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4 5 6 di Mattia Torre. Cinismo domestico

Data:

Al Teatro Ambra Jovinelli, fino al 12 febbraio 2017

Si chiude la monografia dedicata dal Teatro Ambra Jovinelli e la Nuovo Teatro a Mattia Torre, uno degli autori contemporanei più interessanti e multimedia, spalmato su TV, teatro, cinema e letteratura. 456 è il terzo ed ultimo spettacolo in cartellone, dopo Migliore e Qui e Ora. Un modo per annunciare ai teatromani un progetto di sicura gestazione, che vedrà la luce il prossimo anno. Sarà trasversale. Appunto.

Nell’attesa, si è pensato bene di fare un recap dei testi torriani, claustrofobici, spregiudicati, domestici. Il 4 5 6 è una sana alternativa al Festival di Sanremo. Nella settimana in cui il Paese si ritrova a seguire la kermesse ligure, per poterne sparlare con cognizione di causa, una pièce teatrale ricorda quanto poco siamo uniti a televisore spento. Sempre più individui che persone, difficilmente si empatizza, non (ci) si ama. E, a voler trovare una causa, si potrebbe additare la precarietà, la diffidenza, la paura, la mancanza di comuni aspirazioni. 4 5 6 racconta come proprio la famiglia, da nucleo aggregante e di difesa dell’individuo, sia diventata cellula del conflitto: la famiglia che percepisce come ostile la società finisce con l’introiettare fobie e nervosismi, incarnando i valori più deteriori. Ne vien fuori una pièce sull’isolamento, sulla paura di vivere, un testo che immobilizza sul palco e che raggela in platea. Perché c’è un dopo-testo; il bislacco esperanto meridionale dei personaggi strappa scroscianti risate, eppure il retrogusto è amarissimo.

Questa famiglia è un grottesco accrocco di condannati, un terzetto di sopravvissuti, chiusi al mondo, in mezzo ad una valle oltre la quale sente l’ignoto, e lo teme. Padre, madre e figlio sono diffidenti perché ignoranti, e continuano ad ignorare l’alterità, per diffidenza. Si lanciano accuse, misantropi, ognuno dei tre rappresenta per gli altri quanto di più detestabile ci sia al mondo. La quotidianità è un campo minato, i tre sono ancorati al passato, di cui  rinverdiscono ricordi (il sugo eterno di nonna è sul fuoco da quattro anni). La madre è ossessionata dalla “tiella” prestata ad un funerale, il padre padrone tiranneggia, il figlio è esasperato dallo stagnamento, ché «non si può vivere solo di tielle e prosciutti», quindi prega Dio di liberarlo «dalla psicopatia degli insaccati, oppure muorimi.»

La svolta arriva proprio dal despota pater familias che decide – per tutti, ça va sans dire – di investire nel futuro, nell’unico potente certo lussuoso futuro che spetta ad un nucleo di nevrotici come loro [super spoiler da qui]: l’acquisto di tre loculi, il 4, il 5 e il 6, per potersi continuare a scannare anche nell’aldilà. È solo richiesto – leggasi “preteso” – un aiutino dai familiari, per imbonirsi il funzionaroide responsabile del cimitero: una cenetta per un gretto tanto miserabile da voler abbracciare la vita religiosa, pur di evitare il flagello delle tasse.

Spietatezza a vagonate. I protagonisti danno la giusta fisicità al dramma: Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino, Carlo De Ruggieri e Michele Nani sono così nella parte da risultare detestabili. Valida la regia dello stesso Torre, a muovere maschere di miseria condivisibile. Quei tre cecchini pronti ad autoeliminarsi potremmo essere noi; non a caso (?) gli attori entrano tutti dalla platea, trascinandosi sul palco, arpionano gli spettatori, li incollano al proscenio prima, ai pochi elementi della scenografia poi. Le scene minimaliste di Scanu riflettono le vite scarne che accolgono. Efficace anche il disegno luci di Barbati, con dei tagli che affettano l’anima. Da vedere.

Poi, ricordiamo che dallo spettacolo è stato tratto il libro “4 5 6 – Morte alla famiglia”, edito da Dalai. Casomai voleste “dirlo con un libro”, per San Valentino, agli amori più grandi della vostra famiglia.

Maria Vittoria Solomita

Drammaturgia e Regia: Mattia Torre

Assistente regia: Francesca Rocca

Con: Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino, Carlo De Ruggieri e con Michele Nani

Scene: Francesco Ghisu

Disegno Luci: Luca Barbati

Assistente ai movimenti scenici: Alberto Bellandi

Costumi: Mimma Montorselli

Produzione: MARCHE TEATRO/ Nutrimenti Terrestri/ Walsh 

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