A tu per tu con Linda Fratini. Fare cinema nell’era digitale

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Linda Fratini è una giovane regista, al momento di cortometraggi, ma chissà che in futuro non vedremo anche un suo lungo. La sua ultima opera è “Spiderboy”. Linda ci parla di questo e di molto atro…

Ciao Linda, innanzitutto, come ti presenteresti brevemente ai nostri lettori?

Come mi presento?! Non sono così brava con le presentazioni, però ci provo. Sono una regista di cortometraggi, per adesso. Spero presto di fare il grande salto e di passare al lungo. Nonostante tutto non riesco a concepire questo mestiere come un lavoro vero e proprio ma piuttosto lo vivo come se fosse una vocazione, come se avessi ricevuto una “chiamata” che porto avanti con un’inclinazione molto naturale. Mi sono resa conto che anche i miei progetti arrivano in modo assolutamente spontaneo e sincero, come se fossero delle tappe necessarie nella mia vita. Ho realizzato tre cortometraggi e in questo momento ho iniziato a dedicarmi a nuovi progetti che svilupperò nel 2018, almeno spero.

Linda 1“Radio Kaos”, cosa ti dice questo titolo?

“Radio kaos” è una storia d’amore, è la storia d’amore che tutti vorremmo avere, quella del “per sempre”, ma è anche la storia d’amore che non riesce a svilupparsi. È la tragedia di “Romeo e Giulietta” nel nostro tempo. “Radio Kaos” è il secondo cortometraggio che ho realizzato, è un piccolo lavoro che tratta la tematica del caso e delle scelte. Partendo dalla teoria del caos ho sviluppato una storia che, attraverso alcuni contrattempi, incrocia il destino dei tre protagonisti arrivando a legarlo per sempre. Ha partecipato a molti festival, Italiani e internazionali, è stato in selezione ufficiale anche allo Shelburne Falls Faboulous Fringe Fest in Massachusetts e in semi finale al Miami Epic Festival. Proprio adesso è in selezione ufficiale al Festival VideoBabel in Perù.

Poi arrivi a un progetto nuovo: “Spiderboy”, puoi parlarmene?

“Spiderboy” è il mio ultimo cortometraggio, tratta la tematica della diversità attraverso gli occhi di due bambini di 9 anni: Mattia ed Amira. I due piccoli protagonisti, entrambi esclusi dal gruppo per cause molto gravi, subiscono le molestie dei bulli della scuola. Ma attraverso una solida alleanza si riscattano e riescono a ribaltare la situazione iniziale. Il finale, senza far la morale o arrivare ad un happy ending,  capovolge i ruoli e i bulli capiscono che la diversità non è un ostacolo ma una forza, è qualcosa di unico. E l’unicità  è bellezza. Io credo che, In fondo, la diversità sia ciò che rende il mondo un posto migliore dove vivere.

Tra l’altro questo lavoro sta avendo molto successo e si trova continuamente in giro per il mondo!

Sì, è vero, sta partecipando a molti festival e soprattutto all’estero, in pochi mesi è stato in selezione in 50 diversi festival, tra i quali l’Auburn International Film Festival for Children and Young Adults a Sydney e il Festival Cine Libre International a Fredonia, in Colombia. E poi in Africa, in Cile, in Inghilterra, in Russia, in India e in molti altri paesi. È anche stato tradotto in 6 diverse lingue e questo per me ha un grande significato. Spero che ne arriveranno altri di festival ma comunque sono già soddisfatta così. Ha quasi fatto il giro del mondo!

Linda 4Se ti chiedessi: avresti preferito fare cinema negli anni ’60 oppure ai giorni nostri, come risponderesti?

Devo dire che gli anni ’60 del cinema sono nel mio cuore. Un po’ perché sono una nostalgica, un po’ perché in quegli anni hanno vissuti alcuni grandi autori che amo moltissimo, un po’ perché il fermento cinematografico dell’epoca aveva tutto un altro sapore. Inoltre, la guerra o meglio le guerre avevano sviluppato nell’artista dei sentimenti profondi toccando delle corde intime dell’essere umano che oggi non possiamo capire. E comunque mi sarebbe piaciuto vivere in quegli anni anche solo per il fatto che si giravano i film in pellicola, purtroppo o per fortuna io sono figlia del digitale, che a dir la verità ci ha anche aiutato, però… paradossalmente, proprio perché la macchina da presa è più accessibile, oggi corriamo il rischio che il contenuto del cinema diventi la macchina da presa stessa, come se fosse il fine invece che un mezzo per… Spesso ci dimentichiamo del contenuto di un’opera per dare spazio alla tecnica. Ma i tempi sono questi e io cerco di viverli e sfruttarli al meglio, in fondo ogni epoca ci regala qualcosa di veramente grande, la cosa importante è avere la sensibilità di saperla raccontare.

E adesso? In mente altri progetti?

Sì, proprio adesso ho iniziato a lavorare a nuovi progetti. In realtà sono ancora all’inizio però credo che nel 2018 riuscirò a svilupparne almeno uno, o forse anche più di uno tra   nuovi corti, un documentario e anche un film. Ma di questo ne parleremo più avanti.

Stefano Duranti Poccetti

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