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Viola Graziosi. Un’attrice a tutto tondo che vola verso il mito

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Viola Graziosi sapeva già fin da piccola che sarebbe stata un’attrice. Crescendo poi ha scoperto tante culture: quella tunisina, quella francese, non dimenticando mai la sua Italia. In questi giorni la vedremo  all’opera a Milano con un interessante “Aiace”… Ascoltiamola.

Ciao Viola, innanzitutto partiamo dalla tua formazione. Tu sei un po’ romana, un po’ tunisina, un po’ parigina, cosa ti hanno dato e insegnato questi diversi luoghi?

Sono nata a Roma, che è la città più bella che conosco. A 7 anni con mia mamma e mio fratello ci siamo trasferiti in Tunisia (perché mia mamma ha avuto una proposta di lavoro all’Ambasciata italiana di Tunisi) e così ho frequentato le scuole francesi acquisendo una seconda lingua madre. Il mio liceo era di lingua francese ma frequentato da ragazzi di tutto il mondo e crescere in un ambiente del genere è una grande ricchezza. Capisci subito che ognuno ha i suoi usi, le sue abitudini, ma non c’è differenza in fondo. E comunque la cosa bella è trovare il punto d’incontro! Così ho relativizzato la “mia realtà” a fronte di una Realtà più grande, che poteva contenerle tutte. Una grande opportunità!
A 17 anni mentre frequentavo ancora il liceo di Tunisi ho debuttato in teatro, a Palermo, facendo Ofelia nell’Amleto di Carlo Cecchi, in un progetto fantastico di “Trilogia Shakespeariana” durato 3 anni con i più grandi attori italiani, e che fortunatamente aveva luogo da giugno a ottobre quindi perdendo qualche settimana di scuola ho potuto farlo!
Il Teatro è diventato per me un altro “luogo”, anzi il luogo che poteva contenerli tutti e permettermi di conoscere!
Poi, forte della mia seconda lingua mi sono presentata alle selezioni per il Conservatoire d’Art Dramatique di Parigi che è una delle scuole di recitazione migliori che ci sono in Europa, e sono stata ammessa al primo colpo! Così mi sono trasferita e sono rimasta lí per 10 anni. Parigi mi ha insegnato che la cultura ha un ruolo fondamentale. Mi ha insegnato a dare valore a quel che si ha, a credere in se stessi e puntare sempre all’eccellenza. Loro sono bravissimi in questo.
Ho deciso di tornare in Italia oramai quasi 10 anni fa, facendo tesoro di tutte queste esperienze. Perché qui c’è tanta Bellezza e tanto da fare, secondo me. Con tutte le difficoltà che preferisco vedere come “opportunità”.

Il tuo amore per il teatro nasce fin da quando eri bambina, ricordi qualche aneddoto in particolare?

Beh sì, ce ne sono tanti! Sono figlia di un grande attore quindi sono cresciuta in mezzo a battute, camerini, palcoscenici, costumi, trucchi, sipari, quinte… i miei primi disegni raffiguravano tutto questo! Ero affascinatissima! Appena potevo rubavo il copione a mio papà e rifacevo gli spettacoli per intero interpretando tutti i ruoli più belli, e obbligando il mio fratellino a darmi le battute degli altri. All’esame di quinta elementare portai alla maestra un monologo di Tamora nel “Tito Andronico” di Shakespeare, quando vogliono condannare a morte uno dei suoi figli. Una cosetta da nulla…Tamora era interpretata da Maddalena Crippa, grandissima attrice con la quale adesso mi accingo a lavorare. Un aneddoto carino è che una volta papà stava facendo uno spettacolo estivo e durante l’intervallo ero andata a salutarlo in camerino, avrò avuto 5 anni. Lui mi ha dato un attimo di attenzione poi mi ha detto: “adesso vai che mi devo concentrare”…e io, che sentivo un vociare dalla platea, sono salita sul palco per dire al pubblico: “zitti, che papà si deve concentrare!”. Applausi! :))

Tu che hai viaggiato e lavorato in diversi Paesi, come vedi l’Italia in questo momento sotto il profilo culturale?

In Francia il ruolo della cultura è centrale, viene considerata fondamentale per lo sviluppo del Paese e dei suoi cittadini. Da noi come dico sempre c’è davvero tanta Bellezza e questo ci rende molto sensibili e capaci dal punto di vista artistico. Forse a volte addirittura un po’ viziati. Non c’è un’altro Paese bello come il nostro. Abbiamo alle spalle una storia culturale enorme, plurale, e sicuramente possiamo andarne fieri e darci più valore. Abbiamo dei talenti straordinari in Italia! Vedere che viene tolto dalle scuole l’insegnamento della storia dell’arte mi rattrista molto, ma sono una persona combattiva e l’ostacolo non mi ferma, anzi mi accende! In questo sento anche una forte responsabilità personale. E sono certa che la situazione potrà migliorare molto perché le persone hanno bisogno di sentirsi accolte e comprese, di sentirsi parte, di riconoscersi in ciò che vedono, in ciò che studiano, in ciò che scoprono e questo è il ruolo principale della cultura. Non siamo soli. Certo sta a noi che operiamo attraverso la cultura, tendere la mano per primi.

A Milano sta per debuttare “Aiace” di Graziano Piazza, da te interpretato. Raccontaci un po’ questo spettacolo e come una donna può interpretare Aiace.

Allora io non interpreto “Aiace”, o meglio non direttamente. Il mio costume ad esempio è un vestito del tutto femminile, bellissimo, creato da Valentina Territo, con una sorta di corazza morbida fatta con dei gusci d’uovo!
Graziano Piazza, il regista dello spettacolo, nonché mio marito da pochi mesi e compagno di vita e di lavoro da quasi 10 anni, è partito dalla didascalia. Ritsos descrive un interno di cucina dove c’è un uomo a terra tra piatti e bicchieri rotti, e una donna sulla porta, di spalle che ascolta, leggermente adirata. Visto che Aiace è l’eroe suicida, il primo suicidio della storia antica (che lui compie come unico atto « di libertà » perché per il resto siamo governanti dagli dei), Graziano ha immaginato che noi rivivessimo questa storia attraverso gli occhi della donna che ne è stata testimone. Testimone di quel racconto, di quelle gesta. L’eroe non c’è più, il mito nelle nostre vite sembra non esserci più, i riferimenti sembrano svanire. Però c’è questa donna sulla porta che ha visto e ascoltato e che ci può riportare le parole di Aiace fino a prendere lei stessa il centro della scena e diventare “eroina” dei nostri giorni. Comprendendolo, attraversa il dolore della perdita dell’amato e trova la forza per andare avanti, per rinascere. Forse il femminile può contenere questo. È una tematica che sta molto a cuore a Graziano Piazza, il pensiero liquido femminile che si adatta alle forme, contrapposto al pensiero maschile più razionale e rigido che tende a non adattarsi. Ma questo non vuol dire necessariamente una distinzione uomo/donna, perché maschile e femminile coabitano e sono presenti in ciascuno di noi.

A parte questo, hai altri progetti che ti vedono impegnata attualmente o nel prossimo futuro?

Beh, prossimamente continuo a lavorare molto sul mito. Tornando a Roma la prossima settimana inizio le prove di un’Ecuba con Francesca Benedetti, dove sarò Polissena, spettacolo che girerà quest’estate nei bellissimi siti archeologici che abbiamo in Italia.
E poi dai primi di aprile sarò a Siracusa per tre mesi al Teatro Greco che è davvero il luogo più bello per un attore, per interpretare Elena di Troia nelle Troiane di Euripide con la regia di Muriel Mayette, una delle più importanti registe francesi…ed ecco che i miei “mondi” si mettono insieme e quando questo accade sono felicissima!!!
Poi avrò anche due debutti di progetti nuovi di drammaturgia contemporanea, con la regia di Graziano Piazza. Due monologhi, che debutteranno in due Festival importanti. Il primo tratto da “Il racconto dell’Ancella” di Margaret Atwood e dalla serie tv di successo “The Handmaid’s Tale”, e il secondo “Offelia Suite”, scritto da Luca Cedrola con musiche di Arturo Annecchino, che tocca i temi del femminile e dell’amore “malato”. C’è sempre nella scelta dei progetti o dei testi, la ricerca di tematiche o domande che ci riguardano, da affrontare insieme, per poter vivere meglio e condividere qualcosa di comune. Non le risposte ma semplicemente un’appartenenza.

Stefano Duranti Poccetti

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