Famiglia in progressiva lacerazione per rancori, fobie e turbe personali, depressione e patologie da tossicodipendenze in “Lunga giornata verso la notte”

Data:

Al Teatro Vascello di Roma, fino al 13 gennaio 2019

L’Ambiente naturale in cui si nasce, ci si forma, si cresce e si realizza la propria felicità è la famiglia originaria e quella costruita sentimentalmente con il partner ideale e l’anima gemella,ma può essere pure il contrario e divenire “un covo di vipere” di esseri condannati alla solitudine biochimica,malgrado la convivenza ce ne dà una dimostrazione assoluta. Lo scrittore e romanziere EUGENE O’NEIL nella tragedia: ”LUNGA GIORNATA VERSO LA NOTTE”. Siamo in una sala da pranzo, dove i genitori sfogano le loro tensioni e frustrazioni, ed impulsi  nichilisti, volontà autodistruttive e spinte fagocitanti dell’altro: il dramma conclusivo della trilogia a stelle e strisce analizzata dal partenopeo Arturo Cirillo in una realizzazione oggettiva che oscilla tra desideri, falsità e verità. Il padre James e la madre Mary sono d’origine irlandese e sono arrivati alla consunzione del loro rapporto non avendo più nulla da dirsi e confrontandosi piuttosto con i figli james Jr. ed  Edmund. Il regista interpreta con sussiego e spirito di comando un ex attore, ricco e parsimonioso tanto da spegnere alcune luci del lampadario, affogando la sua disperazione nell’alcolismo, mentre la brava Milvia Marigliano incarna con dolore acuto e delusione per la sua condizione di decadente senescenza la materna MARY, con frammentari flash-back ricorda la sua adolescenza nell’istituto di suore pensado di avere la vocazione, che poi è venuta meno. Ora ha due figli, James Jr ed Edmund,ma il figlio più piccolo è morto e lei si è rifugiata nel paradiso artificiale della droga, con una cocente tristezza e malinconia pure per la pleurite e l’infezione respiratoria di Edmund, il più debole del quartetto, in cui si immedesima Riccardo Buffonini, che invano chiede aiuto ai suoi prima di suicidarsi. Il maggiore dei due è sostenuto da Rosario LISMA che si scontra violentemente in una accesa dialettica con il padre che gli ha trovato posto in teatro con le sue conoscenze e lo rimprovera perché dimentica le parti affidatigli stando sdraiati sul divano.I protagonisti,che hanno problemi etico-psichico per una disperazione individuale profonda ed incomunicabile nella sua vastità entrano ed escono dalle loro stanze avvolti dalla nebbia,prodotta dalla macchina del fumo, simbolo della indefinita personalità. Il Loro cognome è Tyrion, ma si capisce che sotto questo pseudonimo ha celato metaforicamente la storia della sua famiglia. Il Sopraggiungere della luce dell’alba dietro la persiana sembra non portare speranza alla loro angoscia. La scena d’interno spoglia e basso borghese è di Dario Gessati.

Susanna donatelli e Giancarlo lungarini

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