Trieste, Teatro Giuseppe Verdi , 1° gennaio 2019
Il Teatro Verdi di Trieste ha iniziato il 2019 sotto i migliori auspici con un concerto caldo e coinvolgente, originale ed elegante, proposto al pubblico triestino nel tardo pomeriggio del primo giorno del nuovo anno anziché, come accadeva tradizionalmente, a conclusione di quello vecchio.
Può sembrare un dettaglio di poco conto, ma non è così: a Capodanno i festeggiamenti appena trascorsi sono ancora nell’aria e chi decide di andare a teatro (o di seguire la diretta TV su Telequattro), anziché disporsi a chiudere metaforicamente con i mesi passati, ha la possibilità di passare quasi due ore in un’atmosfera di attesa fiduciosa arricchita, in questo caso, da un ascolto festoso e di grande interesse, dominato da un virtuosismo sapiente espresso con naturalezza dagli interpreti.
In una cornice dominata dal rosso delle piante di Euphorbia e Spathiphyllum disposte in primo piano e davanti a un fondale su cui sono stati proiettati alcuni scorci della città e del teatro in alternanza con delle immagini in sintonia con i diversi brani, l’Orchestra e il Coro della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, hanno proposto un programma in cui la Spagna è stata protagonista, evocata con gusto nei modi più diversi.
È stata l’Orchestra da sola ad aprire le danze con la leggerissima Ouverture da “Le nozze di Figaro” di Wolfgang Amadeus Mozart, prima iniziare un bel dialogo con i solisti e il Coro.
L’ormai ben nota versatilità di Olga Dyadiv nel passare dagli equilibrismi di “Una voce poco fa” da “Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini alla diversa complessità di “Glitter and be Gay” da “Candide” di Leonard Bernestein è stata impreziosita da una verve brillante e spiritosa.
Il violinista Pavel Berman è stato magico nella “Carmen – Fantasia da concerto per violino e orchestra” di Pablo de Sarasate da Georges Bizet, impressionando il pubblico con un’interpretazione sopraffina in cui sono stati resi al meglio i tanti sovracuti e pizzicati prima di giungere al vorticoso finale; ad essa è seguita l’incantevole “Zigeunerweisen”, carica di una suggestiva policromia di situazioni dolci e drammatiche, sognanti e vorticose, nostalgiche e brillanti.
La direzione del M° Pedro Halffter Caro si è dimostrata ancora una volta bella, attenta, precisa nei minimi dettagli, generosa ed estremamente solare. Grazie ad essa i numerosi interventi dei solisti si sono integrati agli assieme in un dialogo dotato di una leggerezza rara e caratterizzato da un’essenzialità viva e, in qualche modo, necessaria.
Il Coro, preparato dal M° Francesca Tosi, si è ben inserito esaltando ulteriormente il ruolo dell’orchestra in un raffinato equilibrio in “A deux cuartos!” e “Les Voici” dalla “Carmen” di Georges Bizet.
Il complesso mondo iberico, dai mille contrasti, è stato reso con efficacia dall’Orchestra negli episodi tratti da due balletti: il sanguigno “El sombrero de tres picos” di Manuel de Falla e l’immaginifico “Estancia” di Alberto Ginastera in un crescendo di colori decisi, delicati e fiabeschi, a tratti lievemente grotteschi, evocanti ampie spaziosità, cui si sono susseguiti toni ritmati e intensi fino al vorticoso e ossessivo moto perpetuo finale.
Ben quattro sono stati i bis offerti a conclusione dell’articolato concerto: la “Farandole” da “L’Arlésienne” di Bizet, l’ “Einzugsmarsch” dal “Zigeunerbaron” di Johann Strauss II, la pirotecnica zarzuela “La Boda de Luís Alonso” di Gerónimo Giménez, e il Brindisi da “Traviata” con Olga Dyadiv e il tenore Motoharu Takei.
Paola Pini