In “28 battiti” lo sport si mostra ardente e drammatico

Data:

Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sala Bartoli. Dal 6 all’11 febbraio 2018

Il denso testo di Roberto Scarpetti è reso vivido dalla voce di Giuseppe Sartori e i suggerimenti offerti dalle immagini poetiche, che ogni tanto intervengono sullo sfondo accompagnate da appropriati interventi musicali, fanno apparire il racconto reale, chiaro e nitido: sono mani, braccia gambe che si muovono e che, trasparenti, mostrano paesaggi di montagna disabitati o alpeggi, spiagge e stadi affollati.

La scena è spoglia: una sedia, uno sgabello e una scrivania, sulla quale sono appoggiate provette contenenti un liquido rosso, evocano un ambulatorio medico; intorno ad essi l’attore si muove senza fermarsi quasi mai e il palcoscenico diventa così uno spazio per una marcia dal passo inesorabile che si armonizza in modo energico ed emotivamente forte con quello della voce.

28 battiti” si ispira alla storia di Alex Schwazer, il marciatore italiano nato a Vipiteno il cui ritmo cardiaco a riposo è di 28 pulsazioni al minuto; vinse molto (nel 2008 anche la 50 chilometri alle Olimpiadi di Pechino), ma fu successivamente squalificato per doping nel 2012 prima e nel 2016 poi.

A partire da questo spunto il vivace monologo è una riflessione acuta e netta su quel che può muovere una persona di fronte alle aspettative di chi gli sta vicino, alle pressioni dell’ambiente che si trova a frequentare, alle lusinghe della fama quando si uniscono al desiderio personale di andare oltre ai propri limiti. Ci si lascia trascinare dalla corrente, si delega ad altri le decisioni per la propria vita, si accetta di essere guidati “come mucche al mattatoio” e i media fanno il resto.

I molteplici stimoli ricevuti da più parti possono confondere al punto da non riuscire più a comprendere cosa si vuole per se stessi.

Dall’altra parte le sensazioni fisiche si legano a quel che l’allenamento in montagna ispira e nella solitudine il ritmo permette di “vedere il vento” di diventare “niente, montagna, ossigeno, sangue”. Nel silenzio dei monti si genera la possibilità di interrogarsi sulla propria natura, sul desiderio irrealizzato di continuare con il rugby perché è un gioco e si sta in compagnia, mentre l’atletica è noiosa, non si possono condividere con altri vittorie e sconfitte e da ragazzini si odia stare da soli. Poi, poco a poco, si impara a restare isolati e la montagna, di nuovo è un esempio solido, aiuta ad accettare che le regole della propria vita siano decise da altri, il sonno come l’alimentazione gli amori o le amicizie. Avviene che il tempo libero non esista più perché tutto è in funzione della prossima gara e c’è sempre una prossima gara; si impara a non desiderare nemmeno più il contatto fisico, un abbraccio o quel che per gli altri è normale, come andare a una festa o bere una birra, far tardi o restare tutto il giorno sul divano.

Giunge il momento in cui tutto ciò non basta più e ci si sente sempre di più rinchiusi in una gabbia, privati della propria vita. Si desidera un lavoro normale e un’esistenza più semplice, ma non si sa come fare, anche perché si scopre molto presto che gli altri, quando aiutano, vogliono sempre qualcosa in cambio e ci si abitua a non fidarsi di nessuno, a diventare chiusi, inaccessibili, isolati…come le montagne sempre presenti in questa ardente narrazione, vicine e amate: loro non chiedono niente.

Ma, ad un certo punto, avviene qualcosa. Si è battuti da qualcuno che bara, che usa sostanze proibite per aumentare le proprie prestazioni e la possibilità di una via d’uscita si insinua prima in modo quasi impercettibile e poi sempre più forte: la decisione, impossibile da prendere da soli, viene delegata ancora una volta ad altri.

La squalifica è certamente dura da affrontare, ma apre le porte alla libertà; si trova “nel sangue il coraggio per arrendersi”: le analisi che inchiodano e portano alla squalifica possono essere viste come benefiche in un simile contesto.

Grazie ad esse si può tornare finalmente a marciare solo per se stessi, ritrovare la propria natura nel ritmo “sulla cresta delle montagne fra cielo e terra dove, in quel cielo, tutto scompare.”

Paola Pini

Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Sala Bartoli
Dal 6 all’11 febbraio 2018
28 battiti
Di Roberto Scarpetti
Regia di Roberto Scarpetti
Assistente alla regia Elisabetta Carosio
Con Giuseppe Sartori
Scene e video di Luca Brinchi e Daniele Spanò
Movimenti di Marco Angelilli
Live video di Maria Elena Fusacchia
Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale

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