Andrea Baracco e Glauco Mauri reinterpretano il mito di Edipo

Data:

Al Teatro Verga di Catania, fino al 30 aprile 2017

La Compagnia Mauri-Sturno porta in scena al Teatro Stabile di Catania Edipo, una rilettura delle due opere di Sofocle, nella traduzione di Mauro del Corno; «Edipo re» per la regia di Andrea Baracco con protagonista Roberto Sturno ed «Edipo a Colono» con Glauco Mauri nella doppia veste di attore e regista.

Il dramma così com’è concepito da Baracco e Mauri, con due visioni teatrali diametralmente opposte, regge alle differenze grazie alla consequenzialità testuale e temporale. E’ l’aspetto della metamorfosi, che negli anni interesserà il personaggio eponimo, a costituire il filo conduttore delle due concezioni. Se l’Edipo di Sturno è pervaso dall’ira, sentimento che cresce durante tutto lo spettacolo toccando il picco massimo nel momento in cui si acceca, nell’Edipo a Colono, Mauri racconta la stanchezza di un uomo che giunto al termine della sua vita cerca pace per le sue figlie e un luogo dove, dopo la morte, avere degna sepoltura.

Il lavoro di ricerca, dunque, pone al centro della scena i sentimenti e le pulsioni dei personaggi che nonostante tutto sono vittime del destino e del volere implacabile degli dei.

Certamente la Tebe immaginata da Baracco non è usuale, lo spettatore si troverà di fronte ad una città desolata, tanto che il coro è ridotto a un solo attore, un intenso Ivan Alovisio; mentre la ruggine corrode le mura metalliche della reggia dei Labdàcidi e il deserto tutt’intorno occupa la scena. La tensione per le sorti del Paese è amplificata da una musica sorda (elemento curato da Giacomo Vezzani) che rileva alcuni momenti topici e dall’acqua che ristagna al centro del palcoscenico.

L’elemento acquatico è il simbolo della colpa di cui Edipo si è macchiato con l’uccisione del padre, quella stessa colpa che lo perseguita e che come un morbo infetta la città. E difatti nel momento in cui la moglie Giocasta (Barbara Giordano) avrà la netta consapevolezza che il marito è anche il figlio, che a lungo aveva creduto morto, tenterà di lavare via con quell’acqua putrida il suo inconsapevole errore.

Il rimorso sarà talmente grande, nonostante più volte se ne affermi la casualità, che alla fine la regina s’impicca in una scena immaginata da Baracco con una tetra poesia che ammalia l’occhio, mentre due lunghi lembi di tessuto fasciano il collo di una Giocasta svestita che si avvia verso gli inferi. Nella disperazione, Edipo non sceglie la via della morte ma quella della penitenza, accecandosi con le spille che ornano il vestito dell’amata madre/moglie.

L’eroe che con la sua intelligenza aveva risolto l’enigma della Sfinge è ridotto ora a un misero uomo, che annovera tra i suoi crimini anche quello della tracotanza. Eppure prima di arrivare alla somma verità Edipo, si era trovato davanti molti personaggi che avevano tentato di squarciare dai suoi occhi il velo che ne offuscava la vista. Dapprima era toccato all’indovino Tiresia (Glauco Mauri), le cui parole risuonarono invano nelle orecchie del re, poi fu la volta delle rivelazioni dell’uomo di Corinto, uno straordinario Mauro Mandolini, confermate dal pastore di Laio, Paolo Vezzoso, con le quali giunge la consapevolezza.

Edipo ReCreonte è, invece, un moderno damerino, la cui unica preoccupazione è mantenere il suo status, anche se dopo la terribile accusa che gli è mossa da Edipo e la successiva ascesa al potere lo vedremo trasformarsi in un tiranno vendicativo.

Rispetto all’Edipo re, Glauco Mauri tiene fede ad un impianto registico tradizionale, nel quale non mancano interessanti escamotage, come quello di tenere tutti i personaggi in scena e svelarli pian piano. L’attenzione si focalizza al centro del palcoscenico, dove in una cornice priva di orpelli quello che resta è la parola nuda. Prossimo alla morte, accompagnato nel suo errare solo dalla figlia Antigone, Barbara Giordano, la quale ci sembra più a suo agio nel mostrare tutto il suo compassionevole amore filiale rispetto al ruolo di Giocasta, per il quale è ancora troppo acerba, nonostante l’eleganza e la grazia che la contraddistinguono, soprattutto a causa della giovane età; Edipo trova la protezione del re d’Atene (Laurence Mazzoni), che anziché scacciarlo gli accorda protezione e ospitalità. Intanto Ismene (Laura Garofali) raggiunge il padre per riferire quanto sta accadendo a Tebe e cioè che il fratello minore Eteocle vuole spodestare Polinice (Ivan Alovisio). L’oracolo ha predetto che solo colui il quale otterrà l’appoggio paterno vincerà. Giungono poi Creonte (Mauro Mandolini) e lo stesso Polinice, ma sarà Atene la tomba scelta da Edipo che in un luogo sconosciuto a tutti, ad eccezione di Teseo, troverà la pace che in vita non ha avuto. La morte di Edipo per scelta regista è letta dagli attori che sono posti tutt’intorno al testo, nel frattempo che Mauri chiude il sipario in sottofondo si può ascoltare la toccante musica composta da Germano Mazzocchetti.

 Oltre alla scena Marta Crisolini Malatesta firma anche i costumi che arricchiscono ulteriormente il lavoro e nei quali prevalgono le tonalità del grigio e del nero con tessuti che a tratti ricordano la pelle e la plastica. La leggerezza dell’abito di Giocasta sembra cozzare con le rigide uniformi indossate dagli altri attori eppure per questa sua diversità è semplicemente meraviglioso, non solo quando accompagnando i movimenti di Giocasta fluttua sulla scena ma ancor di più quando zuppo sembra opprimerne il corpo. Tiresia è invece avvolto da un lungo cappotto in velluto cangiante verde/giallo mentre il cappuccio di una felpa nera gli copre il capo.

Di tutt’altra foggia gli abiti usati per l’«Edipo a Colono», dove le tuniche lunghe e i tessuti grezzi spiccano su una scenografia lineare composta da cubi bianchi e tre pannelli sullo sfondo. Il colore è usato a macchia, come per il soprabito di Edipo sfumato tra il viola porpora e il violetta. Il vinaccia è invece utilizzato per il costume di Antigone mentre Ismene ha un lungo abito azzurro intenso con un mantello crema. Creonte ha addosso una tunica nera, realizzata con un tessuto pesante dalla particolare lavorazione a trama grossa mentre sono coperti da lunghi mantelli écru i custodi del bosco sacro delle Eumenidi, tra i quali si cela lo stesso re Teseo.

Uno spettacolo che mantiene intatto il fascino dell’universalità del contenuto, dove ogni elemento artistico ne arricchisce l’insieme. Glauco Mauri è indimenticabile sia nei panni di Tiresia sia in quelli di Edipo, così come Roberto Sturno, entrambi supportati da un cast d’attori altrettanto degni.

Laura Cavallaro

Compagnia Mauri Sturno
Regia
Edipo Re Andrea Baracco
Edipo a Colono Glauco Mauri
Interpreti
Edipo Re
Edipo Roberto Sturno
Tiresia Glauco Mauri
Giocasta Barbara Giordano
Coro Ivan Alovisio
Donna Laura Garofoli
Uomo di Corinto Mauro Mandolini
Creonte Roberto Manzi
Messo Laurence Mazzoni
Pastore di Laio Paolo Benvenuto Vezzoso
Edipo a Colono
Edipo Glauco Mauri
Antigone Barbara Giordano
Messo Roberto Sturno
Polinice Ivan Alovisio
Ismene Laura Garofoli
Creonte Mauro Mandolini
Uomo di Colono Roberto Manzi
Teseo Laurence Mazzoni
Scene e costumi
Marta Crisolini Malatesta

Musiche “Edipo a Colono”

Germano Mazzocchetti

Elementi sonori “Edipo Re”

Giacomo Vezzani
Video
Luca Brinchi, Daniele Spanò
Foto di scena
Manuela Giusto

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