Venerdì 15 settembre 2017 all’Opera di Firenze
Una scenografia semplice ma incisiva saluta questa intensa ed emotiva “Madama Butterfly” all’Opera fiorentina, con un allestimento riuscito e che ci ha lasciato soddisfatti. La scena di Tiziano Santi s’ispira ai dipinti dell’Artista giapponese Ogata Korin, dove si ravvisano le simmetriche geometrie tipiche dei suoi lavori. Sullo sfondo vediamo dei pannelli, che poi, aprendosi, ci catapultano in un mondo magico, mostrandoci in profondità un panorama contraddistinto da un ponte, dal mare e dalle imbarcazioni. È questo il luogo in cui la protagonista attende invano il rientro di Pinkerton, il quale, come si sa, al suo ritorno non si mostrerà alla donna, riapparso con la moglie americana per sottrarre a Butterfly la sua ultima fonte di vita: il figlio avuto da lui. Il mare si riempie di lanterne luminose nel primo atto, quello dell’idillio amoroso tra i due, ma poi diviene oscuro e tetro nei restanti due, che riguardano la decadenza di Cio-Cio-San, che infine, piuttosto alla vita di geisha, preferisce la morte, uccidendosi con la sua katana.
I cantanti sono abbigliati con costumi di Tommaso Lagattolla, in linea con lo stile di fine ‘800 e che si amalgamano molto bene alla scenografia.
Sul palco troviamo la presenza di un bravo Antonio Gandia, nei panni di un Pinkerton altalenante, prima pienamente innamorato e ammaliato da Butterfly, poi, dopo la sua assenza dal Giappone per tre anni, ritornato con l’intento di riprendersi suo figlio. Gandia è allora bravo a oscillare tra due personalità differenti, l’una, quella del primo atto, lirica, ispirata, ammaliata, incantata dall’oggetto del suo desiderio. Qui il timbro è sicuro ed emozionante, mentre diventa più insicuro nel terzo atto, dove il tenore s’immedesima nella personalità dell’ufficiale americano di marina, che si trova in un conflitto di sentimenti.
Donata D’Annunzio Lombardi, Butterfly, era entrata sul palco un po’ timida, ma non appena ha riscaldato la voce è venuta fuori la sua grande interpretazione di una donna resa donna dagli eventi della vita, ma che in realtà è solo una ragazzina, una “bimba”, come cita lo stesso libretto: quindici anni all’inizio dell’opera, diciotto anni alla sua morte. La giovane è fragile, a lei non è rimasto più niente, prima rinnegata dalla famiglia e poi dal suo amato, che alla fine le sottrae anche il figlio. Una vicenda tragica e una personalità inevitabilmente tragica, dove la soprano riesce a giocare bene tra l’ingenuità dell’età e la drammaticità dovuta agli eventi dell’esistenza. Il suo timbro è sonoro, è un piccolo uccello che canta e che nonostante la sua giovane età sa già che la sua vita è segnata e questa angoscia si percepisce fin dal primo atto, quando, sotto un’apparente felicità dovuta all’inizio dell’amore, si cela già il lato oscuro che verrà alla luce.
Buona prova anche degli altri cantanti, tra i quali cito Annunziata Vestri nei panni di Suzuki, la fedelissima di Butterfly, la quale non l’abbandona neanche nel momento della morte. La Vestri interpreta al meglio il ruolo, partecipando alla tragicità della protagonista e della vicenda.
Organica la regia di Fabio Ceresa, dove cantanti, buca e scena reagiscono bene tra di loro, per questo soggetto, forse il più astratto musicato da Puccini, che accanto al piano tragico ha voluto raccontare musicalmente vicende che difficilmente possono essere avvicinate al piano reale.
Dal punto di vista musicale, ottima la prova del Maestro Francesco Pasqualetti alla guida dell’Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino. I musicisti rispettano la partitura pucciniana e ne fanno un flusso di note continuo che tiene lo spettatore inchiodato sulla sua poltrona. In questa opera definisco Puccini un “Wagner dolce”, proprio perché, come il compositore tedesco, non si cerca in questo caso l’aria d’effetto, ma una tensione musicale complessiva che crei in sala un’intensità viscerale ed emotiva, cosa che l’orchestra ci ha offerto in pieno, rendendo possibile, al pari degli altri elementi di cui si è parlato, la riuscita della serata.
Stefano Duranti Poccetti