L’utile insegnamento Goldoniano del valore della comicità nella commedia “Paola ed i Leoni”

Data:

Al Teatro Prati di Roma, fino al 30 aprile 2017

Nello spazio di via dei Gracchi, vicino Piazza Risorgimento, con un ritocco per esigenze tecniche al cartellone programmato in autunno, sta andando  in scena fino alla fine di aprile l’ultimo dei lavori preventivati “Paola ed i Leoni”, che si ispira in parte all’esperienza esistenziale vissuta dall’autore A. De Benedetti e dall’altro alla prosopopea del mondo politico ed alle mille disavventure cui vanno incontro gli scrittori che non hanno “santi in paradiso”. Il commediografo in questione, assai brillante e geniale nella sua versatilità, da cui il bravo ed elegante, disinvolto nella sua icastica recitazione, Gravina ha ripreso il primo ed ultimo spettacolo della stagione, nacque a Roma un anno dopo l’enciclica: RERUM NOVARUM di Leone XIII e cominciò a comporre intorno agli anni venti sia commedie che sceneggiature per i film del tempo dei telefoni bianchi fino a quando nel 38’, essendo d’origine ebraica, fu colpito dalle leggi razziali. Perciò non poté più comparire come autore o far rappresentare commedie con il suo nome fino alla liberazione e dovette ricorrere allo stratagemma dei prestanome, come ora fanno i mafiosi per il loro patrimonio intestandolo ad altri od i bancarottieri ed il mondo della finanza esportatore di capitali. Qui un povero romanziere e tragediografo, che ha avuto la disgrazia di vedersi sempre bocciati i copioni dai produttori,costretto a vivere in una soffitta, s’è infilato di nascosto nella casa dell’onorevole Leone esponente della destra borghese,che è sedotto da una pimpante ed attraente Paola giornalista della sponda opposta andata a casa sua per intervistarlo. Tanto lei è istruita ed affascinante con aria mondana quanto lui è grottescamente ridicolo nelle sue focose galanterie ed arti amatorie,  avances, per cui ella si prende gioco di lui e lo tratta come un insulso ed inetto personaggio sveviano.Intanto il “presunto topo d’appartamento” viene scoperto e minacciato con la pistola dal politico che tuttavia s’impietosisce allorché scopre che non vuole mangiare ma solo saziare la sua fame arretrata. Di fronte all’apparente autorità e prestigio dell’onorevole che vuole darsi una certa dimensione culturale di fronte alla giornalista, lo scrittore in incognito pensa di sfruttare l’opportunità e far firmare da lui i suoi testi. Da qui scaturiscono una serie di colpi di scena in quanto l’autore diventerà sempre più esigente emendando i suoi lavori e l’onorevole, in cui si può scorgere una caricatura dell’attuale on.Razzi, abruzzese, come fa il beffardo Crozza e parecchi altri parlamentari, ha il cervello piccolo che non regge davanti a molteplici personaggi e non sa dirigere gli attori, dare didascalie ai registi e tener testa alle interviste curiose dei mass media. Paola, sollecitata da sì enorme clamore teatrale, torna a casa dell’onorevole, mossa dall’entusiasmo culturale per una connotazione ipertestuale dei copioni ed approfondimento psicologico dell’identità dei protagonisti. Qui anche il commediografo è  mosso dalle sue procaci fattezze ed avverte una simpatia istintiva ed affinità elettive,per cui medita di rientrare nei suoi panni ridimensionando l’onorevole, che intanto si tradirà nella camera da letto. Come e perché Paola accetterà l’invito a cena di Leone che prima aveva sdegnosamente rifiutato? Che  c’entra un numero di telefono appuntato dallo scrivano? A voi intuire, scoprendo il finale didascalico ancor’oggi. Accanto allo strepitoso Gravina si muovono eccellentemente sul palco i sinergici ed empatici interlocutori dei serrati dialoghi sornioni e brillanti: Laura Monaco come l’intrigante Paola e Giovanni Carta quale scaltro ed opportunista poeta nella parodia del Cyrano di Rostand. Lo spettacolo è andato in scena il 17 marzo e si replicherà sino al 30 aprile 2017.

Susanna Donatelli

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