Oggi voglio scrivere su un grande artista del nostro tempo. Lo stesso che non è solo un cantautore o un cantante, ma molto di più. Infatti Claudio Baglioni è un poeta della canzone italiana. Nei suoi testi c’è poesia. La poesia che si trasforma in una canzone senza però perdere la sua identità. Poesia è la voce di un cantastorie e Baglioni è un poeta cantastorie. Un cantastorie che narra frammenti autobiografi e pezzi di una biografia appartenenti a una intera generazione, in tutt’uno in cui la poesia d’autore manifesta l’espressione più profonda dei molteplici sentimenti umani. È così che in Baglioni la poesia diviene la voce di tanti individui, acquistando anche un’espressione filosofica, in un contesto in cui l’importanza ma sopratutto il fondamento principale dell’opera di Claudio Baglioni sta non solo in quello di essere un poeta dell’amore ma anche un poeta grazie a cui possiamo scoprire tratti caratteriali delle generazioni passate. Di conseguenza grazie a Baglioni possiamo scoprire il vissuto dei nostri genitori, aspetti del loro sé e modi di concepire come rapportarsi con la propria contemporaneità. Tali aspetti li possiamo trovare in tutti gli autori o artisti appartenenti specialmente al mondo della canzone italiana (o all’arte in generale), ma in Baglioni in particolare rintraccio un cantastorie che racconta il sé dell’individuo giungendo anche all’Io del soggetto umano. Un Io profondo che non punta solo a raccontare un semplice sentimento, andando oltre. Tocca una parte intima e quindi l’Io del soggetto umano. Tutto questo fa di Claudio Baglioni un poeta della canzone italiana che racconta l’Io di una generazione a lui contemporanea.
Una interpretazione e individuazione che merita un approfondimento. Qui posso riportare solo alcuni frammenti della sua poesia, come testimonianza della mia riflessione sul cantautore. In questa prospettiva prendiamo uno dei suoi primi lavori, cioè il brano “Io, una ragazza e la gente”. Nel testo di questo brano, l’autore racconta di un uomo (ragazzo) che considera la sua vita un’autostrada laddove poter andare avanti, in contesto in cui lo stesso si prende la sua libertà tenendola sotto braccio. “la mia vita è senza storia/ io però non cerco gloria/non m’importa d’esser chissà chi/a me basta una chitarra” dice l’autore, manifestando così di essere un giovane che non ha una sua identità professionale, ma che vuole costruirla. Lo stesso che manifesta l’amore per la musica e in particolare per la sua chitarra. Un ragazzo a cui forse tanti avranno detto che percorrendo la musica non avrebbe costruito una storia. Egli non vuole una gloria che lo porti a divenire un qualcuno, ma gli basta la sua chitarra, il suo sogno. È un uomo che non cerca di divenire un qualcuno ma vuole costruire qualcosa. Un uomo che sente il bisogno di donare. “[…] girar tutta la terra/ per parlar con quelli come me..” Qui l’autore manifesta il bisogno di un artista di comunicare dinnanzi a “questo mondo è un mare verde/ se si annaspa ci si perde”, facendoci comprendere che bisogna rimanere semplici e umili per realizzare. Si sottolinea anche l’importanza di comunicare e incontrare gli esseri umani, nostri simili, con i quali è importante interagire. Da qui possiamo comprendere un aspetto centrale della gioventù d’un tempo, fatta di persone che puntavano all’unione, all’incontro umano e a dare e ricevere. Baglioni racconta una generazione fatta di sentimenti. Egli narra l’Io di una generazione, che si prendeva la libertà, che andava verso la realizzazione dei propri sogni, sottolineando ciò che fa bene al singolo soggetto – e quindi incontrare la gente e vivere in relazione con gli altri. Inoltre, il cantautore in questo suo testo sottolinea la vita di un artista e la propria consapevolezza della stessa, infatti egli dice “Io senza problemi vivo un po’ qua e un po’ là/ la mia casa è la mia pelle”, frase intesa probabilmente come un legame con ciò che vive nell’intimo (la chitarre, la musica). “Il mio tetto son le stelle/ le coperte sono i sogni miei.” infatti i sogni li possiamo considerare delle coperte che donano un senso di protezione e fiducia. Naturalmente, come in altri testi di Claudio Baglioni non può mancare l’amore per una lei: “Ho una ragazza che la notte mi vuol bene/ e che cancella con l’amore le mie pene/ e quando sono accanto a lei sono contento/ posso morire in un momento/ posso volare su nel vento/ posso dormire tra le viole/ Poi riparti con il giorno/ Aspettando il mio ritorno/ Di citarti in mezzo al cuore mio/ Neanche tu mi puoi cambiare/ Tanto più potresti stare…/ Rischierei di non andar più via/ E invece voglio essere me stesso/senza chiedere il permesso…” Un amore profondo, immenso e ricco di benessere quello che racconta Baglioni, in un contesto in cui si rivela un tratto identitario di un artista e cioè quello di un uomo che vuole essere libero, ma che ama, rischiando non poter andare via, anche se l’amata non può cambiare l’Io di quest’uomo. Dobbiamo dire che in questo tratto non c’è solo un cantastorie che narra una generazione, come non c’è solo un cantautore che rivela un tratto d’identità di un artista, ma ci descrive anche come siamo oggi. Quante volte ci capita di vivere un amore, di sentire il bisogno di amare e d’essere amati, ma vogliamo allo stesso tempo la nostra libertà? Claudio Baglioni ci racconta quindi un po’ come siamo. In un cantastorie possiamo trovare frammenti biografici e autobiografi.
In conclusione voglio sottolineare che per il titolo di questo articolo mi sono ispirato al titolo di quello che è stato il suo secondo album della discografia ufficiale: “Un cantastorie dei giorni nostri”, edito nel1971 dalla RCA Italiana. L’album, oltre a contenere il brano “Io, una ragazza e la gente” contiene 12 canzoni. Tra cui vi è anche “Cincinnato”, un testo che racconta di un uomo che vuole andare via dal posto in cui abita con l’obiettivo di cancellare una vita vissuta ma anche una lei: “…voglio scordare/ te i sassi il campo da arare/ ed un bosco che non conosco già più/che non voglio mai più/ ma/che cosa puoi saperne tu/ tu che non sei stata mai altro che guai /e che non sai che in città’ puoi lottare e sognare/ […] ricominciare da zero […] per non morire oggi son tornato qui/e mentre richiudevo il tuo cancello/mi son chiesto chissà se lei/ mi prenderà così/ chissà se crederà/ che ho combattuto giù in città/e gira che ti rigira sono qua”. Un testo quindi che racconta una generazione d’un individuo che vuole scappare via dal luogo in cui è nato, andando alla ricerca di una vita migliore. Allo stesso tempo c’è sempre una protagonista, che l’autore vuole cancellare dal proprio cuore, ma non riesce, perché alla fine ritorna da lei. Ancora una volta ci troviamo di fronte a un cantastorie che ci racconta una generazione e aspetti di vita o dell’Io che possiamo incontrare nel nostro cammino. Qui dove tutto diviene una poesia.
Giuseppe Sanfilippo