 20.30/ sabato 3 dicembre ore 19.00/ domenica 4 dicembre ore 16.00