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Il monologo di Novecento su misura per un attore speciale

Data:

Al Teatro Filodrammatici di Milano, dal 28 al 2 aprile 2017

Non capita mica tanto spesso agli attori, anche se importanti.

Non capita spesso che un autore, in questo caso Baricco, dichiari esplicitamente nella prefazione del suo romanzo Novecento di aver scritto il testo “… per un attore, Eugenio Allegri, e un regista, Gabriele Vacis”.

Siamo andati dunque ad assaporarlo questo riadattamento, in scena al teatro Filodrammatici di Milano dal 28 marzo al 2 aprile.

Abbiamo assistito a una importante prova di bravura. Quasi due ore in splendida solitudine sul palcoscenico. Un monologo senza il sostegno di interlocutori né di particolari soluzioni scenografiche. Una magnifica prova per chi, come Eugenio Allegri, può dispiegare un ampissimo spettro di variazioni di tono, di voce, di gestualità, di registri recitativi.

La storia è fascinosamente surreale.

Il trombettista Tim Tooney racconta la storia di un neonato che venne abbandonato sul transatlantico Virginian nel corso di uno degli innumerevoli viaggi avanti e indietro tra Europa e America, trasportando miliardari, emigranti e gente qualsiasi. Adottato da un aitante marinario nero, da quella nave, anche ormai fattosi grande, non vorrà scendere mai. Eppure magicamente imparerà a diventare un pianista formidabile, in grado di competere primeggiando persino con il più grande pianista (di terraferma): l’Inventore del Jazz. Nei 32 anni vissuti sul mare, Novecento (questo uno dei suoi tanti nomi, in celebrazione del suo nascere all’inizio del secolo) semplicemente “ha continuato a suonare una musica che non esisteva”.

E negli occhi, nelle espressioni e nei racconti dei passeggeri ha saputo cogliere gli infiniti dettagli di innumerevoli parti di un mondo che, pur non avendo mai visto di persona, è in grado di descrivere alla perfezione.

Una notte, nell’oceano in piena tempesta, Novecento fa togliere i fermi al pianoforte. E suona. Sulla scena c’è solo un piccolo modellino di pianoforte appeso a un filo, che dondola sul palco. Null’altro, se non la propria duttilità attoriale ha avuto a disposizione Allegri, che tuttavia ci ha fatto immaginare e vivere l’emozione di un pianoforte a coda che percorre a tutta velocità e a tutta musica l’immenso salone delle feste, come guidato da Novecento.

In coda alla piece, un lungo monologo affidato questa volta ad una voce fuori scena che, anche per via dell’assenza di un corpo fisico, incespica in tutte quelle insidie che Allegri ha saputo così bene e così a lungo evitare: monotonia, scarsa fruibilità, piattezza, limitata comunicatività.

Peccato. Allegri avrebbe meritato una chiusura in crescendo. Non sono mancati, tuttavia, i meritatissimi tributi di apprezzamento.

Guido Buttarelli

 

Novecento di Alessandro Baricco
con Eugenio Allegri
sulla base dello spettacolo di Gabriele Vacis, Lucio Diana e Roberto Tarasco
produzione ArtQuarium

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