Cinque liriche di Anna Minicucci, poetessa vincitrice alla prima edizione del nostro Premio di Poesia

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Pubblichiamo qui di seguito cinque liriche senza titolo di Anna Minicucci, che è stata la vincitrice alla prima edizione del Premio di Poesia Corriere dello Spettacolo. La poetessa di Campobasso ha vinto il concorso con la lirica “Il mio Nord”, sorprendendo la giuria con i suoi versi allo stesso tempo profondi e sensuali.

 

Lascia che la mia luce
baci ogni curva del tuo volto
quando l’apostrofo si spezza
per dividerci in due terreni fertili.
Anche le ombre amano l’inquietudine dei corpi
a cui si legano in una fuga eterea
quando il desiderio s’acquieta.

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Come fuoco questo spettro non m’appartiene
ché da lontano brucia nella fredda notte
più del gelo schiva e della pallida luna
timida nelle sue meraviglie che regala appena
e senza timore, innamorata di un dubbio,
si lacera fin nel profondo e diventa sorgente
per i baci dei lupi che non sanno parlare.

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Creare simbiosi nel vento che tira a sé le rondini
in questo volo che non smette mai di tormentare
quel seme che non vuol nascere tra le dune
perché ha fame di sospiri e di spighe ondulate
che tramutano il pensiero in presenza,
di te che balli e sorridi alla luna,
di me che annaffio le paure spente,
di un corpo che sogna l’armonia di righe nel cielo
mentre gli stormi lo attraversano
ed emigra sugli incastri d’argento dell’acqua che scorre.
Lenta è la pace quando l’estasi muore.

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La danza inizia sui colli lievi
a ondularsi su una tremula altalena
dal sospiro primitivo
e sale lenta dall’amato lido
dell’amore non detto
per il sapore antico di un bacio
per il calore terreno del cerchio
per il timore non calcolato
perché il tamburo batte la sua musica incerta
dove la terra si innamora del fuoco.

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Se il tuo viso fosse la perfezione
di un silenzio liscio e vellutato
tra la barba non rasata
e quei piccoli promontori
da guancia a guancia
dove scivola la lingua.
Se le tue orecchie fossero culle
delle mie paure incastonate agli anelli
che non porti
perché troppo uomo per avere ninnoli nel cuore.
Se i tuoi occhi fossero fessure
da aprire con la forza
e, invece no, invece tracciano un cammino
avido sul corpo.
Se le tue mani
fossero piccole e lontane
dalle lunghe dita che mi accarezzano
né troppo né troppo poco,
tanto per non abituare alla dolcezza.
Se tu fossi qui tutte le notti
in ogni mio pensiero
perché al buio non so riconoscere le stanze
dei labirinti in cui mi conduci.
Se tu fossi un altro
non ti amerei
più di quanto ti ami
ora che sei tu
e nessun altro.

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