CHE COSA SI SONO VERAMENTE DETTI UMBERTO ECO E DAVID LYNCH UNA SERA A CENA IN UN FAMOSO RISTORANTE DI BOSTON? Di Enrico Bernard
I
Sala di un ristorante lussuoso negli stati Uniti. Voci e rumori ambiente. Ad un tavolo si è seduto Umberto Eco. Legge il giornale, un po’ impaziente perché non viene nessuno per la “comanda”. Squilla il cellulare. Come al solito lo cerca ovunque, anche sotto il tavolo. Risponde con tono scorbutico.
ECO: Pronto? Chi è? Come l’Università di Boston!? … Mi sta chiamando tutta l’Università? Il corpo docente intero con studenti laureandi e dottorandi compresi? No? Ecco, appunto, ecco, brava… Mi sta chiamando lei, solo lei. E lei come si chiama? Dottoressa di che cosa? Cura i malati, forse? O di solito perde tempo con gli ipocondriaci come me che la chiamano al primo dolorino o se hanno mal di pancia dopo un’abbuffata? No, vero? E allora… Va bene mi dica, accetto le scuse, per piacere non se la prenda: so di essere un vecchio bilioso… No, non ho detto borioso, ho detto bilioso… che differenza c’è? Ma signorina, dottoressa… insomma quello che diavolo è…. c’è una grande differenza, è come dire che una cancrena è la stessa cosa di un ascesso… non capisce, neh? Va bene, fa lo stesso… si può sapere che vuole? Anzi no, aspetti… prima di tutto, come ha avuto il mio numero? … Come lo sanno tutti? Ma che mi dice? Non è possibile… è stato pubblicato per errore nel sito della facoltà di storia medioevale… non sapevano che fossi un autore best sellers, ricercatissimo, mi hanno preso per il solito insignificante docente che non cerca mai nessuno, e così… e così sono fregato, sì proprio fregato… perché ora mi romperanno le scatole tutti, ma proprio tutti, cani e porci… porca miseria! Ma no che non posso cambiare numero: questo numero che ha appena incautamente chiamato disturbandomi all’ora di cena tra l’altro, è riservato… Sissignore, riservatissimo… serve al mio editore per scusarsi da quello spilorcio ipocrita che è quando si dimentica di pagarmi i diritti, a mia moglie per cercarmi quando vado a prendere una sbornia in qualche bar, ai miei assistenti, ai miei collaboratori, ai giornalisti quando mi rompono i coglioni per intevistarmi… insomma ad una massa enorme di rompiballe come lei che senza questo numero collasserebbe nelle proprie attività, nei propri affetti… comunque, veniamo al sodo, che posso fare per lei?
(resta per qualche istante in ascolto poi sbotta) Eh no, basta! Un’altra laurea honoris causa no, non la voglio… Perché no? Me ne hanno rifilate già trenta, questa sarebbe la trentunesima. Pensa che io me ne vada in giro per il mondo a collezionare pezzi di carta invece di scrivere? Come? cosa? Trentamila dollari di rimborso spese, ma neanche a parlarne, mi ci compro il tabacco per la pipa e qualche bottiglia di buon gin. Ma neanche per quarantamila, per chi mi ha preso? Cinquantamila, poi mi fanno ridere, ah ah ah. Crede che sia così venale? (pausa) come ha detto? Centomila se accetto? Più le spese? Affare fatto, sì certo verrò a ritirare il pezzo di carta cioè l’assegno e l’altro pezzo di carta che mi verrà consegnato dal Magnifico Rettore. Concordi i dettagli con la mia segretaria… ha il numero? Ha anche quello, bene sono proprio bello che fregato. Avete tutti quanti i miei numeri e io non me li ricordo mai… Arrivederci! Uffa.
(si prepara la pipa, da due boccate, ma viene interrotto da una cameriera).
ILVA Mi spiace signore, ma…
ECO (la gurda torvo) Signore? Dice forse a me?
ILVA Sì signore. Perché, non è un signore lei?
ECO Mi chiamano in tanti modi. Professore, Maestro, persino Vate… ma col “signore” hanno smesso di chiamarmi dopo le prime centomila copie vendute.
ILVA Mi spiace per lei, signore.
ECO Lei insiste, è pervicace.
ILVA Ho capito benissimo che lei è un cliente difficile, quindi sì, sono perspicace.
ECO Veramente ho detto per-vicace che sarebbe come a dire: rompiballe, cara signorina.
ILVA Ah, bella questa! Io posso essere “signorina” e lei non vuole sentirsi chiamare “signore”?
ECO Mi chiami come le pare, basta che mi lasci fumare in pace la mia pipa.
ILVA Proprio qui sta il punto.
ECO Che punto? Esclamativo o interrogativo?
ILVA Il punto della questione… La pippa.
ECO Non sto facendo niente di male.
ILVA Come no, si sta facendo una pippa.
ECO Io? Ho smesso circa mezzo secolo fa, lo chieda a mia moglie.
ILVA Guardi che le fuma ancora la mano.
ECO A me?
ILVA Cioé, perdoni il mio italiano, le fuma ancora in mano il coso.
ECO Oddio mi ha preso fuoco il gingillo?
ILVA Ma non quella pippa che pensa lei, quella… smoke, fumo, capisce?
ECO Ah la pipa! Cribbio, mi ha fatto prendere un colpo.
ILVA Il suo tavolo non è in sala fumatori, quindi la spenga immediatamente.
ECO Bene. Mi sposti in sala fumatori.
ILVA Non posso.
ECO Perché mai, peso troppo? Ho messo su un paio di chili di troppo, d’accordo. Ma io intendevo in senso strettamente logistico, non fisico.
ILVA E logisticamente parlando la sala fumatori è strapiena, non c’è un tavolo libero.
ECO Neppure per me?
ILVA No, neppure per lei.
ECO Ma lei lo sa chi sono io?
ILVA Un signore, signore.
ECO Un signor autore, cara mia. Porto lustro al locale, se permette.
ILVA Per ora porta solo una nuvolaccia di fumo pestilenziale.
ECO E va bene, mi chiami il direttore di sala.
ILVA Sono io.
ECO Anch’io sono io.
ILVA Infatti io e lei siamo due persone. Lei è un signore, signore, e io sono il direttore di sala. Il Maitre.
ECO La maitresse, ordunque.
ILVA Ordunque sì. E la invito nuovamente a spegnere il suo vulcano portatile. Ci sta ammorbando tutti.
ECO Vuole che mi alzi e mi trasferisca alla concorrenza di fronte?
ILVA Faccia come le pare, questo è l’unico tavolo libero nel raggio di venti chilometri. E il ristorante più vicino è una tavola calda cinese… allora, che facciamo? Spegne la pipa o le chiamo un tassì?
ECO A furia di chiacchiere mi si è spenta da sola.
ILVA E non si riprovi a riaccenderla, signore.
ECO Posso ordinare, finalmente, signorina?
ILVA Le porto subito il menù, dottore. Va bene se la chiamo così?
ECO Ma che dottore! Non sono un dottore! No, aspetti, so già cosa prendere, un gin martini doppio e… porca miseria, sono finito in una gabbia di matti, peggio di internet!
Alle sue spalle compare David (Lynch). Cerca un tavolo libero, improvvisamente gli squilla il cellulare.
DAVID Pronto? Chi è? Come l’Università di Boston!? … Mi sta chiamando tutta l’Università? Il corpo docente intero con studenti laureandi e dottorandi compresi? No? Ecco, appunto, ecco, brava… Mi sta chiamando lei, solo lei. E lei come si chiama? Dottoressa di che cosa? Cura i malati, forse? O di solito perde tempo con gli ipocondriaci come me che la chiamano al primo dolorino o se hanno mal di pancia dopo un’abbuffata? No, vero? E allora… Va bene mi dica, accetto le scuse, per piacere non se la prenda: so di essere un vecchio bilioso… No, non ho detto borioso, ho detto bilioso… che differenza c’è? Ma signorina, dottoressa… insomma quello che diavolo è…. c’è una grande differenza, è come dire che una cancrena è la stessa cosa di un ascesso… non capisce, neh? Va bene, fa lo stesso… si può sapere che vuole? Anzi no, aspetti… prima di tutto, come ha avuto il mio numero? … Come lo sanno tutti? Ma che mi dice? Non è possibile… è stato pubblicato per errore nel sito della facoltà di storia medioevale… non sapevano che fossi un autore best sellers, ricercatissimo, mi hanno preso per il solito insignificante docente che non cerca mai nessuno, e così… e così sono fregato, sì proprio fregato… perché ora mi romperanno le scatole tutti, ma proprio tutti, cani e porci… porca miseria! Ma no che non posso cambiare numero: questo numero che ha appena incautamente chiamato disturbandomi all’ora di cena tra l’altro, è riservato… Sissignore, riservatissimo… serve al mio editore per scusarsi da quello spilorcio ipocrita che è quando si dimentica di pagarmi i diritti, a mia moglie per cercarmi quando vado a prendere una sbornia in qualche bar, ai miei assistenti, ai miei collaboratori, ai giornalisti quando mi rompono i coglioni per intevistarmi… insomma ad una massa enorme di rompiballe come lei che senza questo numero collasserebbe nelle proprie attività, nei propri affetti… comunque, veniamo al sodo, che posso fare per lei?
(resta per qualche istante in ascolto poi sbotta) Eh no, basta! Un’altra laurea honoris causa no, non la voglio… Perché no? Me ne hanno rifilate già trenta, questa sarebbe la trentunesima. Pensa che io me ne vada in giro per il mondo a collezionare pezzi di carta invece di scrivere? Come? cosa? Trentamila dollari di rimborso spese, ma neanche a parlarne, mi ci compro il tabacco per la pipa e qualche bottiglia di buon gin. Ma neanche per quarantamila, per chi mi ha preso? Cinquantamila, poi mi fanno ridere, ah ah ah. Crede che sia così venale? (pausa) come ha detto? Centomila se accetto? Più le spese? Affare fatto, sì certo verrò a ritirare il pezzo di carta cioè l’assegno e l’altro pezzo di carta che mi verrà consegnato dal Magnifico Rettore. Concordi i dettagli con la mia segretaria… ha il numero? Ha anche quello, bene sono proprio bello che fregato. Avete tutti quanti i miei numeri e io non me li ricordo mai… Arrivederci! Uffa.
ECO (a se stesso) Che ti dicevo, caro Umberto, sei finito in rete, cioè in una gabbia di matti. Vei come si chiude il cerchio intorno a te?
Torna Ilva.
ILVA Mi scusi professore…
ECO A cosa devo la promozione, cioé il cambiamento del titolo? Prima signore, poi dottore, ora addirittura professore!
ILVA Abbiamo un problema.
ECO Con il menù?
ILVA No, più generale.
ECO E’ andata a fuoco la cucina? Poco male, io mi accontento di poco o nulla. Guardi, mi basta un po’ di caviale, un paio di ostriche e un doppio, anzi triplo gin-martini. Sulla bevanda non transigo, sul cibo posso chiudere un occhio, entro certi limiti ovviamente.
ILVA Temo che li dovrà chiudere entrambi, gli occhi.
ECO Non si mangia e non si beve?
ILVA Purtroppo no.
ECO Ma come? Stanno gozzovigliando tutti quanti in sala!
ILVA Loro possono, lei no.
ECO Pensa che io non possa permettermelo?
ILVA In verità, c’è un problema di overbooking.
ECO Appunto i miei romanzi, i miei libri si vendono molto… over-booking, basta la parola, no?
ILVA No, overbooking sta per…
ECO Lo so benissimo per che cosa sta, non sono ebete, stavo solo celiando.
ILVA Io invece non celio.
ECO Non è ciliaca, dunque. Neanch’io lo sono, quindi può portarmi tranquillamente il menù completo.
ILVA Non posso.
ECO I piatti del giorno?
ILVA Nemmeno.
ECO I consigli del cuoco?
ILVA Purtroppo no.
ECO E’ morto il vostro rinomato chef? E quando?
ILVA Lui sta benissimo.
ECO Ha forse trovato traffico e sta arrivando in taxi.
ILVA No, è in cucina e si sta dando alacremente da fare come sempre.
ECO Allora qual è il problema?
ILVA E’ lei il problema.
ECO Io? E perché mai?
ILVA Questo è un ristorante molto particolare.
ECO Niente paura. Tutto spesato dall’universitá.
ILVA Beati loro che hanno soldi da buttare.
ECO E allora che c’è che non quadra?
ILVA Siamo molto attenti all’etichetta, al bon ton, all’ospitalità.
ECO Dovevo spegnere la pipa e l’ho spenta, mi pare.
ILVA Non accettiamo critiche, rimproveri e non tolleriamo figuracce.
ECO Ho i gusti particolari, difficili, sono molto critico, ma so adeguarmi all’emergenza, non si preoccupi, se trattasi di emergenza. Chiedo solo uno stramaledettissimo gin-tonic. Possibilmente doppio, anzi triplo.
ILVA Quanti ne vuole … purché vada a berselo al bar.
ECO Non può portamelo lei? Siamo in rosticceria e non c’è servizio ai tavoli? Le fanno male i piedi? E’ entrata in sciopero?
ILVA No, sono solo in imbarazzo.
ECO Questo mi dispiace.
ILVA Allora comprenderà l’imbarazzante situazione della doppia prenotazione cui siamo incorsi. Per colpa mia, capisce? Ho prenotato lo stesso tavolo due volte. Mi faranno un lisciabbussa che lévati!
ECO Cioé? Si spieghi meglio.
ILVA Ecco, il suo tavolo è stato riservato alla stessa ora anche da un’altra persona.
ECO Oltre me?
ILVA Purtroppo ero al cellulare col mio fidanzato che pretendeva una cosetta erotica in vivavoce, veloce veloce tipo Nove settimane e mezzo, sa come sono fatti gli uomini, e mi sono distratta. Ho detto troppi sì oh sìììì confondendo il microfono del telefonino con la cornetta del telefono di sala. Di qui l’errore, la confusione da cui è scaturita la sua prenotazione che non avrei mai dovuto confermare. Ho detto sì anche a chi avrei dovuto dire no: al cliente che ha prenotato il suo tavolo.
ECO Quindi c’è qualcun altro prenotato per il mio tavolo?
ILVA Purtroppo sì, oltre lei.
ECO Ma ricostruendo la tempistica della vicenda avrei prenotato prima io. Lei doveva dire no a lui perché aveva detto di sì prima a me, oltre che al suo fidanzato.
ILVA Fatto sta che c’è in lista un’altra persona.
ECO Beh, si arrangi quest’altra persona. Io sono più persona di lui.
ILVA Non è una persona ma un personaggio piuttosto importante. Quindi non possiamo farlo arrangiare, caro signore.
ECO Dunque ritorniamo al signore. Che fine ha fatto il “professore”? E il “dottore”? A che gioco giochiamo?
ILVA Il maestro che ha prenotato il tavolo contemporaneamente a lei, ebbene, porta lustro al locale.
ECO Lui porta lustro e io no?
ILVA Ma io non so chi sia lei.
ECO E io non so chi sia lui!
Pausa di riflessione.
ILVA Forse ci sarebbe una soluzione alternativa.
ECO Ottimo, ci sono arrivato anch’io! Lui resta in piedi e io gli sorrido dal basso della mia posizione di apparente inferiorità che però nasconde la verità del fatto che chi sta seduto e mangia è degno di considerazione mentre chi sta in piedi e si arrangia, no?
ILVA Lui in piedi, figuriamoci. Sarebbe uno scandalo. Ne andrebbe del nostro buon nome. Finiremmo sulle prime pagine di tutti i giornali.
ECO Non vedo altra soluzione.
ILVA Io sì. Se il maestro… non lei, l’altro… accetta di condividere…
ECO Se lui accetta di condividere? Ma che storia è questa?
ILVA Andiamo, potrebbe stringersi un po’. Spostare la pipa, ritirare la pila dei quotidiani, anzi buttiamoli tanto non li legge più nessuno…
ECO Ma io sì, li leggo ancora.
ILVA Tempo sprecato, sono di ieri.
ECO Ma se recano la data odierna.
ILVA Sì, ma le notizie sono vecchie di almeno un giorno. E il pesce puzza sempre dalla testata.
ECO Dalla testa semmai.
ILVA Insomma, che le costa? Si tratta solo di qualche centimetro, ecco, mezzo metro, un metro e mezzo all’incirca. Il Maestro poi non è così grosso a grasso come lei.
ECO Lui, il Maestro… E io chi sarei, Giuda?
ILVA Lei è un vero e proprio signore, signore.
ECO Insomma, io ho diritto alla mia privacy. E poi questo Maestro, cioè questo signore ha un fare sospetto, equivoco… Mi si aggira dietro le spalle come un avvoltoio.
ILVA Come sarebbe? A me sembra tanto per bene.
ECO Sarà, ma mi ha preso per i fondelli.
ILVA Ma se neanche la conosce, neanche sa che lei esiste! Non la considera proprio, lui!
ECO Ah no? E allora come ha fatto a ripetermi per scherno la stessa identica conversazione telefonica che io ho effettuato prima di lui? Oltretutto dicendo un mucchio di sciocchezze che io sono assolutamente certo di aver profferito con ben diverso intento critico.
ILVA Ma se le ha dette prima lei!
ECO Quando le ho dette io ancora non lo erano, sciocchezze, lo sono diventate nella successiva vulgata.
ILVA Nella vulva? Oh my God!
ECO Vulgata è quando una cosa passa di vulva… che mi fa dire, di bocca in bocca.
ILVA Sboccato oltre che testadura.
ECO Insomma, che vuole da me?
ILVA Si sposti.
ECO Non mi sposto.
ILVA Arretri.
ECO Non arretro.
ILVA Devo chiamare gli inservienti per farla recedere un po’ con la forza?
ECO Ed io devo chiamare gli infermieri per farla ricoverare in manicomio? Ci si troverá benissimo, anche lí portano tutti il camice bianco come al ristorante. Anzi, non sará per caso proprio questo locale di infima classe la mensa dell’Istituto Psichiatrico?
ILVA Signore! Vantiamo ben tre stelle Michelin.
ECO Si vede che vedete troppe stelle e vendete posti a sedere come al planetario.
ILVA Lei mi ha proprio seccato.
ECO E lei mi ha stufato. A proposito… dica, c’è lo stufato? Io ne vado letteralmente pazzo.
ILVA Ne è rimasta solo una porzione, abbondante, ma solo per una portata.
ECO Me la porti subito allora,
ILVA Non ci penso lontanamente.
ECO E perché mai?
ILVA Perché l’ultima portata dello stufato è stata appena ordinata dal Maestro che lei non vuole far accomodare al suo tavolo.
ECO (rimurginando) Problemino da risolvere. Niente seccatore – niente stufato. (A voce alta) E va bene! Se mi dimostrassi accomodante e lo facessi accomodare, cosa ci guadagnerei?
ILVA Metá dell’abbondante portata che porteró al Maestro.
ECO Lei mi prende per la gola.
ILVA E dovró prendere in giro il povero Maestro che ha ordinato per primo lo stufato.
ECO Il Maestro, cioè quel signore dall’aria tronfia, lo sa che la portata è abbondante?
ILVA Sa solo che ne è rimasto poco.
ECO E poco gliene serva, tutto il resto a me. Mi faró bastare una porzione normale.
ILVA Allora siamo d’accordo. Si faccia piccolo piccolo.
ECO Peró avrei anch’io un piccola richiesta da farle.
ILVA Ancora?
ECO Ci sarebbe un separé qualcosa insomma da frapporre fra noi due? Sa, mi scoccia che qualcuno mi guardi in bocca mentre mangio. E’ una questione di privacy.
ILVA Non sia cosí suscettibile, il Maestro ha ben altro a cui pensare. Non le guarderà il boccone in bocca.
ECO Impossibile non essere orrendamente attratti dalla mia masticata: io mangio in modo schifosissimo, ingurgito, tracanno, spetazzo e rutto come un maiale. Sono un’indecenza, il Maestro mi sognerá stanotte, avrá gli incubi e non riuscirá a dormire. Vi fará causa!
ILVA A lei fará semmai causa, signore, a causa del suo comportamento.
ECO Ma siete voi che per un vostro errore nelle prenotazioni ci state costringendo a sedere allo stesso tavolo!
Ilva si guarda intorno e prende un vaso con dei fiori.
ILVA Questo andrá benissimo.
ECO Per cena? Sono commestibili?
ILVA Ma no, signore, come separé tra le sue porcate e i nobili pensieri del Maestro.
ECO (starnutisce violentemente) Mi spiace, sono allergico ai pollini.
ILVA Questi sono fiori finti, di plastica.
ECO Tho’, sembravano veri. Lo starnuto mi viene solo all’idea del polline, un po’ come dice Platone a proposito delle Idee noumeniche o Pavlov dei riflessi condizionati o ancora Freud nella teoria dell’inconscio o Gustav Jung nella disamina della coazione a ripetere, se non ricordo male…
ILVA Ha finito la lezione?
ECO Credo in effetti di ricordare male, non è di Jung…
ILVA Piuttosto cerchi di comportarsi bene. Ora faccio accomodare il Maestro.
ECO Niente presentazioni la prego, preferisco mantenere l’anonimato.
ILVA E chi la conosce?
ECO Il Maestro potrebbe riconoscermi, avrá sicuramente letto i miei romanzi.
ILVA Ne dubito, lei non ha l’aria di uno che sa scrivere romanzi.
ECO E saggi? Ho almeno l’aria di uno che sa scrivere saggi?
ILVA Uhm, no, neppure.
ECO E che aria avrei secondo lei, almeno di un vecchio saggio?
ILVA Ecco sí, direi di un vecchio buontempone un po’ scassapalle.
ECO In effetti è il mio ritratto secondo mia moglie.
ILVA Come darle torto. Si vede lontano un miglio che è un taccagno, uno spilorcio… un povero di spirito senz’anima né cuore.
ECO Mi sta descrivendo come il vecchio affamatore di bambini, tal Ebenezer Scrooge nel Canto di Natale di Dickens, che poi però si pente e diventa buono come babbo Natale.
ILVA Sarà! Comunque, povera donna sua moglie, caro signore, che deve sopportarla. Però qualche pensierino, che so?, un omaggio floreale… si penta anche lei ogni tanto come il suo… come si chiama? Scorreggia…
ECO Scrooge, non Scorreggia!
ILVA Il che non la esime dall’omaggiare sua moglie con un mazzo di fiori.
ECO Ma se le ho detto che sono allergico ai pollini!
ILVA Bella scusa, dicono tutti cosí. Il mio amante, cioè il proprietario del locale, guarda caso, sa a cosa è allergico? E’ allergico ai diamanti, il signorino.
ECO Ai diamanti sono in effetti piuttosto allergico anch’io.
ILVA Nasconda il viso dietro i fiori allora, tanto non li ha pagati lei.
ECO Sicura sicura che siano finti? Non vorrei farli esplodere in faccia al maestro con un etciù da record mondiale in fatto di decibel e spargimenti virali e microbici vari.
ILVA Stia tranquillo. Questi innocenti fiorellini sono piú finti dei miei amplessi col proprietario del locale per ottenere il posto di direttrice.
ECO E l’ha ottenuto?
ILVA Ci sto lavorando. Ma sono sulla buona strada: ne sa qualcosa il tavolaccio della cucina dove affettiamo le cipolle… sa, quando siamo colti dal raptus…
ECO Quindi il gusto di cipolla del vostro famoso stufato deriva dalla cipolla vera e propria o da qualche altro cipollina in carne ed ossa?
ILVA Ossa?
ECO E’ un’iperbole, cioè un modo di dire senza dire.
ILVA Comunque da noi ricette e ingredienti sono e restano segreti professionali.
ECO Beh, gli antichi romani usavano le gocce di sudore dei gladiatori per miscelare essenze e profumi, quindi qualsiasi altra goccia proveniente da corpo maschile o femminile ha una lunga tradizione nell’evoluzione culturale dell’umanità.
ILVA Caspita. Lei parla come un libro stampato.
ECO Lo sono (o quasi) un libro stampato.
ILVA E bello grosso pure. Un bel tomo voluminoso.
ECO Rilegato in cuoio da questa cintura che comincia ad allentarsi a causa dell’astinenza. Potrei ordinare? Sarebbe ora…
ILVA Ha già dato un’occhiata al menù?
ECO Più o meno. Che cosa mi consiglia?
ILVA La specialità della casa.
ECO Mi delizi. Che cosa propone oggi lo chef di squisito?
ILVA Un piatto apparentemente semplice ma in realtà meno di quanto sembri
ECO Sembra allettante.
ILVA Lo è infatti.
ECO Si dice che il maestro dei fornelli, il grande chef si riveli da come cucina le uova al tegamino. Il che tradotto in termini culturali vale anche per lo scrittore le cui qualità si possono leggere in un semplice post su facebook piuttosto che in un romanzo di ottocento pagine.
ILVA E’ questa anche la nostra filosofia. Per questo il piatto del giorno nonché la specialità della casa è quasi sempre…
ECO Il mio palato pende dalle sue labbra.
ILVA Ne abbiamo già parlato. Lo stufato.
ECO Ma certo, era la prima scelta. Vado matto per lo stufato, sa?
ILVA Me lo ha già detto.
ECO Vada per lo stufato allora. Con patate, mi raccomando.
ILVA (come folgorata) Oh my God!
ECO Che succede?
ILVA Si acquatti, sta arrivando il Maestro.
ECO Mi acquatto, come? dove?
ILVA Che ne so? Sparisca e basta. E faccia pure presto, su si sbrighi!
ECO E’ una parola. Non sono mago Merlino né l’Uomo invisibile.
ILVA Presto si nasconda sotto il tavolo.
ECO Ma non c’entro, e poi cos’è questa storia? Perché dovrei nascondermi? Per non farmi paparazzare forse? In questo caso capirei.
ILVA Ma chi vuole che la paparazzi? E poi perché?
ECO E allora? Chi me lo fa fare a piegarmi in due come un eunuco davanti al Solimano?
ILVA Almeno si eclissi dietri i fiori.
ECO Alla mia veneranda etá… fare la parte del narciso… e pensare che ci ho scritto pure un saggio sul mito di Narciso. Ma tant’è, sic transit gloria mundi, caro il mio Umberto!
ILVA Che fa, parla con se stesso? Sembra un … un… come si dice?
ECO Narcisista. E fa bene a darmi del narcistista e stabilire una correlazione tra quello che sono e il nobile fiore delle fonti. Era destino chiamandomi come mi chiamo. Omen nomen dicono i latini.
ILVA Non si monti la testa, signor omen nomen.
ECO Le spiego. Eco è il mio cognome ma è anche è il nome di una ninfa che, come narra Ovidio nelle Metamorfosi, si prese una sbandata per il bel Narciso e, da lui respinta, soffrí le pene d’amore e smise di vivere e di nutrirsi fino a dissolversi nell’aria rimanendo percepibile solo nel suono del suo ultimo pianto.
ILVA Sará.
ECO Non sará, cara mia, é.
ILVA Se lo dice lei, non si arrabbi.
ECO Non sopporto l’ignoranza, tutto qui. Ma sia ben chiara una cosa: va bene che mi chiamo anch’io Eco, ma non vorrei stringere la cinghia come la povera ninfa che porta il mio nome. Insomma, qui si mangia o no?
ILVA Scusi sa, ma devo lavorare.
ECO Lo dico anch’io, mi porti da mangiare.
Entra David Lynch. Ilva
ILVA Che onore Maestro, prego si accomodi, questo è il suo tavolo.
DAVID Questo?
ILVA Qualcosa non va?
DAVID Sento uno strano odore.
ILVA Io non sento niente.
DAVID Odore, anzi puzza di tabacco di pipa.
ILVA Pipa? Io non vedo pipe qui.
DAVID Mi raccomando, sono allergico al fumo della pipa.
ILVA Non si preoccupi, Maestro, qui nessuno oserá fumare una sola boccata di pipa. Vero signore?
DAVID Signore a me?
ILVA O no, dicevo a Giovanni affinché Francesco capisca.
DAVID E chi è Francesco?
ILVA Non ne ho idea.
DAVID E Giovanni?
ILVA Neppure.
DAVID E allora, perché li nomina?
ILVA Oh, ma era solo un modo di dire: Giovanni e Francesco stanno per Tizio o Caio.
DAVID E allora dica Tizio o Caio, cosí facciamo a capirci tutti quanti.
ILVA Le porto subito il menú.
DAVID Non ce ne è bisogno. Non era avanzato dello stufato?
ILVA Oh sí, una porzione abbondan… (si avvede di un’occhiataccia di Eco) Una mezza porzione.
DAVID Come mezza? Come fa a restare solo una mezza porzione?
ILVA Non lo so.
DAVID Allora me la porti intera.
ILVA Non posso, un altro commensale si è prenotato per l’altra metá… abbondante.
DAVID Metá abbondante a lui e a me solo metá striminzita? A che gioco giochiamo?
ILVA Cerchi di capire, Maestro…
DAVID Capisco che dovró andare a portare lustro da un’altra parte.
ILVA Non dica cosí
DAVID Invece lo dico. E lo faccio. Ma come? Vi faccio la grazia di venire a cenare da voi, di farmi vedere da tutta la clientela, di firmare autografi a destra e a manca, stringere mani, dare retta alle noiosissime suppliche di attori che vorrebbero lavorare con me piuttosto che servire ai tavoli di questo ristorante, perché tutti i vostri camerieri sognano una carriera nel cinema per non parlare delle cameriere che me la sventagliano sotto il naso come una profumata farfallina, e non vi degnate neppure di servirmi una maledettissima porzione di stufato… oddio!
ILVA Che succede?
DAVID C’è una bestiaccia in mezzo ai fiori.
ILVA Che bestia?
DAVID Non lo so, è bruttissima, ha un occhio a palla fuori dalle orbite e i peli sul naso come un topo di fogna, guardi è lí acquattato tra il narciso e il rododendro.
Eco si mostra imperiosamente.
ECO E va bene, basta con la scorreggiata… cioé con la sceneggiata. Visto che si parla di rododendro ve lo dico chiaro e tondo: la situzione comincia a rodere dentro… anzi, dietro, anche a me. Sia chiaro!
DAVID (atterrito) Che animale è?
ILVA E’ solo un professore, non si preoccupi, Maestro.
DAVID Un professore? Se lui è un accademico io sono un…
ECO Comunissimo mortale.
DAVID Fai pure lo spiritoso, bestiaccia? Che ci fai nascosto tra i fiori del mio tavolo?
ECO Questo era, anzi è il mio tavolo se permette. E i fiori sono tutti suoi, se li vuole. Tanto sono di plastica.
DAVID Questo animale non capisce proprio nulla. I fiori sono veri e hanno un profumo delicatissimo. Un effluvio di odori e pollini trasportati dal refolo d’aria…
ECO Come, sono veri?
DAVID Verissimi. Annusa qui, strana forma di vita!
Mette un narciso sotto il naso di Eco che starnutisce sonoramente.
ECO Ecco, visto? Ve lo avevo detto che sono allergico al polline.
DAVID Spero che sia anche allergico allo stufato.
ECO Allo stufato proprio no. Ne ho appena riservato una mezza porzione abbondantissima.
DAVID E io sono allergico agli usurpatori dei tavoli altrui. Figuriamoci degli stufati!
ECO Allora condividiamo la stessa allergia, anzi la mia è idiosincrasia, odio viscerale vero e proprio verso chi cerca di occupare il mio desco.
DAVID Il suo odio viscerale impallidisce di fronte al rivolgimento delle mie viscere quando qualcuno si mette tra me e il mio piatto abbondante di stufato.
ECO Macché abbondante, abbondante è il mio, il suo è solo un assaggino.
DAVID Assaggino a me? Come si permette? Lei non sa chi sono io!
ECO No, non lo so e non lo voglio nemmeno sapere. Sapete che vi dico? Che non voglio saperne più niente di questa storia, lasciatemi un pace con i miei giornali, i miei pensieri e la mia fedelissima pipa.
DAVID (Starnutisce violentemente) Accidenti, sono allergico all’odore della pipa.
ILVA Vi prego, Maestro… signore, non litigate, posso spiegarvi tutto io. Lei metta subito giú la pipa… e lei rimetta i fiori nel vaso. Non si fa conoscenza stuzzicando le reciproche allergie.
ECO Ma io non voglio fare nessunissima conoscenza.
DAVID E nemmeno io.
ECO Piuttosto rinuncio ad un boccone di stufato.
DAVID Anch’io… anzi no, ci ho ripensato, il boccone cui ha rinunciato il signore lo porti a me.
ECO Eh no, in questo caso ci ripenso anch’io: non ci rinuncio piú se deve finire nel panzone di questo troglodita.
DAVID Panzone a me?
ECO E pure troglodita.
DAVID Ma lei si è mai guardato allo specchio signor… come si chiama?
ECO E va bene, mi costringete ad uscire dall’anonimato e a farvi fare una pessima figura: io sono Umberto… il celebre romanziere…
DAVID Celebre? Ma mi faccia il piacere. E che cosa avrebbe scritto di cosí celebre?
ECO Un romanzo tradotto in trenta lingue, Il nome della rosa.
DAVID Un manuale di giardinaggio? Ed è pure allergico ai fiori.
ECO Vi dirá pur qualcosa il mio cognome: Eco.
DAVID Ecco cosa?
ECO Eco.
DAVID Ho capito, ma ecco, dove? Insomma, dove sta il cognome?
ECO Eco, non ecco, porca miseria!
DAVID Ecco fa rima con becco a casa mia.
ECO Ed Eco fa rima con bieco, anzi cieco, cieco di rabbia per la sua ignoranza, la sua insulsaggine.
DAVID (ad Ilva) Per piacere signorina, spieghi un po’ a questo becco, cioè a questo cieco, come si chiama, con chi ha l’onore di parlare, anzi di ragliare.
ILVA (ad Eco) Signore, il Maestro qui presente è nientepopodimeno che David…
ECO E sia. Ma dove c’è David c’è anche Golia.
DAVID E lei sarebbe Golia di fronte a me?
ECO Se lo dice lei che si chiama David…!
DAVID Stasera finisce male.
ILVA Ora basta, mettetevi a sedere e non fiatate piú. Lei signor Ecco, cioè becco mi faccia la cortesia di tacere finché non avró finito di presentarle il suo commensale. Lei stasera ha il grande onore di cenare col Maestro David…
ECO Copperfield come il personaggio del romanzo di Dickens?
ILVA Lo stesso di prima, quello di Mr. Scorreggia?
ECO Scrooge, santo cielo!, Scrooge!
ILVA Comunque non ha riconosciuto….
ECO No. Chi è costui? Un posteggiatore abusivo? Un migrante senza permesso di soggiorno? Il tirapiedi di un politico?
ILVA Il grande regista autore di… (bisbiglia qualcosa al suo orecchio)
ECO Un cinematografaro, insomma.
DAVID Ha visto il mio film?
ECO E lei ha letto il mio romanzo?
DAVID Me ne guardo bene.
ECO Ed anch’io mi guardo bene dal guardare la sua pellicola.
DAVID Non è una semplice pellicola.
ECO E cos’è allora?
DAVID Un capolavoro assoluto.
ECO Assolutamente deperibile come avviene a tutta la celluloide di questo mondo.
DAVID Deperibile sará la sua cellulite e la cellulosa della cartaccia su cui sono stampati i suoi romanzetti rosa.
ECO Il nome della rosa non è un romanzo rosa.
DAVID E di che colore è?
ECO E’ un giallo.
DAVID Allora è un girasole e non una rosa.
ECO E’ un giallo ambientato nel medioevo che ha per protagonista…
DAVID Una rosa? Banale, si capisce fin dal titolo.
ECO No, niente rosa, bensí un monaco.
DAVID E che c’entra la rosa?
ECO Non c’entra nulla. Il nome della rosa è un esercizio per imparare il latino: rosa, rosae, rosam, eccetera eccetera.
DAVID Fortuna per lei che non fa lo sceneggiatore. Non ci si capisce nulla del suo plot.
ECO Io per sua norma e regola ho studiato Plotino e conosco Platone a memoria.
DAVID Io conosco a memoria tutti i film di Bergmann e di Hitchcock.
ECO Ma la vada a prendere nel posto… delle fragole.
ILVA Smettetela di comportarvi come due studentelli che litigano per la compagna di banco. Mi avete proprio stufata.
ECO Casomai stufato.
DAVID Per due.
ECO Abbondanti.
DAVID Con molte patate.
ECO Rosmarino.
DAVID Un pizzico di pepe.
ECO E uno di sale.
DAVID No, prego, niente sale: ho la pressione alle stelle.
ECO Allora per lui niente stufato, poverino, ha la pressione alle stalle. – Ha compreso il gioco di parole dalle stelle alle stalle, neh?
DAVID Che palle! Ho detto senza sale, non senza stufato. E con molto, molto, molto pepe nero. Anzi nerissimo.
ECO (starnutisce) Lei è contagioso, sa!?
DAVID Lei starnazza come un’oca in calore e io sarei contagioso?
ECO Altro che, un untore.
DAVID E che cosa le avrei contagiato?
ECO Lo stufato.
DAVID Lo stufato ha stufato anche lei?
ECO No, è lei in prima persona ad avermi stufato.
DAVID Allora si alzi dal mio tavolo e mi lasci in pace, cosí non la stufo piú.
ECO Glielo dica lei, sia gentile signorina, chi è che deve alzare i tacchi di noi due.
DAVID Ecco, glielo dica una vota per tutte.
ECO Non sprechi fiato, me lo ha giá detto che lei è una specie di abusivo, una sottospecie di clandestino. L’avevano infatti messa in lista d’attesa. Si arrenda all’evidenza.
DAVID Lista d’attesa a me? Forse lei non ha capito che questo è un famoso ristorante frequentato da Vip, cioè da Very important person.
ECO E con questo?
DAVID Lei non lo é.
ECO Bella questa. Udite udite gente: io non sarei un Vip!
DAVID Se Vip stesse per “vipera” velenosa allora sí, lo sarebbe al cento per cento.
ECO E lei che cosa avrá mai fatto nella sua poco memorabile esistenza per darsi tante arie?
DAVID Ho girato una dozzina di lungometraggi che sono entrati a pieno titolo nella storia della settima arte.
ECO Una dozzina o dozzinali?
DAVID Non accetto provocazioni da un poveraccio come lei.
ECO Per sua norma e regola nella mia carriera ho venduto milioni di copie.
DAVID Lo sapevo di avere a che fare con uno spacciatore all’ingrosso di copie contraffatte delle griffe piú famose.
ECO Di queste parole risponderá in tribunale.
DAVID E lei pure, ma non dal banco dei testimoni, piuttosto da quello degli imputati.
ECO Faccia pure lo spiritoso, ma voglio vedere che faccia fará quando il giudice stabilirá il risarcimento in mio favore.
DAVID Secondo lei il giudice fa un favore a lei che non conta un tubo e non tiene piuttosto conto della mia statura morale ed artistica infangata dalle sue volgari insolenze… e spero che non risultino anche insolvenze da parte sua quanda sará il momento di monetizzare il danno.
ECO Allora ci vediamo in tribunale.
DAVID Puó contarci.
ECO Per il dibattimento.
DAVID Puó contarci.
ECO Per il processo di diffamazione a mezzo ristorante.
DAVID Puó contarci.
ECO Per il risarcimento.
DAVID Ci conteró.
ECO E no, questa volta ci conto io.
DAVD Non credo proprio, il conto lo presento io.
ECO Perché, lei conta veramente di vincere la causa?
DAVID E’ mezz’ora che glielo ripeto: puó contarci.
ECO Come dice il proverbio, ride bene chi ride per ultimo. Arriverderci, la saluto.
DAVID Finalmente se ne va, era ora.
ECO Veramente se ne va lei.
DAVID Io?
ECO E chi sennó?
DAVID Ha detto lei arrivederci, la saluto.
ECO Sí, ma l’ho detto per educazione rivolto ad una persona, quella che mi sta al cospetto, che sta per alzarsi e andarsene.
DAVID Ma io non sto per alzarmi né per andarmene.
ECO Questo lo dice lei.
DAVID Senta un po’, signor… come si chiama?
ECO Non mi chiamo “signor come si chiama”.
DAVID E come si chiama allora?
ECO Come si chiama lei, piuttosto?
DAVID Io mi chiamo come mi chiamo io.
ECO E anch’io mi chiamo come mi chiamo io.
DAVID Ripete le mie parole. C’è l’eco qui dentro?
ECO Allora mi ha riconosciuto.
DAVID Ma certo, lei mi fa il pappagallo!
ECO Veramente si era detto che facevo l’eco.
DAVID E non lo fa anche il pappagallo che ripete le parole altrui?
ECO Macché, io non faccio l’eco, lo sono. Piacere Umberto Eco.
DAVID Sì lallero! Se lei è Umberto Eco io sono…
ECO Napoleone?
DAVID Meglio: sono David…
ECO Di Donatello o di Michelangelo?
DAVID Di mio padre e di mia madre.
ECO Già, in effetti lei non è un modello esemplare, esteticamente parlando.
DAVID Non sono abbastanza statuario secondo lei? Eppure faccio due ore di ginnastica ogni mattina. Una sudataccia… poi viene lei e mi contesta la tartaruga.
ECO Anch’io ce l’ho, seppur rovesciata dalla parte sbagliata: guardi che cocomero!
DAVID La mia invece è come scolpita nel marmo. Vuol sentire quant’è dura? Vuole darmi un pugno? Prego si accomodi, tanto si farà male lei. Colpisca, colpisca qui e si renderà conto che non c’è molta differenza tra me e il discobolo di Mirone. Ce l’ha presente?
ECO Mi sfida al lancio del disco o propone una tenzone artistico-letteraria?
DAVID Scelga lei.
ECO Lei non sa chi sono io. O meglio le ho appena detto che sono Umberto Eco…
DAVID E io l’ho appena spernacchiata con un: sì lallero. Gliene basta uno o gliene serve un altro per capire l’antifona?
ECO Spiacente, ma i suoi lallero finiscono qui. Quando si capaciterà che io sono più infarinato dell’Enciclopedia Britannica e parlo come un libro stampato, se e quando voglio, capirà lei che la sua ironia di bassa lega è fuori luogo. Se quindi vuole sapere del discobolo di Mirone, così tanto per sondare il mio livello culturale e stabilire se sono o non sono colui che affermo di essere, posso servirla in carrozza, calesse e carrozzella.
DAVID Si accomodi.
ECO Sono già seduto.
DAVID Era un’iperbole. Vede? Non capisce le iperbole, che cosa può saperne lei addirittura del discobolo di Mirone? Non sa neppure dove si trova…
ECO Lei lo sa?
DAVID Senz’altro, come no…
ECO Dove?
DAVID Beh al momento mi sfugge, un’amnesia passeggera. Ce l’ho qui sulla punta della lingua.
ECO Santa ignoranza! Un aiutino? Facciamo che si trovi al British Museum?
DAVID E facciamo.
ECO Stabilita la location del gurppo marmoreo, passo ad una descrizione sommaria: analisi e descrizione dell’opera. Essa rappresenta un giovane atleta nudo, colto nell’istante in cui sta per lanciare il disco, tenuto nella mano destra: il torso è infatti piegato in avanti e ruota verso destra. Come la testa, che segue l’andamento del braccio sollevato e disteso all’indietro per prendere slancio. Il braccio sinistro invece si appoggia quasi verticalmente sopra il ginocchio destro. La gamba portante è quella destra piegata e il piede appoggia del tutto a terra, mentre la sinistra è arretrata per mantenere l’equilibrio e posa solo sulla punta del piede dando l’impressione che la parte inferiore del corpo sia più corta. D’altronde, la semi-rotazione del busto era necessaria per la buona riuscita del lancio. Il volto idealizzato che non sembra provare fatica, nonostante lo sguardo concentrato si contrappone alla contrazione piuttosto realistica dei muscoli. La figura è concepita a due dimensioni, con il corpo disposto su un unico piano, nella direzione del lancio: Mirone volle infatti una costruzione lineare e geometrica della statua, non prevedendo la visione laterale. La presenza dello stile severo lo troviamo nel volto, un ovale allungato, nei riccioli dettagliati aderenti alla testa, nella resa precisa della muscolatura e la riproduzione attenta delle vene. Mirone è particolarmente attento e interessato alla rappresentazione fisiologica del movimento in atto, per questo scelse come soggetto un discobolo nel momento del lancio, poiché l’azione richiedeva l’uso di tutti i muscoli.
DAVID Tutto qui?
ECO Con questa statua Mirone volle inoltre mettere insieme l’instabilità del movimento con una costruzione geometrica dell’insieme, tanto che creò una figura scomponibile in 4 triangoli sovrapposti. La posizione della testa non sembra partecipare al momento in cui l’atleta raggiunge la massima estensione all’indietro del braccio: dovrebbe in effetti essere stata più sollevata per aiutare il lancio in avanti del disco. Quindi, Mirone ha alterato leggermente il “vero” gesto atletico dell’atleta per ottenere una costruzione geometrica rigorosa. La testa è il punto di incontro delle linee formate dalle braccia , che sembrano quasi disegnare un arco di cerchio, diviso a metà dal torace.
DAVID Basta la prego, sta dicendo un mucchio di sciocchezze. E soprattutto non ha colto l’eleganza del movimento della statua…
ECO La statua però non si muove.
DAVID Ma dà l’idea del movimento. Glielo faccio vedere, così… (si alza e mima il movimento ideale della statua)
ECO (ironica) Tale e quale!
DAVID Il capolavoro dell’arte ellenica in qualche modo mi somiglia. Mi guardi di profilo….
ECO A ben vedere, potrebbe aver ragione. Ma certo! Ha la capoccia dura come il marmo della statua.
DAVID Ah ah, rido perché la sua volgare ironia è sintomo dell’imbarazzo che prova al mio cospetto. Epperò non può esimersi dall’ammettere che ci sono significativi parallelismi tra me e l’apoteosi della bellezza classica. In un certo qual modo, sia pur alla lontana e a distanza di tempo, io rappresento la materia che si eleva dal fango alla forma sublimato dall’arte.
ECO Polvere sei e polvere tornerai.
DAVID E questo che cavolo vuol dire?
ECO La materia caduca alla fin fine sempre resta in circolo, ecco che cosa vuol dire.
DAVID Anche quella di cui è composto lei, dunque, è caduca.
ECO Mica tanto. Perché, vede: la materia di cui sono composto io è prevalentemente fatta di conoscenze, sogni, pensieri, idee! Cose insomma che non deperiscono mai, che si tramandano di padre in figlio, di figlio in nipote e pronipote, nei secoli, nei millenni, figlio dopo figlio dopo figlio eccetera eccetera.
DAVID Quindi si dovrà sopportarla a lungo?
ECO Oh sì, probabilmente per sempre.
DAVID Dio ci scampi e liberi!
ECO Non mi offendo mica, sa? Sono perfettamente conscio del fatto che le sue insolenze sono causate dalla pura e sacrosanta verità che le ho appena svelata.
DAVID E sarebbe?
ECO Sarebbe, o per meglio dire: è! Sì è che lei si discosta, esteticamente parlando, dal concetto di capolavoro della natura. Ed anche come opera d’arte dell’uomo, di suo padre e di sua madre, mi lasci dire: lascia a desiderare. Ma tornando al David dei grandi maestri del XV e XVI secolo, lasci perdere ogni paragone. Con la gobba e il panzone che si ritrova non potrebbe mai rappresentare il rinascimento italiano. La sua figura mi ricorda piuttosto il personaggio di Cervantes.
DAVID Che c’entro io con Don Chisciotte?
ECO Ecco vede, c’è un buco.
DAVID Dove? Nella tovaglia, l’avrà fatto lei con la cenere della sua puzzolente pipa.
ECO No, il buco è nella sua cultura, caro amico.
DAVID Non sono suo amico!
ECO E ringrazio il cielo che non lo sia. Non potrebbe mai essere mio amico un comune mortale che non sa che il secondo nome del personaggio di Cervantes è “Il Cavaliere dalla Triste Figura”.
DAVID Non vedo la correlazione, a dire la verità.
ECO Ma come, Triste Figura, amico, la sua!
DAVID Se io sono il Cavaliere dalla Triste Figura, lei è Sancho Panza!
ECO E lei è quel quadrupede mezzo ronzino e mezzo asinello di nome Rozinante.
DAVID Vuole la guerra? E guerra sia. Lei invece somiglia al ritratto di Dorian Grey.
ECO Capisco, la prende male. Ed invece di fare opera di contrizione, contrattacca maleducatamente.
DAVID Me ne ha dette di tutti i colori, peste e corna, e il maleducato sarei io?
ECO E non ho ancora finito, caro amico.
DAVID Non sono suo amico, non se lo faccia ripetere.
ECO Mi taccio allora. Tanto sa già che cosa sto per dirle.
DAVID Che cosa?
ECO Un’altra amara verità che potrebbe farla imbestialire. Per questo mi sto zitto, non voglio dare scandalo a causa della sua estrema litigiosità.
DAVID Facciamo una sfida all’ultima amara verità?
ECO Accetto. Cominci lei.
DAVID Se io comincio, poi sarà lei ad avere l’ultima parola. E la cosa non mi sta bene.
ECO Allora che cosa propone?
DAVID L’inversione del turno dell’amara verità. Prima lei, dunque.
ECO E chi stabilisce il turno di battuta?
DAVID Io.
ECO E su che basi giuridiche?
DAVID La legge del più forte. Le dò un pugno sulla zucca se non rispetta il suo turno.
ECO Okkei okkei… (Recitando) Vecchio adagio non si smorza / cedi docile alla forza / che se opponi resistenza / perdi i beni e l’esistenza.
DAVID Che roba è questa?
ECO Robetta. E’ solo il Faust di Goethe.
DAVID Ci mancava il Faust, giusto per dar sfoggio della sua mediocre cultura, perché solo un mediocre può vomitare sul prossimo quelle tre o quattro… vabbé facciamo quattro o cinque nozioncelle imparate a memoria.
ECO Non l’ho citato a caso.
DAVID Perché l’ha citato dunque?
ECO A buon motivo. Ricorda la scena della Notte di Valpurga in cui Faust incontra le streghe del Monte Calvo?
DAVID Vagamente.
ECO Vagamente? Strano.
DAVID Perché strano? Non posso mica avere presente l’intero scibile umano, santoddio!
ECO L’intero scibile no, ma almeno le scene in cui era presente….
DAVID Io? Presente? Nella scena della Notte di Valpurga con le streghe sul Monte Calvo?
ECO Non era forse lei l’Homunculus mostruoso che scaturisce dal pentolone in cui bollono code di rospo, ali di pipistrelli e peli di fica di vecchia befana? – Adesso tocca a lei, coraggio: spari la sua insolenza nei miei confronti.
DAVID Beh, ecco… non me ne viene una all’altezza.
ECO Non avevo dubbi al proposito, caro amico.
DAVID Quante volte devono ripeterglielo: non sono suo amico.
ECO Già, sarebbe proprio fuori luogo se io mi accompagnassi con una persona terra-terra come lei, uno che non sa dialetticamente rispondere nella tenzone filosofica.
DAVID E va bene. Se proprio vule essere offeso signor Ecco, eco.
ECO E dove sta l’offesa.
DAVID Pensavo di essere spiritoso e abbastanza ingiurioso o comunque irriguardoso e sufficientemente irrispettoso invertendo le consonanti tra il suo nome e l’avverbio di tempo. Eco è diventato ecco e ecco è diventato eco.
ECO Se mi avesse detto “becco” ancora ancora, ma per così poco! Può fare di meglio, coraggio! Svegli la lingua e dia una bussata alla materia grigia.
DAVID E va bene, col suo permesso: ubriacone! (pausa) Va bene così? Che fa? Ostenta calma? Perché non si arrabbia? Ah, capisco, non vuole darmi soddisfazione! Ma porco mondo che posso dirle per farla incazzare oltre che darle dell’alzatore di gomito e del bicchiere dal fondo bucato?
ECO Niente, lei non può fare né dire proprio niente. Non si può andare oltre un certo limite. E quel limite io l’ho raggiunto prima di lei. Il mio insulto era così totalizzante, insultante, degradante, delegittimante, denigrante, diffamante… e qui mi fermo con gli “ante”… che esclude la possibilità di qualsiasi risposta. L’ho annientata togliendo ogni forza e sostanza offensiva alla sua ultima parola che gli si è smorzata in bocca come una scamorza. – A proposito di scamorza… ma qui non si mangia!?
DAVID Ma lei è venuto per mangiare o per litigare?
ECO Una cosa non esclude l’altra.
DAVID Io invece non sono venuto per farmi insultare.
ECO E perché non dovrebbe essere apostrofato come si deve?
DAVID Lei non viene mai apostrofato?
ECO I critici non si permettono di criticarmi: dipendono tutti dalla casa editrice che ho acquisito investendo i proventi delle vendite librarie. Ora posso fare il bello e il cattivo tempo in campo editoriale e culturale senza essere apostrofato da nessuno. Chi si permette, è fuori dal giro.
DAVID Ah ecco! Io non sono degno di essere suo amico perché vorrei criticarla severamente mentre i critici, i quali avrebbero il sacrosanto diritto e il vincolante dovere di stroncarla molto più duramente e severamente di me, sono suoi amici, anzi suoi dipendenti, cosicché pendono dalle sue labbra come fosse un oracolo e non fanno che approvare per paura di perdere le collaborazioni alla casa editrice che lei si è comprato?
ECO Proprio così. Le fa specie?
DAVID No, anzi. Penso che prenderò esempio da lei. Fonderò una casa di produzione cinematografica e metterò a libro paga i critici che scrivono brutte recensioni dei miei film. E’ un’ottima idea, sa? Complimenti. In cambio del suo prezioso suggerimento mi tengo gli insulti senza reagire. D’accordo?
ECO D’accordo… signor… con tutte queste chiacchiere non ricordo il suo nome?
DAVID In effetti non ho ancora avuto modo di presentarmi come si deve. Ha presente il generale Rommel, soprannominato “la volpe del deserto”??
ECO Volpe lei? Lei non mi pare proprio una volpe.
DAVID Sto solo cercando di darle la possibilità di intuire il mio nome partendo dal suo idioma, per non farle fare una brutta figura, capisce?, visto che nel mondo intero mi conoscono anche i sassi…
ECO Secondo me gliene hanno tirati troppi e qualcuno l’ha colpita in testa.
DAVID Sono partito dal termine “volpe” nel suo cosiddetto “volgare” italiano – non se la prenda con me per l’attributo, ma col suo Dante che ha elevato il linguaggio rozzo di piazze e mercati a lingua “illustre, cardinale, regale e curiale” – per farla arrivare dritto dritto al mio cognome profferito nella nobile lingua di Milton e di Shakespeare.
ECO Dante e il sottoscritto non raccolgono: non ti curar di loro ma guarda e passa.
DAVID Che c’entra lei con Dante?
ECO Siamo entrambi scrittori e scriviamo entrambi nella stessa lingua, il dolce stil novo se non le dispiace.
DAVID C’è una bella differenza tra voi due.
ECO Certo, io ho venduto più copie del Sommo Vate.
DAVID Come se la rigira la storia, a suo piacimento. Lei è proprio una volpe!
ECO Ma non era lei a dover essere una volpe?
DAVID Certo. E tornando a bomba, cioé al termine in questione come si traduce “volpe” in inglese?
ECO Che cosa vinco se azzecco la risposta all’indovinello?
DAVID Una stretta di mano. Le basta?
ECO Me la farò bastare.
DAVID E allora qua la mano, piacere: io sono Lynch, David Lynch.
ECO Volpe? Lynch… Nooo!
DAVID Sììììì!
ECO Caspita… Lei sarebbe il grande regista? Allora piacere Umberto Eco.
DAVID Come? Umberto? Lei sarebbe il grande scrittore? Capperi, non avevo collegato nome e cognome, che figura mi fa fare!
ECO Io?
DAVID Certo, poteva presentarsi prima e per esteso.
ECO Ma se sto seduto come faccio a stendermi?
DAVID Ho letto da qualche parte che lei è uno scrittore così così, ma un buon battutista.
ECO Lei invece per me rappresenta un ottimo sonnifero: l’ho amichevolmente battezzata Valium. I suoi film mi fanno addormentare di botto con tutti quei piani temporali, sequenze spaziali, piani ad incastro, personaggi morti che tornano come se non fosse successo niente.
DAVID Si chiama arte contemporanea, lasci perdere, lei appartiene alla passata stagione, alla stagione delle foglie morte. E con questo dichiaro concluse le ostilità.
ECO Spero che si mangi qualcosa, così smettiamo di dare spettacolo. Ci stanno guardando tutti.
DAVID Sono certo che gli astanti ci ritengono due eccelsi pensatori e vorrebbero sapere da noi che fine farà il mondo.
ECO Oppure se c’è vita dopo la morte.
DAVID O sugli altri pianeti. Quando invece il nostro enigma principale è capire cosa offre stasera il menù.
ECO Guardi, secondo me ci hanno messo un registratore sotto il tavolo per trascrivere i nostri discorsi in un testo teatrale da intitolarsi: Che cosa si dissero veramente Umberto Eco e David Lybch quella sera a cena.
DAVID Sarebbe un successo mondiale!
ECO Soprattutto quando sentiranno come sgranocchio l’osso della costata.
DAVID E il mio tiraggio della zuppa dal cucchiaio sarà lo sballo dell’estate musicale prossima ventura.
ECO Ridiamoci su.
DAVID Il piatto però piange. Che idea lasciare Umberto Eco e David Lynch a bisticciarsi in attesa della cena!
ECO Però… Non posso ancora crederci che lei sia… lui!
DAVID Non si direbbe proprio che lui sia proprio lei! Certo, l’apparenza inganna…
ECO …l’abito non fa il monaco…
DAVID … ma nel suo caso…
ECO Che ne dice di farmi dare un’occhiata alla sua carta d’identitá, tanto per essere sicuri?
DAVID Se lei mette sul tavolo la sua, io tiro fuori la mia.
ECO D’accordo.
Prendono dalle rispettive tasche i portafogli.
DAVID Dopo di lei, prego.
ECO Meglio in contemporanea, se permette. Non sono nato ieiri.
DAVID Lentamente…
ECO … piú lento di cosí…
DAVID Al mio tre ce le scambiamo. Uno, due…
ECO Tre!
DAVID Ho detto al mio tre, non al suo.
ECO E allora lo dica.
DAVID Tre!
ECO Cos’era un numero o uno sternuto?
DAVID Non riconosce in numeri?
ECO Riconosco gli sternuti.
DAVID Comunque era un numero.
ECO E diciamo che era un numero.
DAVID Documento sulla tovaglia e ce lo passiamo spingendolo con un dito l’uno verso l’altro.
ECO Lentamente?
DAVID Possibilmente prima che arrivi il conto.
ECO Conto? Ma se non abbiamo ancora mangiato nulla.
DAVID Questo ristorante è famoso perché si paga molto e si mangia poco.
ECO E allora lei che ci è venuto a fare?
DAVID La stessa cosa che ci è venuta a fare lei.
ECO Al mio tre alziamo contemporaneamente il dito dal documento: uno, due…
DAVID Tre!
ECO Al mio tre ho detto, non al suo.
DAVD Tre lo dico io, se permette.
ECO Lo dica allora.
DAVID Tre.
ECO Ha starnutito di nuovo?
DAVID Stavolta si.
ECO Lo prendo per un numero e non per uno sternuto.
DAVID Che sternuto? Cioè che numero?
ECO Il numero tre naturalmente.
DAVID E tre sia.
Contemporaneamente leggono i documenti uno i documenti dell’altro mostrando sorpresa.
ECO Il grande regista, lei? Veramente?!
DAVID Il grande scrittore, lei? Veramente?!
ECO Ci può scommettere.
DAVID E lei ci può giurare.
ECO Sinceramente avevo molti dubbi.
DAVID Non potevo crederci.
ECO Non si direbbe proprio, guardandola da vicino.
DAVID No, non si direbbe proprio ascoltandola di persona.
ECO E pensare che ho visto e ammirato tutti i suoi film.
DAVID E dire che ho letto e apprezzato tutti i suoi libri.
ECO Se l’avessi conosciuta prima non sarei mai andato al cinema.
DAVID Se l’avessi conosciuta prima non sarei mai entrato in libreria.
ECO Comunque sia, adesso purtroppo la conosco.
DAVID Ed io, purtroppo, a mia volta conosco lei.
ECO Com’è brutto conoscersi di persona, una delusione! Ahimé, uno si fa una certa idea, si immagina l’uomo di “genio” secondo gli attributi di Parmenide, che fu definito dai suoi contemporanei “venerando e terribile” e ti si presenta davanti una specie di rospo che ha, sì, molto di terrificante, ma molto poco di venerando.
DAVID La sensazione è reciproca. C’è però una cosa che mi rammarica assai.
ECO E sarebbe?
DAVID Posso essere sincero?
ECO Certamente.
DAVID Al cento per cento?
ECO Ma anche al duecento per cento. Le sue cannonate sono tappi di champagne: mi rimbalzano addosso.
DAVID Pensavo solo, e su questo dovrà pur convenire, che è un gran peccato essersi conosciuti così, per caso, come due… ha presente gli attributi maschili? Avremmo potuto intavolare chissà quali meravigliosi dibattiti sull’essenza delle cose, sulla politica, sull’arte, incentrare le nostre diatribe non su piccolezze e rivalità da – diciamolo – ometti di infima specie, ma volare alto. Invece…
ECO In parte è vero. Ma tenga presente che l’intelligenza sta anche nell’adattarsi a chi si ha di fronte. E se ho di fronte uno sconosciuto che mi attacca il bottone giusto per autoincensarsi e fare la magna pars… a proposito, quando si mangia?
DAVID Me lo sto domandando anch’io.
ECO Sicuramente da questa epifania, da questa sorta di magia del destino che ci ha attirato allo stesso tavolo – per la verità tengo a precisare che io già ero seduto e l’avevo comunque prenotato prima di lei – beh, insomma, un pubblico meno distratto e più desideroso di imparare e assetato di cultura avrebbe potuto aspettarsi qualche rivelazione cosmica, una verità scientifica o un’asserzione filosofica. Ma come si suol dire: il diavolo fa le pentole ma non i coperchi… e anche questa espressione mi riporta alla cucina da cui non esce niente per noi. Che cosa aspettano secondo lei?
DAVID Ho l’impressione che stiano aspettando che la smettiamo di discutere così da poterci servire lo stufato.
ECO Allora mi taccio Stringiamoci dunque la mano ora che ci siamo purtroppo per noi conosciuti, riconosciuti, vilipesi e infine accettati nostro reciproco malgrado.
Si alzano in piedi per stringersi la mano.
DAVID Caro Professore, è un vero piacere nonché un onore averla al mio, e sottolineo mio, tavolo.
ECO Non scherziamo: l’onore, cioè il tavolo è tutto mio ed è lei ad essere mio sgradito ospite.
DAVID Al contrario, il tavolo è mio ed è lei ad essere purtroppo mio ospite.
ECO Si accomodi.
DAVID Si accomodi prima lei.
ECO Dopo di lei.
DAVID Facciamo al mio tre, sennó restiamo in piedi tutta la sera?
ECO D’accordo, al suo tre.
DAVID Uno, due…
ECO Tre! (si siede)
DAVID Tre dovevo dirlo io.
ECO Sí, ma l’ho detto prima io.
DAVID Uffa! (si siede) Che ne dice se facciamo che nessuno è ospite di nessuno e ciascuno di noi paga per sé?
ECO Cioè facciamo alla romana, come si dice da noi?
DAVID Appunto.
ECO E il tavolo di chi è?
DAVID Facciamo a metá anche quello.
ECO Facendo due conti farebbero, anche se non sono tanto bravo nei calcoli, due gambe a testa. E le seggiole restano di proprietá dei nostri rispettivi e nobili posteriori.
DAVID Non intendevo dividerlo materialmente, bensí condividerlo nello spazio-tempo.
ECO Vada per la condivisione.
DAVID E condivisione sia.
ECO Ci sono però i matrimoni d’amore e quelli di interesse, l’affinità può essere fisica, culturale, sentimentale… insomma cosa si condivide noi due?
DAVID L’aria che respiriamo, a pipa spenta però.
ECO Tutti matrimoni finiscono però con la separazione o con la reciproca sopportazione. Quindi, se dobbiamo sopportarci e non dividerci – visto che ahimé non ci sono altri tavoli liberi)- dobbiamo far buon viso a cattivo gioco e sopportarci.
DAVID In silenzio.
ECO Ognuno si faccia gli affari propri.
DAVID Eco, anzi ecco, bravo.
ECO Lei sopporterà il fumo della mia pipa come io sopporterò il suo sgradevolissimo alito da mummia imbalsamata che ha mangiato fagioli prima di schioppare.
DAVID Come ha fatto a indovinare che ho mangiato fagioli a pranzo?
ECO Capisco, non è l’alito ad annunciare il suo arrivo ma i gas di scarico a salutare quando parte.
DAVID Ora basta, faccia silenzio.
ECO Anche lei, da tutti i fori.
In effetti cominciano a scartabellare giornali e riviste, controllano i messaggi, ma il nervosismo aumenta, sale la tensione. Finché Eco non sbotta:
ECO Scusi sa ma il suo stomaco non mi sembra che le obbedisca troppo, gorgoglia come lo scolo di un lavandino otturato.
DAVID Si sbaglia, non sono io. E’ il suo fegato che ha qualcosa da ridire perché non è stato innaffiato da un nubifragio di alcolici.
ECO Mi sta dando dell’ubriacone?
DAVID E lei mi sta dando dello scorreggione?
ECO Ecco l’abbiamo rotto?
DAVID Che cosa signor Eco?
ECO Il silenzio.
DAVID Ah, lo ha certamente rotto lei col cognome che si ritrova: eco, per forza doveva rompersi il silenzio!
ECO Porco mondo, lei è una delle poche persone sulla faccia della terra capace di farmi uscire dai gangheri con la sua semplice presenza! Basta un suo respiro… e non dico altro perché siamo a tavola!, a solleticarmi i peli del naso.
DAVID Concordo su un punto: non siamo fatti l’uno per l’altro.
ECO Proprio no.
DAVID Quindi sa che facciamo? Rompiamo questa farsetta del silenzio che un antico proverbio definisce d’oro, ma che nel nostro caso suona come una tregua armata.
ECO Sì, basta parole e flatulenze varie. (Rivolto alle quinte) Signorina, cameriera! Che state combinando in cucina? Posso ordinare?
Una pausa.
DAVID Vede che non conta niente? Infatti non le danno retta. Fanno come se lei non avesse chiamato nessuno.
ECO Ci provi lei, vediamo se ascoltano almeno lei.
DAVID E che, io dovei sprecar fiato per la sua comanda?
ECO Comando io e comanda lei, suvvia, facciamoci portare qualcosa da mettere sotto i denti.
DAVID D’accordo… Signorina, cameriera? (pausa) C’è nessuno? Il signore vorrebbe ordinare.
ECO Anche lei vorrebbe ordinare, non faccia la spia.
DAVID Volevo essere altruista.
ECO Pensi a far venire qualcuno.
DAVID (fa strani gesti col tovagliolo, poi si alza in piedi e fischia, ma non riceve risposta) Strano, anche a me non danno retta.
ECO E perché dovrebero dare retta a lei se non danno retta a me?
DAVID Perché io sono un ospite d’onore, porto lustro al locale, guai a non soddisfare i miei desiderata.
ECO A quanto pare se ne fottono dei suoi desiderata.
DAVID Per colpa sua, però.
ECO Mia?
DAVID Certo, perché la considerano alla stregua del signor Nessuno che ha la strana pretesa di mangiare in un ristorante blasonatissimo.
ECO Ma non si filano neppure lei, se permette.
DAVID A me… mi si fileranno quando se la filerà via lei. Non capisce? E’ una tattica per farla sloggiare.
ECO Aspetta e spera. Io da qui non mi muovo. Ormai è un principio di civiltà, per quanto mi riguarda.
DAVID Faccia come le pare, tanto posso aspettare quanto voglio, io.
ECO Posso aspettare anch’io. Comunque dai rumori del suo stomaco non si direbbe che lei possa aspettare più di tanto.
DAVID Pensi ai gargarismi del suo pancreas.
Intermezzo culinario di Ilva ai fonelli fumanti in cucina.
ILVA
Un po’ d’erba cipollina
con sangue di gallina
coda di rospo e zampe
di qualche bestiolina,
un ragno di passaggio
un ratto come assaggio
due cucchiai di erbetta
urticante e vescichetta
caccole del naso e pelo
di cul della vecchietta
di merda solo un velo
l’arietta d’un bel peto
del capel aggiungi sebo
condisci a olio e aceto
e sforna il tuo placebo.
Con questa ricettina
lo stufato va in vetrina
per la gola ed il palato
dell’ospite affamato
tanto vana è la protesta
se il gusto non gl’aggrada
che si levi dalla testa
di non pagare nada
o scappare sulla strada
ché qui il conto è salato
pronta cassa va pagato
e lo chef va ringraziato
per ciò che ha cucinato
fosse zuppa o panbagnato
con cui t’ha avvelenato.
Di nuovo in sala.
ECO Tornando a noi, pensi un po’ che lei sarebbe stato il mio regista preferito se non l’avessi conosciuta.
DAVID Giá, peccato, anch’io ero un suo grande ammiratore prima di conoscerla.
ECO Ed ora che ci conosciamo che facciamo?
DAVID Che ne dice di cenare insieme senza peró parlare di cinema?
ECO Sí, d’accordo. A patto peró che non si parli neppure di letteratura.
DAVID E neppure di filosofia.
ECO E nemmeno di politica, la prego.
DAVID Parliamo di cucina.
ECO Ottima idea. Parlarne non fa ingrasare.
DAVID Mi tolga prima un dubbio.
ECO Strano che lei ne nutra uno solo. Comunque – sentiamo.
DAVID Un piccolo dubbio.
ECO Si fa presto a dire piccolo. – Coraggio, spari.
DAVID La carbonara si prepara con l’aglio o con la cipolla?
ECO Ma che razza di domanda. Lei finora come ha cucinato?
DAVID Con la cipolla.
ECO Mi viene da piangere come se me l’avesse tagliata a fette sotto il naso!
DAVID Lei adopera forse l’aglio?
ECO Elementare Watson.
DAVID Sará elementare per lei e tutta Scotland Yard, ma a me la carbonara piace con la cipolla.
ECO Eresia! Eresia! Eresia!
DAVID E tanto tanto speck.
ECO Speck? Oddio, oh my god, mi sento male.
DAVID È allergico allo speck?
ECO No, sono allergico alle sciocchezze. Perché giammai la carbonara richiede lo speck, né tantomeno la cipolla.
DAVID E che cosa richiede?
ECO Aglio in camicia appena dorato e guanciale.
DAVID Cos’è il guanciale? Una specie di pratica erotica sul tipo chick-to-chick, guancia a guancia?
ECO Padre nostro che sei nei cieli, perdona loro perché non sanno quello che dicono. Né quello che cucinano assai maldestramente. Ora riepilogo la ricetta originaria. Tanto per cominciare la carbonara è un piatto della tradizione romana. Si tramanda di nonna in nipote o di madre in figlio o figlia. Gli ingedienti per quattro persone – o due che mangiano molto come lei – sono i seguenti: 360g di spaghetti e 4 tuorli senza albume, perché l’albume ha una temperatura di coagulazione più lenta rispetto al tuorlo e pur mantecando, rischia di restare viscosa e mantenere troppo il sapore dell’uovo. Poi 160g di guanciale, 150g di formaggio, pepe. Su 200g, si usano 160g di pecorino romano, 20g di pecorino di Fossa, per avere una nota più acida, e 20g di Parmigiano. Se il pecorino romano è troppo sapido, come spesso succede in estate, si adoperi il Moliterno, più dolce. – Ha preso nota?
DAVID Dice a me?
ECO Dico a chi mi sta davanti che sta profferendo un mucchio di empietá culinarie a proposito della cucina mediterranea cui appartiene a tutti gli effetti la carbonara.
DAVID Io sono canadese, mi nutro prevalentemente di salmone, non sono un carbonaro come lei.
ECO Lei non è un carbonaro infatti, lei è un mattone.
DAVID Voleva dire massone?
ECO No, intendevo dire proprio “mattone”: lei caro maestro è un mattone sullo stomaco come il suo salmone. Per non parlare del suo cinema.
DAVID Comunque non sono iscritto a nessuna mattoneria.
ECO E alla libera salmoneria?
DAVID È lei, professore, ad essersi iscritto alla salumeria.
ECO Io?
DAVID E alla salsamenteria.
ECO Basta cosí, trovo insulso questo inutile contraddittorio in materia di arte culinaria.
DAVID Chissá cosa c’entrano i culi… intendo nell’arte culinaria.
ECO E che cosa dovrebbe entrare o uscire dal termine culinaria secondo lei?
DAVID Beh, la cucina è l’arte del mangiare, e il cibo ha a che fare con la bocca, no?
ECO Ergo?
DAVID Ergo l’arte culinaria dovrebbe meglio definirsi arte bocchinara.
ECO Impossibile, la prego di non insistere.
DAVID Bocchinara, bocchinara, senz’altro, non culinaria.
ECO Le ripeto che non è proprio il caso.
DAVID Ma perché no?
ECO Perché a Roma, nel nobile idioma trasteverino, bocchinara – non me lo faccia ripetere piú – significa un’altra cosa.
DAVID Che cosa?
ECO Una brutta cosa.
DAVID Quanto brutta?
ECO Ma vuol sapere proprio tutto! Non si puó dire ad alta voce, ecco.
DAVID Me lo dica abbassando la voce, allora.
ECO Ecco… (si avvicina e gli bisbiglia qualcosa)
DAVID No, davvero? Quindi… bocchinara sarebbe quella cosa lì?… oddio.
ECO Ora basta, tenga la boccaccia chiusa prima di farci fare una figuraccia in mondovisione.
DAVID Anche lei però eviti di dare troppe spiegazioni particolareggiate sull’uso delle ganasce in campo amoroso.
ECO La apriremo solo per mangiare, d’accordo.
DAVID Perché, vuole pure mangiare?
ECO E che sarei venuto a fare secondo lei al ristorante?
DAVID A farsi vedere con me. Ne sono certo. Glielo leggo in faccia. Sono certo che sia in cerca di notorietà, non vedo altro motivo.
ECO Io sono al contrario certo che lei si è insinuato al mio desco per propinarmi, ammorbarmi, illanguidirmi e rompermi le palle con qualche scemeggiatura del cavolo, e sottolineo sceme-ggiatura, che vorrebbe farmi recensire in qualche rivista che ha l’onore di ospitare la mia collaborazione. Scommetto che se la tiene pronto sotto il sedere, coraggio, lo tiri fuori il papocchio del secolo!
DAVID Invece è lei, sí proprio lei, a fingere di non sapere chi sono covando il subdolo proposito di farmi leggere qualche insulso scenario tratto da un suo romanzetto d’appendice.
ECO Sono i suoi lungometraggi, sempre troppo lunghi, a farmi venire l’appendicite.
DAVID (impugna un coltello) Gliela opero subito la sua appendicite.
ECO (brandendo una forchetta) Sa che ci faccio con le sue pellicole interiori?
DAVID Anacoluto di uno scrittore.
ECO Analfabeta di un giramanovella pirandelliano.
DAVID Mancato vincitore del premio Nobel.
ECO Mancato vincitore dell’Oscar.
DAVID Ora capisco perché non ti è stato assegnato.
ECO Ora capisco perché non ti hanno neppure invitato alla cerimonia di consegna.
DAVID Professore, sí lallero.
ECO Maestro, sí lallero.
Sentendosi osservati si bloccano.
DAVID Ohi ohi. Ci stanno guardando tutti.
ECO Ridacchiano in attesa che scorra il nostro sangue.
DAVID Poi ci spaparazzano quando ci siamo scannati.
ECO Ci ritroveremo ad accapigliarci nei social.
DAVID Penseranno che stiamo litigando per chissá quale dottrina filosofica o stile artistico.
ECO Invece duelliamo per un po’ di stufato. Che ridere!
DAVID Che cosa proprone?
ECO Meglio riporre le posate
DAVID Al mio tre.
ECO Uno, due…
DAVID Tre.
Si risiedono.
DAVID Lei peró brandiva minacciosamente una forchetta.
ECO Perché lei brandiva un peicoloso coltello.
DAVID Ma io col coltello potevo al massimo tagliare in due, mentre lei con la forchetta avrebbe potuto avvantaggiarsi infilzando due pezzi anziché uno di stufato.
ECO La prossima volta brandisco il piú gentil cucchiaino se lei, peró, non va oltre lo stuzzicadenti.
Una pausa in cui si ricompongono.
DAVID Dunque, dove eravamo rimasti?
ECO Ai saluti. Stava infatti per accommiatarsi.
DAVID Stava? Chi stava? Io no di certo.
ECO E nemmeno io, quindi manteniamo le rispettive posizioni. Pace?
DAVID Propongo un patto, chiamiamolo il Patto della Carbonara. Se io mollo sulla cipolla e accetto l’aglio, lei cede sul guanciale e mi lascia lo speck?
ECO Purché non sia tirolese.
DAVID Va bene le concedo l’onore delle armi.
ECO E vada per lo speck, povera carbonara mia.
DAVID E passi pure l’aglio, povera carbonara mia.
ECO Perché sua?
DAVID E allora perché sua?
ECO Facciamo di tutti e due?
DAVID Ma certo! – Certo che siamo proprio due vecchi rimbambiti a litgare per simili stupidaggini.
ECO La carbonara peró è una cosa seria.
DAVID Tuttavia, aglio o cipolla, speck o guanciale, ma chi se ne importa.
ECO Giá! L’importante sono gli spaghetti e che siano al dente.
DAVID A me piacciono scotti.
ECO Perché lei è americano e non capisce un’acca di spaghetti.
DAVID Mentre invece lei, genio italiano della scienza e della tecnica, nonché della letteratura e dell’arte bocchinara…
ECO Ci risiamo? Culinaria, prego!
DAVID Faccia lei. Però come si permette di imporre il tempo di cottura degli spaghetti al mondo intero? Ma chi si crede di essere, Benito Mussolini?
ECO E lei piuttosto, animato dalla solita mentalitá yankee, pretende di inquinare le antiche tradizioni del vecchio mondo con abitudini consumistiche…
DAVID Vecchio, ha detto proprio bene: questo penso di lei e del suo mondo.
ECO Noi abbiamo il Partenone e il Colosseo, il canto gregoriano e l’umanesimo, il rinascimento e naturalmente la pasta al dente.
DAVID Però se non venivamo noi dal nuovo mondo a salvarvi il culo – e qui il culo ci sta bene – dai Crucchi, stavate freschi con la vostra pasta al dente. Mangiavate patate lesse e crauti per cent’anni!
ECO E va bene, ha vinto lei.
DAVID La seconda guerra mondiale senz’altro.
ECO E se la tenga!
DAVID No no, la vittoria è tutta sua.
ECO La vittoria dei bambini, se la prenda.
DAVID La vittoria di Pirro, se la può tenere lei
ECO La ragione dei fessi.
DAVID La ragione degli asini.
ECO Sta arrivando la cameriera, ora vediamo chi ha ragione di noi due.
DAVID Con due geni come noi dobbiamo farci dire da una cameriera chi ha ragione?
ECO E anche chi ha torto.
ILVA (arriva giluiva recando due portate) Ecco lo stufato per lor signori!
ECO Macché stufato!
DAVID Lei ci deve dire, anzi chia-ri-re!, chi di noi due ha stufato qui dentro.
ILVA A quale proposito?
DAVID A proposito della carbonara.
ECO Il cuoco di questo altolocato ristorante quale ricetta segue, quella classica originaria dall’Italia, con guanciale e aglio…
DAVID Oppure quella piú moderna del mondo nuovo, cioè l’America, a base di cipolla e speck?
ECO Risponda: aglio o cipolla?
ILVA Scalogno a dir la veritá. Cioè una via di mezzo, dato che lo scalogno è un po’ aglio e un po’ cipolla.
DAVID Visto? Ha sentito? È sfortunato, la cipolla la fa da padrona.
ECO Nossignore la sfortuna, cioè la scalogna è tutta sua, perché il signor aglio è il principe dello scalogno.
DAVID Come in tutte le famiglie, sono sempre le regine a farsi rispettare, soprattutto quando fanno piangere lacrime amare come le cipolle.
ECO Questo vuol dire che siamo pari?
DAVID Pari e patta. Finalmente si mangia?
ECO Eh no, un momento, c’è il secondo round. Speck o guanciale? Dica, dica pure, mi faccia sentire il dolce suono della parola “guanciale”.
ILVA Veramente noi usiamo la pancetta affumicata.
DAVID Non lo speck?
ECO Non il guanciale?
DAVID Ma che razza di ristorante rinomato siete?
ECO Ma in che razza di ristorante Michelin sono finito?
DAVID Io le tre stelle gliele darei in testa.
ECO Ha sentito? Neppure una stella di David vi darebbe il Maestro del brivido David Lynch. E fortuna che era lui il cliente Vip che vi portava lustro!
DAVID Il brivido me lo fa venire questa ricetta.
ECO Sento in effetti uno strano odore provenire dallo stufato che ci ha appena servito.
DAVID Direi che puzza di sterco di cavallo.
ECO A me sembra merda di cane… o di gatto. Perché non lo assaggia?
DAVID L’onore è tutto suo. Lo assaggi prima lei. Poi mi dice se lo trova di suo gradimento.
ECO Preferisco rendermi prima edotto della composizione, o per meglio dire della pozione che ho nel piatto. Per non parlare del piatto stesso che ha la strana forma di un water. Signorina per piacere, pur senza rivelarci tutti i particolari relativi alla ricetta di questo maleodorante intruglio, può sommariamente accenare agli ingredienti base?
ILVA Le disposizioni delle direzione sono esplicite e tassative: pena il licenziamento in tronco, non divulgate i nostri segreti culinari.
ECO A proposito di culinaria, non vorrei che lo chef abbia preso troppo alla lettera la radice del termine “culi” e lo abbia usato in cucina come materia prima.
ILVA Anche se fosse? La cosiddetta “cucina molecolare” è un punto fermo della nostra filosofia. Non possiamo stare a spiegarla molecola per molecola, ma il concetto è chiaro.
ECO E se uno di noi due soffrisse di una rara allergia a qualche caccola, cioé a qualche molecola?
ILVA Beh, alla merda non potete aver sviluppato alcuna allergia. E sapete perché? Perché la fate ogni giorno.
DAVID Anche due volte al giorno se è per questo.
ECO Ma stia zitto, va pure a darle ragione? – Guardi signorina, io sono stitico per scelta esistenziale. La merda non mi piace. Né farla né mangiarla.
DAVID Che razza di discorsi mi tocca sentire, da uno scrittore serio poi! Qui si sta veramente sfiorando l’assurdo, altroché!
ECO Altro che sfiorando, ci stiamo dento fino al collo.
DAVID Alla merda?
ECO Ma no, certo, all’assurdo!
DAVID Ed io che ne miei film ho sempre cercato di rappresentare…
ECO La merda?
DAVID Ma no, certo, l’assurdo.
ECO Con l’assurdo non ci è riuscito, mi spiace, ma con la merda invece sì: missione compiuta. L’ha presa in pieno.
DAVID (guardandosi sotto le scarpe) Dove?
ECO Sullo schermo.
DAVID Per questo compro i suoi libri: risparmio la carta igienica.
ECO Tagliamo corto, questa gag da avanspettacolo non è degna di noi. Ci siamo fatti trascinare in un vortice di scemenze inqualificabili. Che penseranno di me i miei cari lettori e che penseranno di lei i suoi poveri spettatori?
DAVID Perché i suoi sono “cari” e i miei invece “poveri”?
ECO E me lo chiede pure? Lo sa perfino la signorina il perché, vero?
ILVA Io? Veramente non saprei.
ECO E’ timida, altrimenti vuoterebbe il sacco. Coraggio, signorina! Ha servito al signor regista un piatto di merda: gli spieghi perché.
DAVID Veramente lo ha servito anche a lei, ed è anche più abbondante del mio. Signorina, coraggio, gli spieghi perché. Non ama le opere fumose del signor Eco?
ECO Scommetto che il pessimo servizio si spiega con la delusione per l’ultima opera filmica del qui presente – ma piuttosto assente con la mente – regista.
ILVA Io veramente non vado mai al cinema.
ECO Visto? L’ha fatta scappare!
DAVID Me la lasci controinterrogare. Signorina, ha letto qualche libro di questo pseudoscrittore?
ILVA Mi spiace, non leggo libri.
ECO Non va al cinema, non legge libri… ma che diavolo fa tutto il giorno?
ILVA Scrivo.
DAVID Attento alla concorrenza, caro amico.
ECO Non sono suo amico.
ILVA E poi dipingo.
ECO Fa anche film?
ILVA Certo, col cellulare per postarli su facebook.
DAVID Siamo pari e patta. Non legge i suoi scarabocchi e non guarda i miei film da Oscar.
ECO Piuttosto se la canta e se la scrive, come dice un proverbio.
DAVID Quindi non ha bisogno di noi. Noi ci scervelliamo per partorire un buon testo o una buona sceneggiatura: questa qui ci rifila la sua merda.
ILVA Infatti nel menù questo piatto è denominato ” Merda d’artista” e sta allo stufato come la cacca di cavallo sta all’insalata.
ECO Merda d’artista? Gira ancora quella robaccia travestita da genialata?
ILVA Cito Wikipedia: Il processo di storicizzazione della “merda d’artista”, come autentica bomba a mano di natura post-dadaista, consente alla celeberrima opera seriale un costante e notevole processo di rivalutazione economica. L’oggetto duchampiano, che riecheggia, a livello del mercato alimentare dell’epoca, la diffusione pressante di carne in scatola, crea un cortocircuito doppio, provocando sconcerto attraverso il ribaltamento della natura del contenuto, che viene poi lanciato nelle gallerie come opera d’arte. – Trovate comunque tutto in internet.
ECO In effetti online non si trova altro che merda. Internet è la patria dei cretini. Tutti possono dire, scrivere, pittare e postare le più somaresche cretinate senza tema di essere smentiti, sbugiardati o sputtanati. Io l’ho scritto a chiare lettere: internet patria dei cretini.
DAVID E dove l’ha scritto?
ECO Come dove? In internet!
DAVID Ma allora è scemo anche lei!
ECO Come si permette?
DAVID Se dice che in internet ci sono solo deficienti e lei scrive in internet che sono tutti deficienti quelli che navigano online, ergo ci sta anche lei nella schiera degli idioti che popolano il web.
ECO Cribbio, non ci avevo pensato! Comunque, io ci sto in modo altamente critico. Anche lei del resto, come ho letto da qualche parte, odia il piccolo schermo ma produce serie televisive. Pecunia non olet, vero?
DAVID Secodno lei come farei a produrre opere per il grande schermo se non racimolo prima i fondi con opere, diciamo così, “minori” (che poi tanto minori non sono se non relativamente alle proporzioni) destinati all’home video? Me lo sa spiegare?
ECO A casa mia si chiamano: marchette.
DAVID E che cosa starebbe a significare, scusi l’ignoranza in materia, quest’italianissimo eufemismo?
ECO Fare marchette significa sic et sempliciter…
DAVID Ha il singhiozzo? Desidera un bicchier d’acqua?
ECO Sic e sempliciter non è un singulto ma una constatazione del puro e semplice parallelismo tra il concetto di “marchetta” e quello di prostituzione.
DAVID Ah, e io sarei un marchettaro, cioé un puttaniere, secondo lei.
ECO Non un puttaniere, ma una puttana. Risponda in tutta sincerità: a che cosa è possibile paragonare un artista che fa mercimonio della sua arte, se non a una bella donna che svende il proprio corpo per quattro spiccioli?
DAVID Sono proprio quelli che lei chiama spiccioli a permettermi essere il genio che sono e trapassare all’immortalità del grande schermo grazie a grandi opere.
ECO Macché dice! Nell’arte non sono importanti le dimensioni di un quadro o di un libro ma il rapporto tra forma e contenuto.
DAVID La questione nel mio caso è che il piccolo schermo mi sta stretto. Io ho bisogno di spaziare, di allargarmi, di tradurre la realtà in sogni, le cose quotidiane in poesia sempiterna, la ragione in estro creativo…
ECO L’acqua del vaso in vino e i fiori di plastica in un contorno di verdurine trifolate… ma la smetta!
DAVID La smetta anche lei di provocarmi.
ECO Credo sia meglio chiuderla qui.
DAVID Non chiedo di meglio che porre fine a questa terribile esperienza. (a Ilva) Senta signorina, mi faccia la cortesia, si riporti indietro questa ignobile poltiglia, non se la mangia neanche il gatto randagio del vicolo tra i bidoni della spazzatura.
ECO Mi spiace offendere lo chef, ma io sono abituato a matriciane e carbonare di ben altro spessore, odore e sapore rispetto a questo liquame di fogna.
DAVID Cameriera?
ECO Ehi, signorina?!
DAVID Deve aver annusato la sbobba ed è rimasta paralizzata.
ECO Si è trasformata in una statua di sale.
DAVID Starà digerendo la rabbia per le nostre fondate critiche. Forse non sa che rispondere.
ECO Secondo me non sa neppure che cosa cucinare.
DAVID Da che lo deduce?
ECO Sono un semiologo di fama mondiale, so leggere i segnali della comunicazione non verbale.
DAVID E questo stato di totale immobilismo e rigidità della poveretta che cosa starebbe a significare secondo la sua tanto decantata scienza?
ECO Temo di darle una risposta che non le piacerà.
DAVID Me la dia, una risposta che non piace è pur sempre una risposta.
ECO Secondo me ci sta comunicando senza dirlo che le abbiamo rotto le palle.
DAVID Beh, se è per questo anche lei le ha rotte a me.
ECO E viceversa.
DAVID Non mi faccia l’eco, per piacere.
ECO E lei non mi faccia Rommel la Volpe del deserto, signor Lynch.
DAVID Comunque la sua tesi potrebbe essere avvalorata dall’espressione, anzi dalla smorfia dipinta sul volto. Trasmette un senso di disgustoe commisto a noia e difficoltà di sopportazione. Se soltanto potesse parlare…
ECO Meglio di no, direbbe cose che le nostre orecchie non gradirebbero. Guardi infatti come sono arrosssati gli occhi, come è arriccciato il naso, come spuntano i cani tra le labbra…
DAVID Morde?
ECO Mordere no, ma quel paese ci manda di sicuro a tutti e due. E pure per direttissima.
DAVID Che significa “per direttissima”?
ECO ‘Fanculo, questo significa nella mia lingua. Nella sua no?
DAVID Secondo me lei salta troppo presto alle conclusioni. Può darsi che abbia un auricolare invisibile di nuova generazione infilato nell’orecchio e abbia ricevuto dalla direzione l’ordine di cngelare lasituazione in attesa di istruzioni dalla cucina.
ECO Di congelare o di congerlarsi?
DAVID Non è lei il semiologo, lo specialista dei segni e dei segnali?
ECO Ma solo se i segnali si muovono. Se stanno immbili come questa statua non indicano niente.
DAVID Non indicano niente oppure è lei che non sa leggerli?
ECO Non saper leggere, io? Ma se faccio lo scrittore!
DAVID Non mi dica che oltre a scriverli se li legge pure i suoi libri.
ECO Purtroppo sì… ma che mi fa dire, intendevo che sono costretto a rileggerli perché devo correggere le bozze.
DAVID Appunto, dicevo io: sono solo un abbozzo di opere narrative, niente di serio insomma.
ECO Guardi, si è mossa!
DAVID Non si illuda, qualcuno ha aperto al porta e un refolo d’aria ha smosso un ciuffo di capelli.
ECO Anche un ciuffo di capelli che si sposta sulla fronte è un segno di qualcosa, caro amico.
DAVID Non sono suo amico.
ECO Io nemmeno il suo.
DAVID Tantomeno “caro”.
ECO Ecco si è mosso di nuovo.
DAVID Il ciuffo?
ECO No, la punta dell’orecchio destro.
DAVID E che significa?
ECO Non lo so. E’ per me un codice di trasmissione nuovo questo che si usi qui a Boston. Vede in Italia i camerieri non usano le punte delle orecchio, ma quelle delle dita per dirsi le cose tra loro. Per esempio due dita in segno di V sta per Vip, quattro dita a formare una doppia W sta per Well Know Face alias WAK.
DAVID E per gli scassapalle come noi?
ECO Beh in Italia si usano l’indice e il mignolo alzati sul pugno così.
DAVID Cioé sarebbero le corna?
ECO Esatto.
DAVID Ma in America le corna sono un augurio di buona fortuna.
ECO Sì certo, anche da noi, dipende sempre da chi le porta.
DAVID Anche questo è vero.
ECO Che ne dice se le pratichiamo la respirazione bocca a bocca?
DAVID Io no. La signorina ha appena assaggiato la merda molecolare che qui chiamano stufato.
ECO Allora tralascio anch’io l’opera di salvataggio.
DAVID Senta… perché non andiamo in un altro ristorante?
ECO Dove andiamo?
DAVID Da qualsiasi altra parte. Signorina si riporti indietro il mio stufato, per il signor Eco invece prepari un bel doggy bag. E gli porti il conto.
ECO E che ci faccio col doggy bag, ho già la busta per raccogliere le deizioni canine del mio animale domestico. E poi il conto semmai se lo faccia portare lei che è un abitué di questo cesso pubblico.
DAVID Venga, professore, la invito a mangiare una pizza a taglio.
ECO E io offro la birra.
DAVID Dovremo mangiare in piedi peró. Non ci sono tavoli in rosticceria.
ECO Meglio, ho le gambe anchilosate.
Si alzano. Fanno per uscire.
ILVA Scusate signori, Maestro… Professore! Io ora con lo stufato riscaldato che ci faccio.
DAVID Se lo mangi lei.
ILVA Ma a me lo stufato non piace.
ECO Si figuri quanto piace a noi!
Escono.
Ilva sconsolata si butta a sedere e mestamente comincia a mangiare lo stufato che ha davanti,
All’improvviso squilla un cellulare.
ILVA Signori, Maestro… Professore! .. qualcuno di voi si è scordato il cellulare sul tavolo. Che faccio, rispondo? Ma sí fammi rispondere, potrebbe essere importante, casomai prendo l’imbasciata. — Pronto? Chi è? Come l’Università di Boston!? (sarcastica) Mi sta chiamando tutta l’Università? Il corpo docente intero con studenti laureandi e dottorandi compresi? No, appunto, ecco, brava… Mi sta chiamando lei, solo lei. E lei come si chiama? Dottoressa che cosa? Cura i malati forse? O perde tempo gli ipocondriaci come me che la chiamano al primo dolorino o se hanno mal di pancia dopo un’abbuffata? No, vero? E allora… Va bene mi dica, accetto le scuse, per piacere non se la prenda: so di rispondere al posto di un vecchio bilioso, mi comporto di conseguenza. No, non ho detto borioso, ho detto bilioso… che differenza c’è? Ma signorina, dottoressa… insomma quello che diavolo è…. c’è una grande differenza, è come dire che una cancrena è la stessa cosa di un ascesso… non capisce, neh? Va bene, fa lo stesso… si può sapere che vuole? Anzi, prima di tutto, come ha avuto il suo numero privato… di chi? Del maestro o del Professore? Ah sí fa lo stesso, uno vale l’altro. Come tanto lo conoscono tutti? Ma che mi dice?! Non è possibile… è stato pubblicato per errore nel sito della facoltà di storia medioevale… non sapevano che si trattava di un autore best sellers, ricercatissimo, lo hanno preso per il solito insignificante docente che non cerca mai nessuno, e così… e così è fregato, sì proprio fregato… perché ora gli romperanno le scatole tutti, ma proprio tutti, cani e porci… porca miseria! Ma no che non puó cambiare numero: questo serve al suo editore per mettersi in contatto con lui, a sua moglie per cercarlo quando va a prendere una sbornia in qualche bar, ai suoi assistenti, ai suoi collaboratori, ai giornalisti quando vogliono intervistarlo… insomma ad una massa enorme di gente che senza questo numero collasserebbe nelle proprie attività, nei propri affetti… comunque, veniamo al sodo, che posso fare per lei?
(resta per qualche istante in ascolto poi sbotta) Eh no, basta! Un’altra laurea honoris causa no, non la vuole. Perché no? Perché gliene hanno rifilate già trenta, questa sarebbe la trentunesima. Pensa che lui se ne vada in giro per il mondo a collezionare pezzi di carta invece che scrivere? Trentamila dollari di rimborso spese, ma neanche a parlarne, ci compra il tabacco per la pipa e qualche bottiglia di buon gin. Ma neanche per quarantamila, per chi lo ha preso? Cinquantamila, poi mi fanno ridere, ah ah ah. Crede che sia così venale? (pausa) come ha detto? Centomila? Affare fatto, sì certo che verrò io che sono la sua fact totum a ritirare il pezzo di carta cioè l’assegno e l’altro pezzo di carta che gli verrà consegnato dal Magnifico Rettore. Garantito al cento per cento che verró, anche domani… anche subito… Ah l’assegno lo intestino a mio nome, sa com’è per le tasse… sé certo poi le mando i miei dati per sms. A tra poco! Gentilissima…
Si alza per sfilarsi il grembiule e gettarlo sul tavolo.
Direttore, c’è una novitá: ha finito di toccarmi il culo. Mi licenzio, seduta stante. E se lo vuole sapere questo stufato sa di merda! Au revoir!
FINE