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Le magie del caso affliggono l’Amore

Data:

Dal 28 febbraio al 17 marzo 2019 al Teatro Manzoni di Milano

La trama del Il sogno di una notte di mezza estate non è certo delle più semplici da raccontarsi. Ma questo è il segreto di quest’opera celeberrima. L’intreccio delle vicende personali delle varie coppie e il continuo alternarsi di realtà e visioni oniriche, infatti, immergono lo spettatore in un’atmosfera di fascinosa indeterminatezza.

Si narra dunque la storia di Teseo, che si accinge a celebrare le nozze con Ippolita, regina delle Amazzoni. Nel contempo la giovane Ernia vive il dramma del suo amore per Lisandro, contrastato severamente dal padre, che le impone di sposare Demetrio, a sua volta vanamente amato da Elena. (Quanta letteratura ci resterebbe, se mancassero gli amori contrastati?). La fuga dei due amanti impossibili nel bosco, inseguiti da Demetrio ed Elena, dà il via ad una serie di incontri e malintesi, in una continua sospensione tra sogno e realtà. Il bosco, infatti, è il regno psichedelico, misterioso e insidioso di Oberon e Titania, re e regina delle fate, in disputa tra loro per aggiudicarsi i favori di un paggio (!). Il bosco/foresta è inoltre il luogo scelto da un gruppo di volenterosi artigiani per preparare lo spettacolo maldestro e ruspante “La molto lacrimevole storia di Piramo e Tisbe”, con cui verranno allietati i festeggiamenti nuziali. Con l’aiuto del folletto Puck e di una magica pozione afrodisiaca, invano Oberon cerca di orientare la realtà ai suoi desideri. Ogni tentativo innesca al contrario errori ed esiti inaspettati. Una chiara metafora di quanto prevalgano, in tema di amore, le pulsioni inspiegabili, mutevoli e a volte completamente irragionevoli. L’affannosa ricerca amorosa è sovente afflitta da una casualità ingovernabile.
Nell’immancabile happy end finale tutto si aggiusta e le coppie si ricompongono in armoniosa felicità.

Nell’adattamento e nella regia di Massimiliano Bruno, al teatro Manzoni di Milano dal 28 febbraio al 17 marzo, si rappresenta con forza il contrasto tra la apparente solidità della realtà e la magia inquietante del sogno, dell’inconscio, dell’inspiegabile. In più si disvela con pienezza la natura popolare del teatro shakespeariano, capace di intrecciare efficacemente venature diverse e di suscitare  negli spettatori le più diverse emozioni: romanticismo, comicità, atmosfere oniriche, allegria, teatro nel teatro. Scene e costumi sottolineano la diversità dei momenti: abiti ora romantici ora sgargianti e provocanti, nebbie da sogno lasciano spazio ad un letto imperiale kitsch.

Nel cast brillano personaggi di notorietà televisiva e cinematografica. Stefano Fresi è una presenza scenica di travolgente simpatia e comicità. Violante Placido alterna le raffinatezze romantiche della sposa Ippolita alla versione sexy dark della regina delle fate Titania. Augusto Fornari, nel disputare come Oberon il paggio a Titania assume con leggerezza pose che il regista ha definito “cripto-gay”. (Evidentemente ai tempi del Bardo non era motivo di particolare scandalo che uomo e donna si contendessero il medesimo paggio). Paolo Ruffini gioca con ironica pacatezza il ruolo del folletto Puck, tanto lucido e pungente nel commentare le passioni umane quanto maldestro nell’uso della pozione magica. A lui è affidata la chiusa sdrammatizzante Se noi ombre vi abbiamo irritato non prendetela a male, ma pensate di aver dormito, e che questa sia una visione della fantasia … noi altro non v’offrimmo che un sogno”.

Una nota a margine merita il lungo e godibile momento comico finale della messa in scena della “Molto lacrimevole storia di Piramo e Tisbe”. Il rispetto della tradizione teatrale elisabettiana, che fa interpretare da un attore (in questo caso Maurizio Lops) la parte Tisbe, innamorata di Priamo, è volutamente spinta sopra le righe, per esaltarne gli aspetti più grotteschi e ridanciani, con grande apprezzamento del pubblico in sala. Interessante ed efficace è inoltre la scelta linguistica di utilizzare una sorta di gramelot brancaleonesco, che enfatizza la generosa approssimazione teatrale degli attori dilettanteschi.

Nella ricca colonna sonora, compaiono anche Così parlò Zarathustra di Strauss (2001 Odissea nello spazio) e addirittura, per la gioia dei più maturi, le prime battute del Te Deum di Marco Antonio Charpentier, utilizzate dal 1954 come sigla dell’Eurovisione.

Guido Buttarelli

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