Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sala Assicurazioni Generali. Dal 4 all’8 aprile 2018
È curioso vedere a teatro una commedia di Woody Allen e l’adattamento, il primo in assoluto, realizzato da Monica Guerritore per “Mariti e mogli”, sorprende e convince perché riesce a coniugare molto felicemente il cinismo arguto dell’autore statunitense con quello più crudo e meno giocoso di Bergman o di Strindberg, aggiungendovi tanta delicata poesia che ben si sposa con le musiche di Louis Armstrong ed Etta James, scelte con grande sensibilità.
La tempesta, che infuria all’esterno di una sala da ballo con tuoni potenti, si calma per un po’ per poi riprendere con maggior forza, rispecchia quel che avviene al suo interno fra gli otto personaggi, un gruppo molto ben caratterizzato e perfettamente orchestrato: Sally (Monica Guerritore), decisa, colta e intellettualmente vivace e Jack (Pietro Bontempo), che sta vivendo la classica crisi maschile di mezza età comunicano subito al gruppo la decisione di separarsi, apparentemente di comune accordo, lasciando nello sconcerto la coppia di amici Judy (Francesca Reggiani), impiegata presso una rivista d’arte e Gabe (Cristian Giammarini), scrittore e docente universitario di letteratura.
Entrano ed escono di scena gli altri personaggi attraverso una porta girevole o passando attraverso un corridoio: il prestante e coinvolgente Michael, collega di Judy (Enzo Curcurù), la svampita ed esperta di aerobica, astrologia e burlesque Sammy (Lucilla Mininno) e Malvina Ruggiano (Rain), giovane allieva di Gabe, tutti attratti da persone più anziane di loro; ad essi si aggiunge il “signor” Paul (Angelo Zampieri), spettatore involontario delle vicende degli altri.
Le relazioni si intrecciano e si sciolgono, rispecchiando con acume e garbo la nostra società e le umane debolezze e fragilità, unite alla capacità di passare oltre alle crisi nei modi più svariati.
La maestria di Monica Guerritore si esprime in tutta la sua evidenza innanzi tutto sul palcoscenico, dando al proprio personaggio un’interpretazione leggera e divertente e al contempo ricca di sfumature di gran classe. Ad essa si aggiunge l’indubbia attenzione con cui ha saputo adattare la sceneggiatura cinematografica originale propostale con lungimiranza da Francesca Reggiani e ambientata in diversi luoghi di Manhattan, che qui è racchiusa in un unico ambiente cui sono state date molteplici funzioni, presenti ma in modo sfumato.
Le scene si susseguono senza soluzione di continuità con particolare cura nella gestione dei tempi e ai personaggi scelti è stata affidata l’integrazione narrativa di quelli non presenti (gli anziani amanti passati di Rain, quella mitica di Gabe), innescando così una serie infinita di battute dal ritmo incalzante che fanno ridere di gusto o sorridere, lasciandoci tracce di amaro nel compatimento solidale verso chi si trova in questa o quella situazione, generato dal riconoscimento di tanti esempi osservati nei vicini, negli amici o vissuti da noi stessi.
C’è tanta America, è ovvio, ma ad essa si inserisce un soffio europeo che permette di far tornare a casa con grazia lo spirito yiddish dagli opposti coincidenti, ricco di amore ma anche di lieve crudeltà di cui Woody Allen si nutre e che anche grazie a lui tutti noi conosciamo molto bene.
Paola Pini