“2001: Odissea nello spazio”: 50 anni oltre l’infinito

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“… E VOLO’ VIA, E VOLO’ VIA, ERA L’UOMO DI DOMANI” (dalla canzone L’ultima luna di Lucio Dalla)

“ BEYOND THE SUNS I SPEAK AND CIRCUITS SHIVER / BUT THOUGH I SHOUT THE WISDOM OF THE MAPS / I AM A SALMON IN THE RING SHAPE RIVER” (dalla canzone Starsailor di Tim Buckley)

Il 1968 è passato alla storia come un anno di grandi sommovimenti politici e culturali. Ebbene, in questo quadro, anche il cinema ha vissuto il suo bravo shock, e che shock! Al punto tale da poter affermare – mi assumo questa responsabilità – che la storia della Settima Arte si divide in due precisi segmenti: prima e dopo 2001: Odissea nello spazio.

Qualunque definizione, ormai, risulta ripetitiva: capolavoro immortale, pilastro del cinema, opera d’arte sublime… Provo ad arricchire il florilegio con un paragone calcistico, nella speranza di esprimere in modo sufficientemente chiaro e, magari, meno scontato, ciò che penso di questo film: 2001 sta al cinema come Maradona sta al calcio. Lasciamo pure al grande Pelé il meritato trono di miglior calciatore di tutti i tempi, perché Maradona è andato talmente oltre che inserirlo in una qualunque classifica sarebbe davvero riduttivo. Pelé, dunque, primo tra i terrestri, ma Maradona no, non c’entra niente: lui, palesemente, proviene da un altro pianeta, da un’altra dimensione, e quindi è un “fuori categoria”. Così, 2001 nel cinema: che capolavori del calibro di Quarto potere, La corazzata Potëmkin, La febbre dell’oro, Via col vento, Apocalypse now, La dolce vita, I quattrocento colpi, I sette samurai (potrei andare avanti per ore…) si contendano il primo posto presso gli amanti delle classifiche; il film di Kubrick è qualcosa di altro, di oltre, appunto, e perciò si chiama fuori dal gioco dei “primi della classe” per posizionarsi in una categoria tutta sua, e solo sua.

Riduttivo anche parlare di una svolta epocale nel cinema di fantascienza: il genio Kubrick prende per mano uno dei generi cinematografici più amati dal pubblico (e farà lo stesso, in seguito, tra gli altri, con l’horror e con il bellico) e lo conduce verso l’età adulta, stravolgendolo e cambiandolo per sempre, ma ancora non basta: la fantascienza, in 2001, è quasi un mezzo sfruttato dal regista americano per condurre in un’altra dimensione il Cinema stesso.

https://www.youtube.com/watch?v=Rzk_2PGz2yQ

Prima di Kubrick e di 2001, nessuno aveva mai osato tanto, nessuno aveva mai sognato tanto in grande, nessuno aveva mai preteso tanto dalla sensibilità e dall’intelligenza degli spettatori, proponendo loro un viaggio che, prima ancora di configurarsi come esperienza narrativa e filosofica, fosse soprattutto un’esperienza sensoriale. Pura estasi per gli occhi e per le orecchie, godimento totale, perfezione tecnica ed estetica; Sul bel Danubio blu di Johann Strauss che si sposa alla perfezione con le rigorose e scientificamente plausibili visioni del futuro kubrickiane; il Così parlò Zarathustra dell’altro Strauss, Richard, a sottolineare solennemente il momento-chiave della simbolica “scoperta del fuoco” da parte degli ominidi, nonché la rinascita dell’uomo di domani, giunto oltre (di nuovo) le barriere dello spazio-tempo per abbracciare, forse, l’eterno ritorno; i brividi siderali delle partiture di Ligety a esprimere l’inesprimibile: il fascino misterioso e inquietante del monolito nero (“UN SIGNIFICANTE SENZA SIGINIFICATO”, secondo la celebre definizione di Enrico Ghezzi) e le visioni psichedeliche della coscienza sconvolta di Bowman mentre attraversa le soglie dell’Infinito. Il resto, siamo d’accordo, c’è: il rapporto tra uomo e scienza e quello tra uomo e macchina, ivi compresa l’attualissima questione dell’Intelligenza Artificiale (AI); il dualismo irrisolto e forse irrisolvibile istinto/ragione; i concetti di Spazio e Tempo. Ma, soffermandosi sui contenuti semantici del film si rimane in “periferia”, rischiando di perdere di vista il centro vitale, il vero cuore pulsante dell’opera: la sua Bellezza.

Perché scervellarsi ancora, a cinquant’anni di distanza dalla sua uscita, sul significato filosofico e sulle implicazioni etiche, politiche, ecologiche, culturali, religiose e finanche cosmogoniche di quella che io, più che un film (e comunque, semmai, IL FILM), definirei un’Esperienza? E’ lo stesso Kubrick a suggerirci il miglior modo per affrontare la sua opera più ambiziosa e potente: “OGNUNO E’ LIBERO DI SPECULARE A SUO GUSTO SUL SIGNIFICATO FILOSOFICO E ALLEGORICO DEL FILM. IO HO CERCATO DI RAPPRESENTARE UN’ESPERIENZA VISIVA, CHE AGGIRI LA COMPRENSIONE PER PENETRARE COL SUO CONTENUTO EMOTIVO DIRETTAMENTE NELL’INCONSCIO”. 2001 è un’immersione totale nell’Universo, un’irresistibile canto di sirena cui la mente e i sensi non possono che abbandonarsi, anzi, devono farlo, incondizionatamente, sospendendo la ragione per lasciarsi travolgere da una Bellezza inarrivabile, inafferrabile, impossibile, e perciò refrattaria a qualunque tentativo di presa razionale: come può il finito cogliere l’infinito?

Per festeggiare i cinquant’anni dall’uscita del film, la Warner ha riportato 2001 a casa, cioè in sala purtroppo nei due soli giorni di grazia del 4 e 5 giugno scorsi -, permettendo così a noi che, per ragioni  anagrafiche, ci siamo persi sia l’evento all’epoca che gli sporadici ritorni successivi, di vedere l’opera in tutta la magniloquenza del formato originario 70mm, con un restauro estremamente rispettoso e delicato a partire dagli originali materiali analogici firmato dal grande regista Christopher Nolan, autore di Interstellar, film col quale si è più che mai candidato a erede spirituale di Kubrick. Un evento carico di emozioni esagerate che, oltre ad avermi finalmente permesso di “vivere” 2001 nel suo habitat naturale e in una versione quanto più possibile fedele a quella del 1968, mi ha dato l’opportunità, grazie al grande schermo, di scoprire piccoli dettagli e particolari sfuggiti a qualcosa come una decina di proiezioni domestiche. Perché 2001 non finisce mai di stupire, e ogni volta si assapora, anche se solo per qualche fuggevole istante, una vaga e inebriante percezione dell’Infinito.

Francesco Vignaroli

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