Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sala Assicurazioni Generali. Dal 10 al 15 aprile 2018
Un altro spettacolo d’eccellenza viene proposto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.
È “Dirty Dancing”, il musical che Eleanor Bergstein ha tratto dall’indimenticabile film da lei stessa ideato nel 1987 e vincitore di numerosi premi, tra i quali il Golden Globe e l’Oscar per la miglior canzone: “(I’ve Had) The Time of My Life”.
La regia di Federico Bellone funziona ed è apprezzata sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori al punto da essere stata adottata come versione ufficiale nelle produzioni europee e al di là dell’Oceano. La recente visione nello stesso teatro dell’allestimento britannico di “Sunset Boulevard” e la possibilità di un confronto diretto con quel che viene pensato per il West End di Londra permette di riconoscerne ancor meglio i meriti.
Le curate e tecnicamente perfette scenografie di Roberto Comotti fanno da sfondo e da ambientazione alla vicenda e ben si integrano con il disegno luci di Valerio Tiberi e le proiezioni frontali che ora nascondono, ora permettono di vedere in trasparenza quel che avviene dietro il telo posto sulla linea del boccascena, che funge anche da sipario all’inizio dei due atti.
In un luogo e in un tempo sospesi (una settimana d’estate in una ridente località di montagna nell’estate del 1963, “prima dell’assassinio di Kennedy e del sogno di Martin Luther King”) la “piccola” e idealista, inizialmente ingenua Baby, riesce a porsi al centro della vicenda con semplicità e naturalezza grazie alla sua innata disponibilità verso gli altri. La personalità forte e determinata della ragazza riuscirà ad aver ragione sui pregiudizi di classe che continuano a sussistere in un’epoca percorsa dalle lotte per i diritti civili e dalle marce contro la segregazione razziale.
Pur in modo leggero ed edulcorato, come si addice a questo genere di spettacolo, appare chiara la separazione tra il mondo delle famiglie di professionisti benestanti e quello cui appartengono i dipendenti dell’albergo; a mezza strada si pone l’albergatore il cui nipote, pure un buon partito sul piano economico, aspira a migliorare la propria condizione sociale in un momento storico in cui la promiscuità fra i sessi comincia a farsi sentire, favorita nello specifico anche dal rilassato clima di vacanza.
In tale contesto avviene l’educazione artistica e sentimentale di Frances “Baby” Houseman (Sara Santonastasi) che si innamora, corrisposta, di Johnny Castle (Giuseppe Verzicco), l’affascinante e talentuoso ballerino che, prima di conoscerla fungeva anche da gigolo per le ricche ed annoiate clienti dell’albergo. Accanto a loro la bravissima ballerina Penny Johnson (Federica Capra) amica di Johnny che si trova a dover gestire una gravidanza indesiderata e Billy Costecki (Samuele Cavallo), il di lui cugino.
Baby si inserisce nel gruppo aiutando Penny e conquistando poco a poco il rispetto, l’ammirazione e poi l’amore di Johnny, all’inizio sospettoso verso la figlia di un affermato medico che crede fatua, oltre che inconsapevole di quale sia la vita reale dei meno privilegiati. La ragazza si dimostrerà invece sinceramente disponibile a sostenere le difficoltà del gruppo di amici mettendosi in gioco e prendendo le loro difese anche a costo di affrontare la delusione del padre che non riesce più riconoscere la figlia prediletta.
Johnny le insegna a ballare il mambo che “si deve sentire, come il cuore che batte” e lei, da rigida e impacciata, poco a poco si scioglie fino a riuscire a sorprendere tutti, grazie all’intervento del giovane che, con la famosa battuta “nessuno può mettere Baby in un angolo” fa sì che tutti possano riconoscerne le doti umane e l’abilità di ballerina.
Grazie a ciò i due mondi possono per una volta incontrarsi a beneficio di tutti.
I costumi di Marco Biesta e Marica D’Angelo esaltano, qualora ce ne fosse bisogno, le sensuali coreografie di Gillian Bruce interpretate con competenza e convinzione dal cast.
Tanti gli applausi dal pubblico, costituito da spettatori di tutte le età che in qualche modo si sono sentiti per un po’ contagiati dai buoni sentimenti di questa bella commedia, capace di reggere onorevolmente la prova del palcoscenico teatrale.
Paola Pini