Il 25 maggio 2019 al Teatro Vittoria di Roma in occasione della Primavera dei Teatri
Jan Fabre, artista visivo, sostiene di essere nipote del celebre entomologo Jean-Henri Fabre, affermazione non supportata da altre fonti. Ma probabilmente l’entomologia, e la sua asettica lente d’ingrandimento, possono essere una delle chiavi per aprire le stanze segrete del suo mondo.
The Night Writer è lo spettacolo con cui Primavera Dei Teatri, arrivata con meritato successo alla ventesima edizione, decide di aprire ufficialmente il suo 2019: e anche se inconsciamente lo spettacolo di Fabre non poteva esprimere meglio quella ricerca incessante che la vetrina di Scena Verticale rappresenta in Italia e non solo.
Il Giornale Notturno è una sorta di autobiografia, un diario appunto scritto di notte per raccontare il giorno di un artista che si è autoimposto tre regole nella vita: l’anarchia dell’immaginazione, l’anarchia dell’arte, l’anarchia dell’amore. Certo, arte e anarchia, anzi, ispirazione e intuizione artistica non possono che essere intimamente collegate all’anarchia. Ma è ugualmente certo che l’anarchia non è il passo che scandisce The Night Writer: flusso di coscienza seminale, assolo che racconta, nasconde, provoca, affascina, annoia, ma è solo apparentemente senza regole. Il teatro di Fabre sembra nascere sotto una spinta autarchica forsennata e indomabile, ma è in realtà scritto e fondato su regole ferree: lo stesso testo di The Night Writer, pur avendo la forma del flusso di coscienza, è costruito in maniera rigorosa, e anche quando trasuda emozioni, quando appare decadente, quando si proclama triste, lo fa per interposta persona (Lino Musella) e mai sembra sgorgare, sbizzarrito perché naturale, dalla viva voce di Fabre.
Si parlava prima dell’entomologia: per rendere evidente come sia possibile arrivare alle cose fin nei particolari più piccoli, rimanendo però incapace di mostrarne l’essenza.
Reading trasformato in performance: Musella, a tratti bravissimo, a tratti eccellente, rivela dove Fabre vuole celare. Non legge, interpreta. Non sta fermo, suda. E quando l’ombra dell’autore si affaccia (un manichino inquietante mezzo nascosto tra le quinte), lui lo saluta, si specchiano uno nell’altro, e la corsa continua.
Insomma, un oggetto asimmetrico ma perfettamente calcolato nella su asimmetria: questioni filosofiche, etiche, giornalistiche, sillogismi, si intrecciano e si rincorrono in un testo stratificato e monolitico, pressocchè impenetrabile, ma sono fin troppo alte per arrivare al cuore, sono fin troppo dibattute per il furore con cui Musella le ammanta, o pretende di vestirle.
E Primavera Dei Teatri, da venti anni, in fondo non fa che questo: inseguire le forme d’arte più estreme, un teatro che si rinnova di giorno in giorno e che ogni ora che passa riscrive la sua grammatica su sé stesso. Mostrare il re nudo, insomma. Per vedere se mostra anche il cuore.
Jan Fabre no.
GianLorenzo Franzì