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Al Museo delle Torture di Napoli

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Anche a Napoli, come in alcune grandi città americane, è stato aperto il Museo delle Torture. Questo singolare “museo” partenopeo si trova in pieno centro storico, a vico Luciella ai Librai, una vicoletto antico che unisce la centrale Via San Biagio dei Librai con via San Gregorio Armeno.

 Una raccolta di particolarissimi cimeli, fra Gogne, cinture di contenzione e cinture di castità, oltre che figure spettrali in scene di martiri a metà fra l’ambizione storica e l’effetto horror, che riportano dietro nel tempo.  Questi strumenti di tortura di fatto, hanno ispirato molti film horror, tra i più famosi quelli del maestro Dario Argento.

 Oggetti rari risalenti al XVI – XVII – XVIII sec , ma anche ricostruzioni del tardo Ottocento inizi Novecento, di strumenti originali, antichi ed introvabili.

La mostra ci porta ai tempi dell’inquisizione e alla caccia alle streghe, venute ricordo, per la fede cristiana, infatti le donne per via della loro debolezza  fisica e mentale, era il 1500, venivano ritenute più deboli e quindi soggiogabili dal diavolo. Le torture per le donne erano  ben più forti e spietate perché si aveva paura di loro e che potessero superare l’uomo, bastava infatti solo un’accusa da parte di un uomo che la donna veniva subito tacciata di stregoneria. Tutti i mezzi e le macchine al museo sono comunque rivolte al torturare la vittima, con il sanguinamento che portava alla morte per dissanguamento se non vi era la confessione e allo spezzare le ossa.  L’ultima persecuzione per stregoneria risale al 1782, sono passati solo circa 300 anni.

La mostra si apre mostrandoci gli eretici Galileo Galilei, che negò alla fine le sue teorie scientifiche per non essere torturato e Giordano Bruno che invece non negò mai le sue teorie, che minacciarono il cristianesimo. Una volta dentro si vedono vari strumenti di tortura, il più agghiacciante è senza alcun dubbio la “pera”, messa negli organi sessuali femminili e da li si arriva nella sala delle streghe. Poi si scende al secondo piano dove vediamo un ritratto del 1800 del Goya e tantissimi altri strumenti di tortura, molto macabri ed inquietanti come la vergine di Norimberga, letale macchina che prevedeva l’infilzare in una gabbia delle lame affilate.

Le raffigurazioni poi son fatte benissimo e son molto realistiche specie nei volti dove sembra esserci tutto il pathos e il dolore che provavano i poveri malcapitati. Infatti questi “manichini” son stati fatti da un signore che lavora e produce i pastori nella celebre San Gregorio Armeno.

Tutte le torture hanno la descrizione in 4 lingue diverse, questo perché il museo ha molta affluenza trovandosi nel cuore di Napoli. Una musica di sottofondo accompagna nella visita su tappeti rossi assicurando l’ effetto emotivo.

Questo è il Museo delle torture di Napoli dell’Associazione “Napoli Storia e Cultura“, uno dei più originali Musei a Napoli e lo scopo perseguito, non è solo quello di esporre una collezione unica di strumenti di tortura “ ma anche di mostrare il coraggio con cui la città di Napoli si oppose all’insediamento dell’inquisizione e nel ridare dignità e rispetto all’essere umano”. Di questo Napoli e il popolo partenopeo deve essere estremamente fiero. Divertente sarà lo scoprire il motivo del detto campano “mannaggia la colonna infame”.

Marco Assante

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