Roma, Teatro Eliseo. Dal 7 al 26 novembre 2017
Il mondo è al rovescio nella caustica, spietata analisi della scrittura di Mamet, dal 7 al 26 novembre al Piccolo Eliseo con Il Penitente? Oppure il drammaturgo statunitense non fa altro che alzare un grande specchio davanti al palcoscenico? La comunicazione, il perverso gioco della comunicazione, la spiritualità in relazione con la società in cui si vive, i meccanismi non meno pericolosi della giustizia, si, ma soprattutto il marciume del comune sentire. Quello di tutti noi, talmente anestetizzati ormai, da non percepire più l’assurdità dell’andamento del mondo e, incredibile ma vero, da essere infastiditi dall’insistenza con cui si difende una posizione di integrità. Diciamola tutta, senza falsi moralismi: la figura del penitente, interpretata da Luca Barbareschi sul palcoscenico, è fastidiosamente petulante nell’insistere a difesa della sua onestà intellettuale. Gli si sgretola la famiglia, viene isolato, messo all’angolo, quando potrebbe benissimo accettare che il tempo sgonfi il caso, e insiste invece nel tenere la schiena dritta! Che assurdità, che pazzia.
Uno psichiatra è in piena crisi professionale ed esistenziale dopo aver rifiutato di testimoniare a favore di un paziente accusato di aver compiuto una strage. Sbattuto in prima pagina a seguito di un errore di trascrizione del giornale, accusato di omofobia, tutto intorno a lui sembra reclamare la sua capitolazione. La verità è altra, ma il “comune sentire” reclama il suo agnello sacrificale. Il povero “penitente” subisce una vera e propria inquisizione, attaccato da ogni direzione, anche da quella che dovrebbe essere l’unico porto sicuro, rappresentata dal calore familiare. Lo psichiatra Charles, sua moglie Kath (Lunetta Savino), l’amico avvocato Richard (Massimo Reale) e un incalzante pubblico ministero (Duccio Camerini), sono i quattro personaggi dell’ultimo lavoro di David Mamet. Quattro attori, otto scene, un tavolo e due sedie, contornati da una scenografia moderna, multimediale, che rimanda a casi di cronaca eclatanti ed alla scrittura della Torah. A Mamet basta poco (la scenografia è quasi un di più, ma bellissima) per mettere alla berlina tanto della società attuale occidentale, non solo americana. Due attori in ogni singolo quadro degli otto complessivi, quasi otto incontri di boxe, un ring in cui il combattimento si svolge con la moglie, con il proprio avvocato e con la pubblica accusa, fino al finale a sorpresa. Il politicamente corretto e la verità. Indovinate chi vincerà.
Terza opera di David Mamet che approda all’Eliseo in due stagioni, dopo Americani (Glengarry Glen Rose) e American Buffalo dell’anno scorso, scritta nel 2016 e al debutto in Italia al Napoli Teatro Festival a luglio 2017, Il Penitente è un testo certamente di accusa verso la società che ci siamo costruiti, in cui tutto può essere utilizzato al fine di raggiungere o avvalorare una posizione, religione compresa, poco importa se corretta o meno. L’uomo “buono” è la vittima, paradossalmente il mostro, intorno al quale ruota il mondo capovolto, di cui tutti facciamo parte. Luca Barbareschi, Lunetta Savino, Massimo Reale e Duccio Camerini riescono a mettere in scena le atmosfere essenziali della particolarissima scrittura di Mamet, non facile da rappresentare, e che necessitato di un buon rodaggio nelle tempistiche. Spettacolo che può sicuramente crescere. Da vedere e, possibilmente, rivedere per apprezzarne le sfumature.
Paolo Leone